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…che ci sono troppi uomini politici che credono, con una convinzione basata sull’esperienza, di poter imbrogliare tutti e sempre”, scriveva Franklin Pierce Adams (Chicago 1881 – New York 1960), un giornalista, umorista, scrittore satirico, famoso per le sue dissacrazioni. Questa sua verità possiamo verificarla ogni giorno, in qualunque Paese e in qualunque circostanza che abbia a che fare con il cosiddetto esercizio della democrazia. L’abbiamo visto dopo il vittorioso ballottaggio di Macron contro Le Pen, osannato da tutte le sinistre europee, al contrario di quanto avvenne dopo la sua prima elezione. Scampato pericolo di deriva sovranista in Francia? Certamente sì! La politica è prima di tutto l’arte del possibile, per quanto incongruo esso possa essere. Il “popolo bue”, citato da Mussolini al Parlamento nel 1925, segue da sempre, guidato con l’anello al naso, le false e roboanti enunciazioni degli autonominatisi capipopolo all’eterna ricerca di un incarico pubblico. Il 12 giugno prossimo si terranno cinque referendum abrogativi, fra cui quello sulla legge Severino che sancisce l’incandidabilità dei condannati con sentenza passata in giudicato. Il quorum richiesto per la validità dei referendum comprende i cittadini iscritti all’AIRE. Nella primavera del 2023 si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento, sfalciato da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Gli italiani all’estero eleggeranno 8 deputati e 4 senatori. La bagarre per la conquista di uno strapuntino “onorevolistico” si è iniziata fra gli emigrati fin dalle consultazioni per il rinnovo dei Com.It.Es.. Uno o più Comitati Elettorali Circoscrizionali sono arrivati al punto di proibire che i rappresentanti di liste forti votassero per l’ammissione della propria lista, accampando un inconcepibile “interesse privato in atto pubblico”, come se il rappresentante di lista non avesse invece il dovere di far ammettere la propria lista al voto. Con la connivenza di alcuni presidenti di CEC è stato falsificato qualche verbale, rifatto, in un caso isolato, addirittura dopo la scadenza legale dei lavori. Al TAR di Roma sono stati presentati più ricorsi, non tutti conclusi con una decisione. Le porcherie più incredibili si sono ripetute durante la preparazione delle assemblee elettorali per il rinnovo del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Montagne di fango sono state scagliate contro candidati e candidate di segno opposto a quelli prevalenti in determinate aree geografiche. Ma il fango non è elastico e finisce per ricadere su chi lo getta e impedirne l’elezione. Abbiamo lungamente riportato le manovre del Cappellaio Matto per assicurarsi prima la presidenza del Com.It.Es. di Montevideo, poi l’incoronazione a Consigliere del CGIE, con una serie di azioni al limite dell’illegalità. D’altra parte, chi può biasimare il ducetto Ricardo Merlo che, con due o tre voti in Parlamento, è riuscito a conquistarsi l’incarico di “sottosegretario di Stato agli esteri con delega per gli italiani all’estero”? In compagini di Governo, accroccate con fatica intorno al vittorioso, ancorché deludente e ormai sfasciato, M5S, due o tre voti a favore della fiducia, chiesta da Esecutivi inani e contraddittori, costituiscono la differenza tra l’estensione dei privilegi e la decadenza dal potere. Sono già in atto le grandi manovre di tutti i partiti per il 2023. Il bravo Roberto Menia, responsabile del Dipartimento Italiani all’Estero di Fratelli d’Italia e Segretario Generale del CTIM (Comitato Tricolore Italiani nel Mondo) afferma: “La destra conservatrice è per gli italiani all’estero, per le loro istanze e per le riforme necessarie”. Peccato che il Presidente del CTIM, pluricandidato al Parlamento, finora senza fortuna, nei suoi discorsi ovunque tuoni: “Fuori i partiti dal CGIE”, malgrado ne sia membro dal 2015 e la legge istitutiva preveda la nomina con decreto del Presidente del Consiglio di 4 Consiglieri dei “partiti che hanno rappresentanza parlamentare”. Menia invoca la riforma di “Com.It.Es. e CGIE, due strumenti da modernizzare perché obsoleti”. Siamo d’accordo, ma non capiamo perché FdI non abbia presentato i propri ddl di aggiornamento dei due organismi per farli varare prima della costosa kermesse di rinnovo delle due istituzioni. A sua volta, Forza Italia nomina l’On. Salvatore De Meo nuovo responsabile nazionale del Dipartimento Italiani all’estero del partito. Non abbiamo ancora visto le sue dichiarazioni programmatiche, ma certo è che FI si presenta con almeno un fatto positivo, dato che l’On. Fucsia Nissoli, eletta all’estero, ha presentato nel 2021 la proposta integrale di riforma dei Com.It.Es. elaborata e approvata dal CGIE nel 2017. Da questo punto di vista, anche il Partito Democratico ha le carte in piena regola, perché la stessa proposta targata CGIE è stata presentata, con due ottimi miglioramenti, dall’On. Lia Quartapelle, addirittura Capo gruppo del PD alla Camera. Abbiamo saputo che è già stata stilata una proposta di testo definitivo da sottoporre agli ultimi dibattiti prima dell’approvazione. Manca un anno alle elezioni politiche. Gli italiani all’estero non vogliono ascoltare fiumi di retorica, ma vedere l’entrata in vigore di leggi di loro interesse. La loro partecipazione al voto nel 2023 si baserà sui fatti e non sulle parole, su candidate e candidati validi, che abbiano almeno una minima dimestichezza con la Costituzione, la lingua italiana e la legislazione per gli italiani fuori d’Italia. In mancanza di ciò, le percentuali di voto si abbasseranno oltre i minimi storici e il mondo dell’emigrazione chiederà a gran voce di poter votare e candidarsi direttamente nei Collegi italiani. Infatti, un numero sempre crescente di cittadini all’estero è convinto che sarebbe molto meglio cancellare la ridicola riserva indiana dei 12 parlamentari che rappresentano 6 milioni e mezzo di persone, più del 10% del popolo italiano, pari a una 21esima Regione, seconda per abitanti soltanto alla Lombardia. Al suo posto si dovrebbe ottenere la dignità costituzionale per il CGIE, con gli stessi poteri del CNEL di presentazione diretta di disegni di legge. L’idea fu lanciata da Giulio Andreotti nel lontano 1988. Sono passati quasi 34 anni, ma l’attualità e l’intelligenza del suo suggerimento acquistano valore ogni giorno che passa. In parole povere, c’è un assoluto bisogno di “ritorno al futuro”.

(Carlo Cattaneo)