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di Lucio Fero

L'Europa, i paesi europei, Italia tra i primi, devono far arrivare grano ai paesi africani e del medio oriente. Non per beneficenza, per sopravvivenza. Sopravvivenza propria e non degli africani o degli arabi. Se in Africa arriva la carestia e non il grano, allora saranno centinaia di migliaia che sceglieranno il rischio di morire in mare al posto del rischio di morire di fame. Nulla in caso di carestia fermerà o arginerà una possente migrazione.

E i sistemi sociali, le strutture socio economiche e la stessa architettura politico istituzionale dei paesi europei ne verranno scosse se non travolte. Centinaia di migliaia di profughi dal sud e dall'est del mediterraneo che si riversano in Europa sono l'arma più potente che la Russia può far detonare in Europa. Quindi gli europei devono far arrivare il grano in Africa e Medio Oriente, nel loro primario interesse. Devono farlo, correndo ogni rischio, con ogni mezzo. A fronte di questo il rischio derivante dall'essere coinvolti perché fornitori di armi all'Ucraina è relativamente ma decisamente inferiore.
Un accordo, un'intesa generale. L'Ucraina smina le acque davanti al porto di Odessa. La Russia promette non ne approfitterà per attaccare Odessa dal mare con operazione anfibia. La Turchia garantisce il passaggio degli stretti a navi militari che andranno di necessaria scorta. Scorta al convoglio di navi silos di grano che da Odessa sta salpando. Navi militari di chi? Potrebbero anche avere insegne Onu (improbabile data la lentezza operativa dell'Onu) ma, anche così fosse, sarebbero inevitabilmente navi militari internazionali.
Internazionali? Russe ed ucraine ovviamente escluse, navi cinesi? Agli europei piacerebbe ma difficilmente Pechino si impegnerebbe in un rischio del genere. Ma, mettiamo anche ci sia una unità che mostra bandiera cinese, la flotta di scorta dovrebbe essere appunto flotta. Più navi, più bandiere. Americane? Rischio aumenta. Allora navi tedesche, svedesi, portoghesi, spagnole, italiane, greche (no, greche no, Turchia non permetterebbe). Navi comunque europee. In una missione ad alto rischio. Rischio di che? Di innesco di guerra più grande di quella che già c'è.

Sì, i russi nel migliore dei casi hanno detto: faremo passare. Ma quanto ci si può fidare dei russi? Sì, gli ucraini hanno detto: sminiamo per far passare. Ma se una nave salta su una mina potrebbero ricordare a tutti che le mine in mare le ha messe anche la Russia. Sì, c'è un accordo a far passare il convoglio ma nelle acque attorno al convoglio ci sono e restano sottomarini russi e su terraferma, sia in mano ucraina che russa, ci sono missili anti nave a portata della rotta del convoglio. E ci sono equipaggi durante il viaggio sempre necessariamente con il dito sul grilletto, non solo in senso metaforico.

Un programmato venir meno ai patti è possibile, praticabile. Ancor più possibile l'imponderabile di un incidente, di una nefasta incomprensione tra militari e unità di flotte, eserciti e paesi che si ritengono reciprocamente ostili come la Russia e i paesi della Ue. Quel convoglio, necessariamente il primo di molti, necessario e indispensabile perché nella guerra non si apra un fronte interno all'Europa occidentale, può anche, è nell'ordine della cose possa diventare l'innesco di una guerra più vasta della guerra in Ucraina. Anche nella migliore delle ipotesi, quella di un accordo generale a farlo passare, quel convoglio ad ogni miglio che percorre lo fa sul sottilissimo filo che distanzia ma non separa la doverosa soluzione dalla ingovernabile catastrofe.