Giuseppe Conte (foto: depositphotos)

Conte, flop Tour. Dai 5 stelle ai quattro gatti. Poca gente i comizi del leader del M5S. Addio bagni di folla. Destino amaro. Ma Giuseppi non molla.

Va nei piccoli centri, espone a pochi intimi la sua dottrina e il suo supplizio. Non c’è neanche un candidato grillino nei 26 capoluoghi chiamati al voto. Ma tira dritto. Dà la sensazione di voler sopravvivere alla (annunciata) batosta elettorale, prigioniero di un dilemma che non nasconde. Eccolo. Se fa cadere il governo avrà contro tutti, i suoi parlamentari in testa.

Se non rompe, perderà inevitabilmente senso e consenso. Una bella rogna. Eppure va avanti stringendo le mani dei suoi resistenti asserragliati nel bunker delle loro antiche fantasie, dalla scatoletta di tonno all’uno vale uno. Uscirà dal governo il 21 giugno quando l’avvocato del popolo presenterà (forse) in Parlamento la famosa mozione anti-armi? O aspetterà l’estate quando gli effetti della crisi economica potrebbero innescare situazioni pesanti, fuori controllo ? Domanda: ma Conte ha il coraggio di provocare uno strappo netto? A dar retta a quel volpino Renzi sembrerebbe di no. Per una ragione molto semplice. E il fiorentino lo spiega: “Il M5S è pieno di parlamentari che si taglierebbero un piede prima di andare a votare perché sennò devono tornare – loro – a prendere il Reddito di cittadinanza”.

“Non importa” dice il suo Entourage . Perché? “Conte non rischia niente alle Amministrative perché non ha candidati. Si giocherà tutto alle elezioni politiche. A differenza del M5S ha mantenuto un consenso personale che non si trasferisce sul M5S perché il Movimento in preda alla sindrome di Stoccolma, è entrato in un governo nato proprio con lo scopo di far fuori il M5S”. In ogni caso il “piano di pace” dell’ex premier non è chiaro. Probabilmente per non scontentare le anime riottose rimaste nella compagnia, si è visto costretto ad avvitamenti linguistici del vasto repertorio leguleio, e dire e non dire. Ne è uscita una linea storta, confusa. Il pacifismo disarmista non ingrana come viceversa si riteneva.

Uscito dal Palazzo, lotta per rientrarvi. Punta tutto sulle Politiche e sul Pd. “Ma alle Politiche non ci arriverà” ha detto Renzi a Sky Tg24. Staremo a vedere. Quel che è certo è che la musica è cambiata. E di molto. Sono ormai lontani i tempi in cui il suo fidatissimo trombettiere Rocco Casalino sbandierava il 71% di fiducia- raccolto nei sondaggi – che gli italiani avevano per Conte. Tempi in cui la Demos lo certificava nientemeno come “il premier più amato degli ultimi 25 anni”. Non è più così. Dove sono finite le “Bimbe di Conte “ sedotte dal suo fascino, dal ciuffo, dalla pochette? Sparite. Come le Sardine. Le cose cambiano. E la facile magia finisce.