L'Italia invecchia, nascite e matrimoni diminuiscono. Cambiano anno dopo anno le famiglie, aumentano le coppie non coniugate, i singole e i monogenitori. E tutte le tappe “cruciali” della vita risultano spostate in avanti, la stragrande maggioranza dei giovani non esce di casa fino a tarda età, a causa dell’incertezza economica, mentre i giovanissimi sognano un futuro fuori dall’Italia mentre ci sono 280mila ragazzi che attendono la riforma dello ius scholae per ricevere la cittadinanza. Il Rapporto Istat 2022, giunto alla trentesima edizione, analizza la situazione economica e sociale dell'Italia, misurando e fotografando questi cambiamenti. 

Un peso importante l'ha avuto il Covid. Due anni di pandemia hanno cambiato il mondo e così anche l’Italia. A due anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria è ancora difficile dire se si possa parlare di un “ritorno” alla vita pre-pandemica o se si tratti della famosa “nuova” normalità. Quello che è certo, osserva l'Istat, è che l’anno che stiamo vivendo è ancora dentro l’onda lunga dei cambiamenti che la pandemia ha prodotto in tutti gli ambiti della vita degli esseri umani.

L'ITALIA TRA I PAESI PIÙ COLPITI DALLA PANDEMIA - Con 16 milioni di contagi e oltre 160mila decessi associati all’infezione da SARS-CoV-2 tra marzo 2020 e aprile 2022, l’Italia è stata, insieme alla Spagna, tra i paesi Ue più colpiti dalla pandemia, soprattutto nella prima fase, con un netto miglioramento nel 2021 in concomitanza dell’avvio della campagna vaccinale. Il 48% dei decessi è avvenuto nel 2020, il 37% nel 2021 e il 15% tra gennaio e aprile 2022. L’elevato eccesso di mortalità registrato nei due anni di pandemia ha comportato una diminuzione della speranza di vita in quasi tutti i paesi europei, seppure di entità e durata differenziate. In Italia e Spagna il calo si è concentrato nel 2020 con un accenno di ripresa nel 2021. In altri paesi, in particolare dell’Est europeo, la riduzione è stata accentuata soprattutto nel 2021. Alcuni, come Finlandia e Danimarca, non hanno registrato variazioni di rilevo nel biennio pandemico. Nel nostro Paese il tasso standardizzato di mortalità (885 decessi per 100mila abitanti) è in calo nel 2021 rispetto al 2020 (941) e si conferma ben sotto la media europea (1.056) che, al contrario, registra ancora nel 2021 una crescita sull'anno precedente. Una tendenza in discesa che in Italia prosegue e inizia anche a livello europeo. L'elevato eccesso di mortalità registrato nei due anni di pandemia ha comportato una diminuzione della speranza di vita in quasi tutti i paesi europei: in Italia, nel 2020, l'eccesso di mortalità si è manifestato a partire dalla classe di età 45-59 anni (+2,5%), superando l'11% a partire dai 70 anni. Nel 2021, l'eccesso di mortalità è risultato simile a quello del 2020 nella classe 45-59 anni mentre è diminuito negli altri segmenti di età, soprattutto a partire dagli 80 anni.

SEMPRE PIÙ VECCHI - La pandemia ha avuto un impatto rilevante su tutte le componenti della dinamica demografica: l’elevato eccesso di mortalità registrato nel 2020 è stato accompagnato dal quasi dimezzamento dei matrimoni e dalla forte contrazione dei movimenti migratori a cui si sono aggiunti, nel 2021, gli effetti recessivi dovuti al calo delle nascite. Negli ultimi dieci anni il tessuto demografico e sociale dell’Italia ha subito profonde modifiche. L’ampliarsi del deficit tra nascite e decessi e la contrazione del saldo migratorio hanno innescato una fase demografica recessiva accentuata dallo squilibrio di una struttura per età sempre più invecchiata. Gli anziani di 65 anni e più sono 14 milioni 46mila a inizio 2022, 3 milioni in più rispetto a venti anni fa e pari al 23,8% della popolazione totale. Nel 2042 saranno quasi 19 milioni, il 34% della popolazione. I grandi anziani (80 anni e più) superano i 4,5 milioni mentre la popolazione con almeno cento anni raggiunge le 20mila unità, valore quadruplicato negli ultimi vent’anni. Nel 2042 gli ultraottantenni saranno quasi 2 milioni in più e gli ultracentenari triplicheranno, raggiungendo le 58mila e 400 unità.

