Franco Esposito

Le aziende alzano i prezzi, salta l'economia low cost. Prossima alla fine l'illusione di vivere in una società dedita ai bassi costi dell'economia. Affiora l'esigenza di dover ripensare le catene dei consumi. In realtà paghiamo a caro prezzo l'abitudine di essere una società che si riempie la pancia di prodotti, ma che non intende pagarli il giusto. "É la crisi di un modello"sentenziano gli analisti sempre pronti a fornire giudizi finali. 

Da dove vogliamo cominciare? L'inflazione spinge Amazon ad aumentare l'abbonamento a Prime del 25%, da 3,99 a 4.99 euro al mese; da 36 a 49,9 euro il prezzo annuale. Il colosso dell'e-commerce come giustifica il rincaro già annunciato? Semplicissimo: con l'aumento dell'inflazione. Ad Amazon non interessa nulla che la crescita dei prezzi registrata in Italia sia dell'8%. Le ragioni della poderosa modifica vengono spiegate così: "sono relative a un aumento generale e sostanziale dei costi complessivi dovuti all'inflazione, che incide sui costi specifici del servizio Amazon Prime in Italia e si basano su circostanze esterne, fuori dal nostro controllo". 

Per il colosso della logistica è il primo rialzo dal 2018. La mossa contribuisce comunque a frantumare il modello low cost a sui eravamo ormai assuefatti. Accade in uno scenario palesemente inflattivo. L'aumento di Amazon è solo l'ultimo in ordine di tempo. Arriva dopo la decisione del proprietario e fondatore di Ryanair, Michael O' Leary. "I voli low cost li ho creati io, e ci ho fatto un sacco di soldi. Ma alla fine non credo che l'industria dei viaggi sia sostenibile nel medio termine a una tariffa media di quaranta euro a biglietto. É troppo economico".  

Abbandona di fatto il low cost anche Ikea. L'azienda svedese specializzata nella produzione di mobili componibili a basso costo ha già aumentato i prezzi. Gli incrementi per le merci destinate al pubblico sono nell'ordine del nove per cento, dall'inizio dell'anno. Una botta inattesa per i consumatori anche questa. 

Aumentano anche streaming e discount. La fine annunciata dei consumi a basso costo coinvolge la televisione. Come dimostrano gli aumenti annunciati da Dazn. L'abbonamento mensile costerà 39,9 euro a fronte degli attuali 29,9. Dopo aver esordito ad agosto 2021 con 19,9 al mese. Netflix prepara una stretta sulla condizione delle password, così come la spesa quotidiana. 

La revisione dei destini al rialzo dei listini per i consumatori riguarda non solo i produttori e lo grande distribuzione organizzata. Interessa pure i discount, da Aldi a Lidl fino a Eurospin. Le catene hanno aumentato il prezzo dei prodotti a scaffale, dal latte all'acqua. Rileva Giuliano Noci, professore di strategia e Marketing alla School of Management del Politecnico di Milano: "Riteniamo fallita in pieno l'illusione di vivere in una società low cost". 

La situazione, è vero, cambia da settore a settore. Un assioma però è valido per tutti. Basata sul costo, la competizione non conosce limiti al ribasso. Non paga lo sforzo di mantenere il contenimento dei prezzi. "Ci sarà sempre qualcuno capace di batterli". Soprattutto quando c'è abbondanza di offerta. Grazie alla  rete, durante decenni di globalizzazione del commercio, ci eravamo assuefatti appunto dalla "straripante abbondanza dell'offerta a cercare alternative più convenienti". 

Ma tutte le aziende che alzano i prezzi lo fanno per gli stessi motivi? Assolutamente. Spiega il professore Noci: "Nel caso di Ryanair o dei negozi discount ci sono motivazioni reali legate all'aumento dell'energia dei trasporti e delle materie prime". L'aumento dei prezzi da parte di Prime viene visto invece "come una mossa strategica per aumentare il lock in un mercato che andrà a strutturarsi sempre più in ecosistemi". L'obiettivo finale è quello di apparire sempre più attrattivi. 

In realtà sono state la pandemia e la guerra in Ucraina a stravolgere ogni paradigma. Il Covid, per dirne una, ha dimostrato come non produrre in casa qualcosa di banale e semplice come le mascherine, possa rappresentare un enorme rischio. L'invasione russa e le sanzioni nei confronti di Mosca hanno spiegato in maniera lampante quanto "grande e pericolosa sia la dipendenza italiana dall'estero per l'approvvigionamento energetico". 

Attraverso l'aumento dei prezzi, Prime intende fidelizzare i clienti e rilanciare la sfida a Netflix. Con questa mossa, Amazon prova a tenersi ancora più stretti i propri clienti. Risulta così molto più onerosa, per gli abbonati, l'uscita dall'ecosistema. Anche se bisogna riconoscere che la tariffa resta comunque più bassa che in Francia o in Gran Bretagna. É comunque una magra consolazione. 

Amazon, per dirne un'altra, nel frattempo ha ampliato la selezione di prodotti con consegna Prime. Di conseguenza è cresciuta nei generi alimentari con Amazon Fresh; aumentato l'intrattenimento digitale con film, musica, libri. Nel vivo dello sport è entrata con la Champions League. 

La visione oggi è questa. La società è culturalmente posseduta dalla frenesia del low cost. Viaggiare in aereo,  comprarsi vestiti, televisori, tutto, purchè sia in offerta, scontato, o comunque costi poco. "Molti consumatori non desiderano pagare il prezzo giusto, ma solo il prezzo più basso". Quale sarebbe quindi la soluzione? "Avere a disposizione consumatori più consapevoli". 

Amazon, per concludere, non vince sui prezzi, ma sui servizi che offre. Quelli a basso costo continueranno ad esistere, ma per essere efficaci dovranno cambiare la catena dei valori. I supermercati, per garantire prezzi contenuti, saranno obbligati a ridurre le superfici di vendita, appoggiandosi a nuovi dark store. 

In definitiva è questa l'impressione forte prevalente: prepariamoci all'addio dell'economia low cost.