di Alberto Flores D'Arcais

Nella Russia stalinista e sovietica c’erano i Gulag, i campi di lavoro forzato dove, insieme ai criminali comuni, venivano mandati coloro che osavano criticare il regime: dissidenti, intellettuali, spesso anche i loro semplici familiari. Nella Russia di Putin decine di ‘campi di lavoro’ sono già in funzione, riadattati da quelli di un tempo o costruiti appositamente, pronti a ricevere migliaia di ucraini deportati. Una lunga e dettagliata inchiesta investigativa del giornale britannico inews ha documentato l’esistenza di 66 campi, in una mappa che partendo dai confini orientali con l’Ucraina attraversa tutta la Russia (e 11 fusi orari) fino alla Kamchatka.

Li chiamano ‘Punti di Alloggio Temporaneo’ (Tap), ma altro non sono che ex ‘sanatori’ dei tempi sovietici, ex campi per “bambini disadattati’, centri per “educazione patriottica” e perfino un ex deposito di armi chimiche. Hanno nomi da favola, per nascondere gli orrori di chi è stato vittima di due mesi di feroci bombardamenti: il Piccolo Principe a Perm, il Babbo Natale in Tatarstan, i Ragazzi Amici a Omsk, la Fiaba della Foresta in Chuvashia, i Laghi Blu a Pskov, la Foresta dei Pini a Ulyanovsk.

L’inchiesta di inews ha identificato i ‘campi’ incrociando i resoconti di notizie diffuse da giornali e notiziari tv locali con i siti web di mappatura russi e parlando con attivisti per i diritti umani in Russia che hanno sviluppato una “rete sotterranea” per aiutare gli ucraini che vogliono lasciare i campi di lavoro. La propaganda del Cremlino sostiene che la Russia ha “evacuato” circa un milione di persone dalla zone di guerra, un mese fa il governo di Mosca aveva ordinato a tutte le città russe di prepararsi per l’arrivo di “centomila rifugiati” ma nessuno, neanche le Nazioni Unite, sono in grado di sapere il numero di chi ha abbandonato l’Ucraina (dopo l’invasione lanciata da Putin il 24 febbraio scorso) scegliendo di andare in Russia volontariamente o perché deportato con la forza.

In 38 dei ‘campi’ mappati dall’inchiesta - che si estendono attraverso le vaste steppe russe, dai monti Urali ai margini dell’Oceano Pacifico fino a Vladivostok,  attraverso la Siberia, il Caucaso, il Circolo Polare Artico e l’Estremo Oriente dove termina la ferrovia transiberiana - sono stati identificati 6.250 cittadini ucraini, tra cui 621 bambini. Altre migliaia sarebbero nei restanti 28 ‘campi di lavoro’ per un totale che (secondo la stima delle organizzazioni umanitarie russe) di circa 10.800 persone, compresi 1.000 bambini. In più di un terzo dei 66 ‘campi’ ci sono cittadini di Mariupol.
Secondo un attivista per i diritti umani la Russia “li tratta come forza lavoro, come oggetti, spostandoli senza occuparsi di ciò di cui hanno bisogno. Lo Stato russo non è in grado di occuparsi di loro. Sono vulnerabili e hanno bisogno di aiuto”. Tanya Lokshina, direttore per l’Europa e l'Asia centrale di Human Rights Watch spiega quanto accade: “Ci sono ampie prove che migliaia di ucraini sono stati portati in Russia sotto costrizione. Quando alle persone viene data solo la scelta di rimanere sotto un bombardamento sempre più pesante o di entrare nel territorio di una potenza occupante, ciò costituisce un trasferimento forzato secondo il diritto internazionale umanitario. Siamo estremamente preoccupati che questo stia accadendo. Le persone che cercano di essere evacuate in aree più sicure in Ucraina vengono invece trasferite in Russia, in alcuni casi in aree remote molto lontane dai confini ucraini o europei. Sono vulnerabili, indigenti, spesso senza documenti di identificazione e si trovano alla mercé della potenza occupante”.

A Murmansk, nel Circolo Polare Artico, i funzionari russi hanno già istituito 20 Tap, in una pista di go-kart a Belgorod (vicino i confini ucraini), dove la gente “è alloggiata in tende”, un giornalista ha riferito di aver dovuto attraversare due punti di controllo “con uomini armati i cui volti erano coperti da passamontagna”. A Ufa, la posizione dei Tap è stata descritta dai funzionari locali come “informazioni classificate”, un ostello universitario è stato recintato e l’accesso viene consentito solo con pass di sicurezza “così la gente sarà al sicuro”. Più di 530 persone, tra cui 120 bambini di Mariupol, sono state portate nel remoto complesso di campi di imbarco sul lago Tsaritsyno nella regione di Leningrado, a tre ore di macchina da San Pietroburgo. Un arcivescovo russo che ha visitato il sito ha detto che in tanti gli hanno detto che “vogliono tornare a casa”.

La rete sotterranea per aiutare gli ucraini che vogliono abbandonare i ‘campi’ riesce a funzionare nonostante molte difficoltà. “C’è un'impressionante organizzazione di base a diversi livelli. persone che raccolgono soldi per i biglietti del treno, che aiutano con vestiti e giocattoli per i bambini, che permettono alle persone di stare nelle loro case per qualche notte”, ha raccontato un attivista (anonimo per motivi di sicurezza) a inews. “Stanno condividendo messaggi e con altri gruppi in altre città li stanno aiutando a raggiungere il confine”.