PROSEGUE IL CROLLO DELLE NASCITE - Il crollo delle nascite si è protratto nei primi sette mesi del 2021 per poi rallentare verso la fine dell’anno. Secondo i dati provvisori per il primo trimestre 2022, a marzo il calo raggiunge il suo massimo (-11,9% rispetto allo stesso mese del 2021). La popolazione continua a diminuire dal 2014 per via del saldo naturale negativo non compensato dall’apporto positivo delle migrazioni. Secondo i primi dati provvisori, al 1°gennaio 2022 la popolazione è scesa a 58 milioni 983mila unità, cioè 1 milione 363mila in meno nell’arco di 8 anni. Le nascite fuori dal matrimonio invece aumentano, soprattutto negli anni della pandemia: 159.453 nel 2021, ossia +25mila rispetto al 2011 e +106mila nel confronto con il 2001. In termini relativi, negli ultimi due anni la quota dei nati fuori dal matrimonio sul totale delle nascite sale a 35,8% nel 2020 e a 39,9% nel 2021 (da 24,6% nel 2011 e 10,0% nel 2001), prevalentemente per il dimezzamento dei matrimoni registrato nel 2020 e non ancora recuperato.

CAMBIA LA FAMIGLIA - Le famiglie sono sempre di più, 25,6 milioni nel 2020-2021, ma sempre più piccole: il numero medio di componenti della famiglia scende a 2,3 da 2,6 del 2000-2001. Sull’aumento del numero delle famiglie pesa il forte incremento di quelle costituite da una sola persona, passate dal 24,0% del totale di inizio millennio al 33,2%. In aumento anche le famiglie composte da un solo genitore che vive con i figli senza altri membri aggiunti (quasi una famiglia su dieci). Al Centro-nord infatti le coppie con figli non rappresentano più il modello familiare prevalente.  Sono aumentate anche le coppie non coniugate, le famiglie ricostituite, i single non vedovi e i monogenitori non vedovi. È proseguito inoltre lo spostamento in avanti di tutte le tappe cruciali della vita, a cominciare dall’uscita dei giovani dalla famiglia di origine. Nel 2021 sono poco più di 7 milioni i giovani di 18-34 anni che vivono in casa con i genitori (67,6%), in aumento di 9 punti dal 2010, cioè prima che gli effetti della Grande recessione tornassero a far crescere la permanenza in famiglia. Rispetto al 2019, ossia prima della pandemia, la permanenza è cresciuta di 3,3 punti.

A CASA CON MAMMA E PAPÀ - Nel 2021 sono poco più di 7 milioni i giovani di 18-34 anni che vivono in casa con i genitori (il 67,6%), rispetto al 2019, prima della pandemia, c'è stato un aumento di 3,3 punti. Si tratta di un dato ben al di sopra della media Ue che è di un giovane su 2. Il 67,6% è un valore superiore di 9 punti rispetto al minimo registrato nel 2010, prima che la Grande Recessione facesse crescere nuovamente la quota di quanti permangono in famiglia. Nel Mezzogiorno la situazione per i giovani in famiglia è più critica. In quest'area del Paese sono relativamente di più quelli che vivono con i genitori (il 72,8% contro il 63,7% del Nord e il 67% del Centro) ed è alta l'incidenza di giovani in famiglia che si dichiarano disoccupati (35%), doppia rispetto al Nord (17%).

