DI MATTEO FORCINITI

La cultura italiana in Uruguay è diventata un privilegio davvero per pochi. Molti italouruguaiani desiderosi di imparare la lingua dei loro antenati si ritrovano spesso a dover affrontare costi abbastanza alti per poter accedere ai corsi “ufficiali”, quelli dell’Istituto Italiano di Cultura a Montevideo. Il problema però è molto più vasto e potrebbe riguardare molteplici esempi.

L’ultima notizia in ordine di tempo che conferma la tendenza è quella diffusa recentemente dall’Ambasciata italiana: pochi giorni fa il capo della cancelleria consolare Alessandra Crugnola ha consegnato alla Scuola Italiana di Montevideo (SIM) dei libri destinati ai corsi di lingua e di cultura italiana all’estero. “Si tratta” -spiega il comunicato- “di uno strumento del Ministero degli Esteri destinato a rafforzare la promozione dell’Italia attraverso quelle istituzioni, come le Scuole italiane, che intorno a sé raccolgono numerosi interessati allo studio dell’italiano e alla conoscenza dell’Italia. In tal modo la SIM rafforza il suo ruolo a sostegno della lingua e della cultura italiana in Uruguay”.

Indubbiamente, il ruolo della Scuola Italiana nella diffusione della lingua e della cultura in Uruguay è molto importante potendo contare anche con una lunga storia di presenza. Tuttavia, per onestà intellettuale, bisogna anche dire che questo istituto scolastico rappresenta soltanto una piccola parte della variegata presenza culturale italiana in questo paese dato che stiamo parlando di rette salatissime ogni mese per poter accedere a una scuola considerata d’élite (cosa del tutto legittima, ovviamente).

La stragrande maggioranza della popolazione, quella che non può permettersi di pagare cifre stellari ogni mese per poter fare studiare i propri figli, si rivolge così alle associazioni della comunità italiana per accedere a dei corsi economicamente molto più abbordabili. L’organizzazione dei corsi, per queste realtà, rappresenta uno sforzo notevole che viene portato avanti attraverso enormi sacrifici. Oggi più che mai c’è una domanda che appare ovvia: a queste associazioni l’Ambasciata ha mai regalato qualcosa, ha mai regalato del materiale didattico per i corsi?

Gente d’Italia ha contatto diversi gruppi da Montevideo all’interno e la risposta è stata uguale per tutti con un secco no. In questi anni non c’è mai stato un aiuto, nessun libro è caduto improvvisamente dal cielo come è successo a Carrasco dove ha sede la SIM.

A Montevideo, tra i tanti corsi, c’è quello molto seguito dell’Associazione Calabrese. Il professore responsabile Fabrizio D’Alessandro racconta: “Solo una volta Antonella Vallati (ex capo della cancelleria consolare) ci aveva regalato pochi libri ma usati, libri nuovi qui non sono mai arrivati. Io sono un ex alunno della SIM ma a me queste cose sinceramente danno molto fastidio. A differenza delle associazioni, la Scuola ha le risorse economiche per poter comprare dei libri”.

María Teresa Fittipaldi negli ultimi anni è stata la presidente dell’Associazione Lauria che organizzava corsi molto frequentati all’interno della Casa degli Italiani. Di quei corsi oggi ne è rimasto solo il ricordo. “In tutto il periodo che sono stata presidente, ma anche prima, non c’è mai stato alcun regalo da parte delle autorità diplomatiche” afferma.

 

A pochi chilometri da Montevideo c’è chi sta peggio come nel caso della Società Italiana di Santa Lucía nel dipartimento di Canelones: “Faccio parte dell’associazione da circa 36 anni e non ricordo nessuna spedizione, nessun regalo di libri di studio che anzi venivano sempre acquistati secondo le linee guida dell’Istituto Italiano di Cultura” dice María Julia Divenuto. Santa Lucía è l’emblema di questo paradosso italiano in Uruguay: hanno un accordo con l’istituto Anglo che consente ai membri della Società di ottenere uno sconto per frequentare i corsi d’inglese ma non esiste niente di tutto questo con la nazione da cui proviene la metà della popolazione della città.

La Società Italiana di Santa Lucia a Canelones

A Paysandú, dopo una ventina d’anni, sono appena tornati i corsi organizzati dal Centro Culturale Italiano, un progetto che “rappresenta un’enorme sfida e che vuole in qualche modo continuare con una tradizione cominciata tanti anni fa” spiega il responsabile Flavio Fuccaro. Anche qui, da Montevideo non è mai arrivato alcun tipo di aiuto: “In realtà sarebbe un fatto anomalo se succedesse il contrario. Gli ambasciatori passano, noi restiamo con la stessa voglia di poter collaborare per l’unione di tutta la collettività”.
In tutte queste associazioni -così come in tante altre- ci sono persone che dedicano anima e corpo alla diffusione della lingua italiana senza alcun supporto istituzionale, senza un minimo di aiuto da parte dei rappresentanti dello Stato Italiano. Perché queste realtà subiscono un’evidente discriminazione? Perché si sceglie di aiutare soltanto i ricchi dimenticando tutti gli altri?

Centro Culturale Italiano a Paysandú