Gli italiani all'estero sono i primi a volere che le votazioni siano trasparenti e si svolgano secondo i dettami della Costituzione. A ribadirlo è stato oggi pomeriggio Michele Schiavone, segretario generale uscente del Consiglio generale degli italiani all'estero, ascoltato dalla Giunta delle elezioni della Camera nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle modalità applicative, ai fini della verifica elettorale, della legge27 dicembre 2001, n. 459, recante "Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero".

Insieme a Schiavone, si sono collegati ai lavori anche i vicesegretari dei Paesi anglofoni extra Ue Silvana Mangione, e dell'America Latina Mariano Gazzola. 

Ricordati ruolo e funzioni del Consiglio generale, Schiavone – in un intervento più breve del previsto a causa dei tempi stretti della Giunta, dettati dai lavori in Aula – ha evidenziato l'aumento del corpo elettorale all'estero (4.486.009 aventi diritto al voto in 196 diversi Paesi), sostenendo che con esso è aumentata anche "la domanda di partecipazione diretta" dei cittadini, "segno di appartenenza e volontà di contribuire alla vita del Paese", anche perché ad ingrossare le fila della "mobilità italiana", sempre più negli ultimi anni, sono stati studenti, professionisti, lavoratori qualificati "perfettamente al corrente della vita politica nazionale".  

"È interesse generale degli italiani all'estero, per primi, che le votazioni siano trasparenti e rispondano a quanto previsto dalla Costituzione", ha sottolineato Schiavone. Per le prossime elezioni politiche, il Cgie "chiede con urgenza di apporre correttivi e semplificazioni alle procedure del voto per corrispondenza", anche usando "mezzi tecnologici". 

Richiamato il secondo comma dell'articolo 48, Schiavone ha sottolineato che "la democrazia non ha prezzo, come ha detto il Ministro Di Maio", dunque "di fronte a scorciatoie come l'opzione inversa" evocata dalla maggior parte degli auditi dalla Giunta, sia per avere contezza del reale corpo elettorale sia per diminuire il costo dell'organizzazione del voto all'estero, il Cgie ha chiesto che sia "garantita l'universalità del voto", mantenendo quindi "il sistema attuale" così da "favorire una massiccia partecipazione". 

D'altra parte, ha sostenuto Schiavone, "i costi sono, in percentuale, molto inferiori a quelli spesi sul territorio nazionale per lo stesso numero di votanti"; inoltre, la digitalizzazione ed alcune semplificazioni potranno "abbatterli".
Per garantire la personalità del voto, il Cgie propone l'uso "della posta assicurata con ricevuta di ritorno, la stampa delle schede in Italia e l'invio documentato e controllato delle schede ai consolati". Quanto al voto elettronico, Schiavone ha ricordato le indicazioni dell'Ue per la sua introduzione.

Sul fronte della "libertà" del voto, è stata ribadita l'importanza per l'elettorato di "conoscere i programmi politici" dei candidati, dunque di "garantire una informazione capillare attraverso tutti gli strumenti nazionali e all'estero, con adeguato sostegno anche economico". Serve, quindi, una "reale campagna elettorale", che preveda "dibattiti sufficienti". Fondamentale anche prevedere "pene severe per chi si sottopone a coazione o pressioni" in occasione del voto. 

Sull'opposizione inversa è tornata Silvana Mangione: "secondo noi contrasta con i principi degli articoli 3 e 48 della Costituzione, il quale dice che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, e che stabilisce esattamente quali sono le limitazioni previste dalla legge".

Le elezioni dei Comites nel 2015 e nel 2021, entrambe svolte con l'opzione inversa, hanno dimostrato "che l'informazione non è sufficiente" e che "nei nostri Paesi i collegamenti di tipo elettronico che permetterebbero alle persone di registrarsi al voto non sono a disposizione di tutti". Ciò ha influito pesantemente sulla partecipazione. "Se poi aggiungiamo il taglio dei parlamentari che rappresentano questo mondo", ha sostenuto Mangione ricordando che "gli italiani all'estero sono la ventunesima regione italiana, seconda soltanto alla Lombardia", allora "stiamo togliendo qualunque voce, qualunque tipo di rappresentanza a questo mondo fondamentale per l'Italia".

Poche battute per Mariano Gazzola, vicesegretario per l'America Latina: "noi italiani all'estero non siamo un numero, ma cittadini", dunque come tali detentori di diritti che "non possono essere attaccati quando i conti non tornano".

Tutte le proposte del Consiglio generale su come modificare le procedure del voto all'estero per "garantirlo e metterlo in sicurezza" sono contenute in un documento consegnato alla Giunta, che lo metterà agli atti.

 (ma.cip.\aise)