I GIOVANI SOGNANO UN FUTURO FUORI DALL'ITALIA - Molti ragazzi, italiani e di altri Paesi, immaginano il loro futuro non in Italia. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare perché rischia di far disperdere un capitale umano prezioso, soprattutto per un Paese che invecchia sempre più e sempre più velocemente. Il 59% degli alunni stranieri delle scuole secondarie da grande vuole vivere all’estero contro il 42% degli italiani. Questo desiderio è più diffuso tra le ragazze (66,3%) rispetto ai coetanei maschi (52%). “Il futuro mi affascina” è la risposta data a scuola dal 51,6% dei ragazzi provenienti da altri paesi, per le ragazze la percentuale è molto più contenuta mentre assume maggiore rilievo la modalità “il futuro mi fa paura”, scelta dal 38,5% delle alunne e dal 24,0% degli alunni.

MA C'È CHI ATTENDE LO IUS SCHOLAE - Con lo ius scholae circa 280mila ragazzi acquisirebbero la cittadinanza, tra coloro che sono potenzialmente interessati dalla proposta di legge oltre il 25% risiede in Lombardia. La platea fotografata risponde ai requisiti della nascita in Italia o dell'arrivo prima del compimento dei 12 anni, più la continuità della presenza e frequenza di 5 anni di scuola. Al primo gennaio 2020 sono oltre 1 milione i minorenni nati in Italia da genitori stranieri (di seconda generazione in senso stretto), il 22,7% dei quali (oltre 228mila) ha finora acquisito la cittadinanza italiana. Gli alunni con cittadinanza acquisita sono circa 264mila e rappresentano il 3% degli alunni nelle scuole primarie, il 3,6% nelle scuole secondarie di primo grado e il 3,5% di quelle secondarie di secondo grado. Un'analisi specifica dell'Istat ha rilevato che tra gli alunni stranieri delle scuole secondarie il 78,5% pensa in italiano. Autovalutando le proprie competenze, circa 3 ragazzi su 4 dichiarano di parlare e leggere molto bene l'italiano, ancora di più sono coloro che pensano di comprenderlo molto bene, meno numerosi invece quelli che ritengono di scriverlo altrettanto bene.

LA VITA QUOTIDIANA POST COVID - L’emergenza sanitaria ha modificato le abitudini di vita della popolazione, con un impatto rilevante sui vari aspetti della quotidianità. Nel 2021 sono emersi chiari segnali di un ritorno alla quotidianità pre-Covid, anche se alcuni cambiamenti negli stili di vita sembrano persistere e potrebbero essere destinati a durare nel tempo. L’emergenza sanitaria sembra aver prodotto cambiamenti profondi e duraturi nelle relazioni sociali. Ancora durante la quarta ondata, solo per circa un terzo della popolazione adulta nulla è cambiato nei rapporti con i familiari non conviventi o con gli amici, mentre oltre la metà dichiara di aver ridotto la frequenza degli incontri (rispettivamente 54,9% e 61,8%).

UN POPOLO VAX - Sulla base dei dati raccolti dall’indagine Eurobarometro, a febbraio 2022 il nostro Paese è al primo posto nel contesto internazionale sia per il giudizio favorevole a una eventuale obbligatorietà delle vaccinazioni (73% contro 56% della media europea) sia per il consenso all’adozione di misure restrittive per l’accesso a luoghi/eventi verso quanti rifiutano di vaccinarsi (82% contro 71%). La diffusa e generalizzata adesione dei cittadini alle politiche adottate nel nostro Paese per fronteggiare l’emergenza sanitaria è confermata dai risultati della terza edizione dell’indagine emerge anche da un’altra indagine Istat, il “Diario della giornata e attività ai tempi del coronavirus” condotta durante la quarta ondata pandemica, tra dicembre 2021 e gennaio 202210. Circa l’85 per cento della popolazione adulta (41 milioni di persone con almeno 18 anni) riconosce l’utilità dei vaccini nel contenerela diffusione della pandemia nel nostro Paese e li ritiene sicuri.