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…dice Karl von Klausewitz, nel suo trattato “Della Guerra”, che ha plasmato il pensiero politico-militare negli ultimi due secoli e mezzo. Non preoccupatevi, non vogliamo propinarvi la nostra lettura della catastrofe in Ucraina. Vogliamo parlare di quello che i giornali chiamano Casualties of war, usando l’eufemismo casualità per definire il bollettino dei caduti. Nel nostro caso, delle vittime innocenti della bassa politica. Il Presidente Mattarella è stato costretto a sciogliere le Camere. Le votazioni sono fissate in data 25 settembre prossimo. Tutte le italiane e tutti gli italiani all’estero sono candidati in pectore alla Camera o al Senato – non importa quale – a prescindere dalla loro appartenenza politica. Si sono scatenati gli iscritti e i simpatizzanti di questo e quel partito, forza, lega, movimento, fratellanza, Italia più o meno viva, azione, insieme, neonato revanscismo meridionale, senza escludere gli agnostici velleitari, gli ultimi arrivati autonominatisi semidei, le donne rampanti più ferrate su linguismi di genere che sulla grammatica e la sostanza dei concetti. Sono corsi tutti e tutte a comprare una copia de “L’Arte della guerra” scritta dal cinese Sun Tzu oltre duemila e cinquecento anni fa e stanno studiando religiosamente le tecniche dello spionaggio e della conquista di persone e cose, in questo caso voti. Forse non hanno capito bene gli ammonimenti di Sun Tzu: “Se conosci il nemico e conosci te stesso non devi avere paura dei risultati di cento battaglie. Se conosci te stesso, ma non il nemico, a ogni vittoria corrisponderà una sconfitta. Se non conosci il nemico e neanche te stesso, soccomberai a ogni battaglia”. Il nemico degli aspiranti eletti fuori d’Italia, nelle consultazioni in cui soltanto 4 senatori e 8 deputati rappresenteranno la “circoscrizione Estero” creata dall’Art. 48 della Costituzione, sta dentro la loro eventuale insipienza, abbastanza generalizzata, seppure con alcune eccellenti eccezioni (l’allitterazione è voluta).  Si sono arroventati social e chatroom di ogni tipo. Molti post sono talmente sciocchi (cioè toscanamente privi di sale) che affossano ipso facto l’autocandidatura al Parlamento  ridotto dal taglio voluto da “giuseppi!”, l’ultimo manovratore del carrozzone guidato dal Grillo poco saggio, che sta per finire come il grillo di Pinocchio, schiacciato da una scarpata contro il muro. Nel quadro desolante appena descritto entra la prima  personificazione delle casualties of war: parliamo del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, presieduto da Giggino, il furbone di Pomigliano d’Arco che si è sfilato dai 5Stelle, prima che si suicidassero a opera di “giuseppi!”. Il CGIE avrebbe potuto costruire i programmi e definire gli interventi necessari per il mondo italiano fuori d’Italia, concentrandosi su punti che valgono per tutti gli expat. Ma il condizionale che abbiamo adoperato riflette la vergogna compiuta nei confronti dell’organismo di “rappresentanza di tutte le comunità italiane all’estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano gli italiani all’estero”, come recita l’Art. 1, comma 2, della legge istitutiva del CGIE. Il CGIE è composto da 43 Consiglieri, eletti da assemblee formate da componenti dei Com.It.Es. e da esponenti delle associazioni, cui si aggiungono 20 Consiglieri di nomina governativa. Venti giorni prima delle riunioni delle assemblee elettorali, che si sono tenute il 9 e 10 aprile scorsi, il Ministro degli Esteri e il sottosegretario con delega per gli italiani all’estero hanno invitato per lettera gli enti citati dalla legge istitutiva – associazioni nazionali dell’emigrazione, partiti con rappresentanza parlamentare, sindacati e  patronati, FNSI, FUSIE e frontalieri – a indicare il proprio delegato entro trenta giorni. Vale a dire che le lettere sono state inviate il 20 marzo circa e che gli enti avevano tempo fino al 20 aprile per comunicare i nomi al MAECI, che ha successivamente mandato la lista alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio ha trenta giorni per firmare il decreto di nomina. E arriviamo al 20 maggio. La plenaria per l’insediamento del CGIE doveva quindi essere convocata per il 10 giugno. Tutto questo ai sensi di legge. Che cosa è successo? Perché a oltre 40 giorni dal completamento di questa procedura così rigidamente scandita nei tempi di effettuazione non è ancora giunta al risultato finale? Il Premier Draghi è uomo troppo rispettoso della normativa per aver infranto proprio questa. Il nostro dubbio sul perché del ritardo è confortato da almeno due possibili ragioni. La prima è che il CGIE, paralizzato da interpretazioni ingiustamente restrittive delle attività consentite dopo l’insediamento dei Com.It.Es. e dopo l’elezione dei nuovi Consiglieri, non si riunisce più da dicembre 2021 e non può proseguire nell’ottimo lavoro fatto nell’ultima consiliatura. Perché il CGIE è stato ingessato proprio quando avrebbe potuto mettere a disposizione di candidati validi il tesoro delle conoscenze acquisite da tutto il mondo e il corpo delle proposte presentate a Governo e Parlamento, alcune delle quali erano già approdate alla calendarizzazione in aula alla Camera? L’altra ragione, quella alla quale crediamo molto di più, è che il lider maximo di un particolare movimento nato all’estero, privo di un congruo numero di parlamentari, malgrado sia stato egli stesso sottosegretario nei due Governi Conte, si sia visto negare una nomina al CGIE sia come partito che come associazione, e abbia eretto ogni possibile ostacolo per impedire che si concludesse l’iter di costituzione formale del CGIE, sperando forse che le prossime elezioni gli consegnino risultati da sogno. Un sogno irrealizzabile, visto che ha già perso un senatore voltagabbana a lui affiliato, poi dichiarato decaduto perché la sua elezione era viziata da enormi brogli elettorali in Argentina. Alcuni suoi iscritti, degni di vero rispetto, eletti al CGIE in America Latina, forse riusciranno a far dimenticare un altro membro del suo partito, scelto trionfalmente al CGIE in Uruguay in virtù di comportamenti al limite del codice penale. Quest’ultimo è soprannominato l’Innominabile. Perciò non lo nomineremo, ma terremo alto il livello di tensione sul Consiglio Generale degli Italiani all’estero, perché ce lo chiedono i nostri lettori in tutto il mondo.

Carlo Cattaneo