di Paolo Crepet

Le guerre sono state inventate dai vecchi per uccidere i giovani, per questo rappresentano quanto di più pedofobico sia mai stato inventato. Sento dire da qualche solone che la guerra è un prezzo inevitabile e forse auspicabile, c’è addirittura chi afferma che 70 anni di pace siano stati troppi, che occorre un conflitto per far sfogare l’istinto di aggressività che c’è nell’uomo. Quale uomo? Come se il processo di civilizzazione avesse comportato un miglioramento nella scienza, nel diritto, nella medicina, nella tecnologia, ma non nell’anima. Siamo rimasti psicologicamente identici ai nostri antenati?

Henri Laborit diceva che quando una persona entra in una macelleria mette in moto la stessa parte dell’encefalo che ci accomuna a un brontosauro. Effettivamente il nostro sistema limbico è il più antico ed è deputato alla conservazione della specie, eppure sovrintende anche alle emozioni, all’umore, all’autocoscienza: così si è evoluto. In pace, però. La guerra rappresenta invece una regressione anche dal punto di vista filogenetico, restaura e riattiva cervelli arcaici, primari, ma nonostante e forse proprio per quest’evidenza ha successo, piace a uomini e donne.

Probabilmente perché è più comodo credere in un uomo forte e abietto, semplice e prevedibile, piuttosto che in una democrazia, complessa per definizione. Il tiranno, il boia, i dittatori simboleggiano qualcosa di ”pre-antropomorfico”, ma seducono come gladiatori imbrattati di sangue e privi di intelligenza, che significa prevedere e immaginare, non sopravvivere. Da questo marasma psico-sociale consegue però un elemento ancor più abominevole: l’odio e l’indifferenza per l’infanzia.

Sento dire da accademici à la page, di quelli del “voi non sapete chi sono io”, che un bambino potrebbe crescere felice anche in un regime totalitario. La Montessori sarebbe rimasta allibita, invece oggi sono contesi dai talk show. Come poteva sentirsi un bambino nel 1938 quando il suo compagno di banco veniva deriso e poi espulso per sempre? E quando un altro vedeva il padre deportato in un gulag sovietico? Chissà come saranno cresciuti felici i figli e le figlie delle donne di Sant’Anna di Stazzema scampati per caso all’orrore di un eccidio nazista. E a Guernica quei bambini sterminati col lanciafiamme?

Anche oggi sono accadute cose molto simili a poche centinaia di chilometri a est dei nostri divani. La guerra la fanno politici e generali cinici e ciechi, eserciti imbottiti d’ideologie e droghe, ma la sostengono anche quei patetici maestri del pensiero che palesano la loro pochezza e insensibilità traducendola con parole pronunciate a uso dei social di cui giornalisti, accademici e cittadini dovrebbero, quanto meno per dignità, dissociarsi non solo a parole.