L'OSSERVATORIO ITALIANO
di Anonimo Napoletano
I cittadini intercettati dalla Procura di Napoli sono sempre di più, e le spese sostenute dal “Grande Fratello” dei pm partenopei sono cresciute a dismisura. Lo rivela la stessa Procura di Napoli che ha presentato nei giorni scorsi il suo “bilancio sociale”, elaborato in collaborazione con la Università Federico II del capoluogo campano. Si tratta di uno strumento innovativo e di trasparenza, e va dato atto al Procuratore capo Giovanni Melillo del fatto che il suo è uno dei pochi uffici giudiziari in Italia a dotarsi di un simile documento contabile e a renderlo pubblico. Lo ha fatto ufficialmente alla presenza dei vertici degli uffici giudiziari, del sindacato delle toghe e dell'avvocatura, nel corso di un incontro presso la sede universitaria nel complesso di San Marcellino.

Tra i tanti dati snocciolati, colpiscono proprio quelli relativi alle intercettazioni, strumento di certo utilissimo per le indagini della magistratura, ma che rischia di essere troppo invasivo per i cittadini che ne sono colpiti. Ebbene, nel 2021 la procura partenopea ha presentato all'ufficio del gip ben 4.672 richieste di intercettazioni e 13.909 richieste di proroga dell'attività di “ascolto”. Per fare un paragone, l'anno precedente le nuove richieste erano state 2.891, quasi la metà del 2021, e le proroghe 10.028. Numeri molto più bassi.

Le persone effettivamente intercettate dalla Procura di Napoli nel corso del 2021 sono state 8.873. La stragrande maggioranza ha a che fare con reati di camorra: ben 7.405 quelle fatte dalla Direzione distrettuale antimafia (che, è bene ricordare, ha competenza non solo su Napoli ma su tutta la Campania con la sola esclusione della provincia di Salerno, dove c'è un'autonoma Dda). Molto inferiori le intercettazioni disposte per reati “ordinari” (1.367) o per  terrorismo (solo 101).

Da tener presente che non parliamo solo delle classiche telefonate ascoltate, anche se queste sono la maggioranza delle intercettazioni, ben 7.345. Oltre a queste ci sono anche le intercettazioni ambientali, in appartamenti, uffici o automobili, che nel 2021 sono state 1.065, e i software spia immessi in apparecchiature telematiche, complessivamente 463.

Tutta questa attività di ascolto ha naturalmente un costo per la collettività. Per esempio, inoculare un virus “Trojan” in un telefono cellulare costa 174 euro al giorno se si tratta di un modello Android e ben 245 euro al giorno se l'apparecchio è un iPhone della Apple, con piattaforma Ios.

Venendo al totale, la Procura di Napoli ha speso per le intercettazioni, nel solo anno 2021, la cifra “monstre” di 12 milioni e 785mila euro. Se si considera che il totale delle spese annuali di tutta la Procura è stata di 21 milioni e 313mila euro, quelle per le intercettazioni hanno rappresentato circa il 60% del totale. E sono molto cresciute rispetto all'anno precedente, quando si sono spesi per le attività di ascolto 11 milioni e 811mila euro (un milione di meno del 2021) su un totale di spese pari a 19 milioni e 782mila euro (un milione e mezzo meno del 2021).

«Le spese per intercettazioni – si spiega nel bilancio sociale – rappresentano la voce di costo più rilevante nel panorama delle spese di giustizia della procura (oltre la metà del totale), a conferma dell’assoluto rilievo dello strumento investigativo per il contrasto ai più gravi fenomeni criminali». La parte più importante del costo è quella relativa alle attività di intercettazione telefonica: circa 7 milioni su 11,8 nel 2020, scesi a  5,6 milioni su 12,7 nel 2021. Di questi, la parte maggiore è per il noleggio delle attrezzature da ditte esterne: 6,3 milioni nel 2020 e 5,2 milioni nel 2021. Diminuite sono state anche le spese per le acquisizioni di tabulati sul traffico telefonico degli indagati: si è passati dai 284mila euro del 2020 ai soli 15mila euro nel 2021.

Per converso è di molto aumentata la spesa per strumenti più sofisticati. «Nell’ultimo anno», scrive ancora la Procura nel suo bilancio sociale, «a fronte di una riduzione del costo per intercettazioni telefoniche, si è registrato un incremento delle spese per intercettazioni informatiche ed ambientali». Basti pensare che solo per i “Trojan” sono stati spesi 3 milioni di euro nel 2021, mentre nel 2020 la spesa si era fermata a 1,7 milioni di euro.

C'è da dire, a onor del vero, che il “bilancio sociale” della Procura di Napoli non annovera solo le spese ma anche le entrate, derivanti sostanzialmente dalle attività di sequestro e confisca dei beni oggetto di reati. E se nel 2020 questa voce raggiungeva il già ragguardevole valore di oltre 191 milioni di euro, nel 2021 la cifra è cresciuta di ben 16 milioni di euro, arrivando a superare quota 207 milioni. Un bilancio che, dunque, si chiude in positivo per lo Stato e in negativo per il mondo della malavita. Ma resta l'ombra dell'uso sempre cresce di uno strumento invasivo e delicato per la privacy dei cittadini come quello delle intercettazioni.