di Pietro Salvatori

Non ci sarà modo per Movimento 5 stelle e Lega di stravolgere la linea del governo o di preparare trappole per cercare di cambiare orientamento alla linea del governo stabilita a inizio marzo sulla guerra all’Ucraina, che prevede un sostegno politico, economico e militare alla difesa di Kiev. Le date del 30 e del 31 maggio sono fissate da tempo sul calendario affisso nella stanza dei bottoni pentastellata. In quei due giorni, lunedì e martedì della prossima settimana, si terrà un Consiglio europeo straordinario, e Giuseppe Conte e i suoi avrebbero voluto trasformarlo in una corrida, prevedendo un passaggio parlamentare di Mario Draghi con relative comunicazioni, che vengono accompagnate da un voto su una risoluzione di maggioranza.

Ma il voto non ci sarà. Perché mentre il passaggio parlamentare è obbligatorio in caso di Consiglio Ue ordinario, non lo è affatto quando la convocazione è straordinaria. “Il passaggio del premier in aula, e dunque il voto, non è automatico in questi casi, anzi”, spiega un tecnico esperto di procedure parlamentari. È tutto demandato all’interlocuzione tre i capigruppo di maggioranza e il governo: “Se nel Parlamento c’è accordo allora si può procedere, in caso contrario mi sembra difficile”. E di accordo non si vede traccia, con 5 stelle e Lega che sostanzialmente perseguono una linea tutta loro che sbatte su quella del governo e dei partiti come Pd e Forza Italia (Silvio Berlusconi permettendo) che hanno più volte ribadito fiducia nell’esecutivo.

Da Palazzo Chigi filtra che Draghi non ha nessuna intenzione di regalare uno strapuntino di visibilità a Conte e a Salvini, e che come sui balneari e sulle riforme necessarie a sbloccare i fondi del Pnrr voglia tirare dritto senza prestare il fianco a uno show elettorale dai banchi di Camera e Senato che potrebbe celare rischi seri per la compattezza della maggioranza. Senza accordo, niente voto, dunque, mandando a gambe all’aria la strategia di Conte e dei suoi.

Chi ha parlato nelle ultime ore con il presidente del Consiglio lo ha sentito determinato a non prestare il fianco alle pretestuose fibrillazioni dei partiti populisti. Una decisione che mette in conto una prevedibile dose di proteste e un’escalation verbale, soprattutto di esponenti del Movimento, che viene tuttavia derubricata nel novero di posizioni da campagna elettorale che non avranno conseguenze immediate sul governo, anche se mercoledì è prevista a Montecitorio una capigruppo di fuoco. La preoccupazione si concentra piuttosto sul decreto concorrenza e sul dl Ucraina, dove Lega e 5 stelle hanno annunciato intenzioni bellicose da un lato sulle concessioni degli stabilimenti, dall’altra sul termovalorizzatore di Roma.

Una fonte vicina al premier spiega che se il capo politico M5s pensava di imporre la sua linea sulle comunicazioni ha sbagliato completamente i suoi calcoli. Perché, salvo sorprese, non ci saranno, “ma anche se ci fossero il consiglio straordinario ha come oggetto la ricostruzione dell’Ucraina e il dossier energia, quindi la relativa Risoluzione di maggioranza avrebbe come vincolo quello di rispondere all’oggetto del Consiglio”. E dunque game over per il partito del no armi (Conte) e no Nato (Salvini). Almeno per il momento il governo mette al riparo la propria collocazione atlantista e il proprio ruolo nella coalizione che si oppone all’invasione di Vladimir Putin. E Draghi potrà recarsi a Bruxelles non delegittimato da una maggioranza che ogni giorno che passa sembra sempre meno tale.