…scriveva Giovannino Guareschi, il creatore di Don Camillo e del Sindaco Peppone. Quest’esortazione deve essere adottata dai neofiti rappresentanti di Com.It.Es., CGIE, Camera e Senato. Nel 2018, una parte della compagine parlamentare degli italiani all’estero è cambiata, allargandosi al M5S, vincitore in Italia, che ora sta sfrigolando miseramente su perduranti boatos. Fra loro parecchi e parecchie sono passati al Gruppo Misto, a sigle più o meno note, che di fatto non sono altro che piccole correnti di questo o quel partito, cui si ricongiungeranno non appena riceveranno la promessa di una candidatura. Ne citiamo una, con tutto il rispetto dovuto alla sua carica e alle sue presenze in Commissioni camerali prestigiose, dovute – appunto – al successo del MoVimento, che la candidò nel 2018. Si tratta della dottoressa in Statistica, eletta nella circoscrizione Estero/ripartizione Europa, allora residente a Londra, On. Elisa Siragusa. Ella è passata dal 26 novembre 2020 al Gruppo Misto con il Centro democratico (Italiani in Europa) di Bruno Tabacci, una delle schegge della già Democrazia Cristiana. Non contenta, il 10 febbraio 2022 si è trasferita in Europa Verde, ultima denominazione di una parte della vecchia Federazione dei Verdi, che ha amoreggiato negli anni con il PSI, Italia Viva, LEU e molti altri. La marcia della Siragusa verso la sinistra, più o meno estrema, sembra arrivata a un punto fermo, ma manca ancora più di un anno alle elezioni del 2023 e non si sa mai. Agli inizi del suo mandato, la neodeputata lancia alla Camera, con la scusa del risparmio, la battaglia per la cancellazione tout court del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, perché non necessario, secondo lei, da quando ci sono i parlamentari esteri. In questo è sostenuta dal collega di partito Sen. Vito Rosario Petrocelli, Presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, da poco assurto agli onori della stampa per le sue idee sulla guerra in Ucraina. La Siragusa poi fa una totale inversione di marcia, dichiarando invece che il CGIE deve esistere, ma deve essere automaticamente composto dai Presidenti di tutti i Com.It.Es. del mondo, in totale 118 persone, uscite dalle consultazioni dello scorso ottobre contro i 43 attuali Consiglieri esteri. Alla faccia del risparmio! Peccato che questa proposta sia stata già dibattuta nel 2000, e coronata dalla decisione assolutamente contraria dell’incompatibilità della carica di Presidente del Com.It.Es. con quella di Consigliere del CGIE. (A proposito, il neoeletto Consigliere CGIE La Morte si è dimesso dalla carica di Presidente del Com.It.Es. di Montevideo oppure, uscito dalla finestra, è rientrato dalla porta e mantiene di nuovo le due cariche allo stesso tempo?). La ragione fondamentale del rigetto di quella folle idea consiste nel fatto che il CGE è organismo di raccordo (fra Com.It.Es., Governo, Parlamento e istituzioni) e deve quindi mediare le istanze di tutto il mondo per arrivare a una sintesi da presentare nelle stanze dei bottoni. È ovvio che i 118 nuovi ducetti, ognuno di essi Cicero pro domo sua, non riuscirebbero mai a trovare all’interno del CGIE una versione che possa soddisfare le esigenze di tutti. Il rinnovamento è cosa buona e giusta, dicono in molti, e hanno ragione in linea di principio. Il più recente ribaltone di presenze è avvenuto nelle ultime elezioni dei Com.It.Es., perché i Consiglieri di lungo corso non hanno potuto ricandidarsi avendo superato il limite di due mandati consecutivi. Ma l’ansia di dimostrare quanto sono bravi, che anima alcuni di loro, imperversa peggio del COVID. Ed ecco che il neoincoronato imperatore di un Com.It.Es. ripesca e rilancia con grande sfoggio di bravura un’altra proposta, già più volte felicemente naufragata nel nulla: quella di eleggere i Consiglieri del CGIE a suffragio universale “per risparmiare e perché siano davvero rappresentativi”. Se l’idea fosse venuta dall’Europa, magari dall’EU, sarebbe stata comprensibile, seppure non perdonabile: molti Paesi europei dove sono presenti le più numerose comunità italiane si girano in auto in un week end e la campagna elettorale costerebbe un po’ di benzina e un po’ di fatica. Il Continente europeo, esclusa la Russia, ha un territorio di poco meno di 6 milioni di chilometri quadrati con 47 Paesi. Ma nel resto del mondo ci sono Paesi in cui le collettività sono capillarmente sparse su territori della grandezza di quasi 10 milioni di Kmq, per esempio il Canada con oltre 9.984.000 Kmq; gli USA con oltre 9.371.000 Kmq; il Brasile con più di 8.514.000 Kmq e l’Australia con circa 7.692.000 Kmq. Le elezioni a suffragio universale del CGIE costerebbero all’Italia quanto quelle al Parlamento. Questo solo dissanguamento della Finanza pubblica sarebbe pari alla dotazione del CGIE per 35 – sì trentacinque se non di più – anni di attività. Non basta, negli enormi Paesi succitati e in molti altri, soltanto i multimilionari avrebbero la possibilità di candidarsi e ne nascerebbe un CGIE privo del tessuto vero delle realtà locali. Peggio ancora, non si capisce per quale ragione gli stessi nababbi vorrebbero spendere un fracasso di soldi per essere eletti a un organismo nel quale l’enorme mole di lavoro quotidiano in puro regime di volontariato è compensata, soltanto  per le riunioni in presenza, con una diaria di €206 e pochi spiccioli a copertura di vitto e alloggio e non c’è alcuna opportunità di essere corrotti a suon di soldoni. Si vocifera che il personaggio in questione abbia speso l’equivalente di quasi 100.000 Euro per le elezioni del Com.It.Es. nella sua circoscrizione, per ottenere la misera partecipazione al voto dell’1,1% circa, fra le peggiori, se non la peggiore, del mondo. Malgrado ciò pontifica, mal consigliato dai suoi scherani, che non hanno mai letto la massima di Emil Cioran: “Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni”. Forse il citato potente che, come molti altri, non ha alcuna cultura sulla quale basare le sue ridicole certezze, ha fatto suo quello che scriveva Niccolò Machiavelli: “E gli uomini hanno meno rispetto ad offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere”. Dixi et animam levavi.

(Carlo Cattaneo)