di ROBERTO ZANNI
Il Consiglio della città di Lewisboro ha detto no al finanziamento, che poi era di appena $1.000, dichiarandosi disposto comunque a rinunciare alla riscossione delle tasse, permettendo così che lo svolgimento dell'evento sul territorio di proprietà comunale per così dire gratis. Ma la risposta di Glenn DeFaber, rappresentante della Garibaldi Society, è stata risoluta e secca: no. D'accordo si tratta di una piccola discussione in una città di 13.000 abitanti che si trova nello stato di New York, a nord della Big Apple distante nemmeno cento chilometri.
Ma nel suo piccolo rappresenta un fatto significativo: perchè vuol dire che partendo proprio da uno degli stati più italiani degli USA si sta cominciando a voltare le spalle alla comunità italoamericana. Così il rifiuto di Lewisboro è andato sulle prime pagine dei quotidiani locali: 'Columbus Day celebration won't receive town funding' l'apertura del Katonah Lewisboro Times che così è andato sulla notizia della mancata concessione del minuscolo finanziamento, mentre il 'The Record-Review' ha puntato sulle scintille (sparks) che il dibattito ha provocato tra le due parti.
Partiamo allora dall'inizio: Glenn DeFaber rappresentante della neonata, o nata da poco, Garibaldi Society of Lewisboro è andato a bussare alle porte della città, come è prassi, per presentare il programma per il prossimo Columbus Day. "L'evento - ha raccontato Mr. DeFaber - vuole celebrare l'eredità italoamericana ricordando anche le discriminazioni subite in passato dalla comunità". Una specie di amarcord portato al presente. "La Garibaldi Society - ha aggiunto - vuole celebrare le lotte degli ultimi 150 anni e gioire dei successi ottenuti. Ci saranno stand gastronomici, musica e quello che chiedevamo erano 1000 dollari e l'esenzione dal pagamento delle tasse, ecco il finanziamento che avrebbe aiutato questa manifestazione".
Ma alla riunione nella City Hall sono cominciate ad arrivare le proteste, soprattutto attraverso lettere che riportavano il pensiero di altri cittadini in disaccordo con le celebrazioni dedicate a Cristoforo Colombo. Una missiva tra l'altro puntava sul fatto che "mentre gli eventi Pride (per le comunità LGBTQ ndr) e Juneteenth (per gli afroamericani ndr) si concentrano su lotte moderne di emarginati, gli italoamericani affrontano poche discriminazioni dei giorni nostri". In pratica il punto era ed è che deve essere solo una parte a decidere come, quando e nei confronti di chi si devono organizzare celebrazioni. Non c'è più negli Stati Uniti nemmeno la libertà di potere gioire delle proprie radici sempre naturalmente nel rispetto degli altri, delle leggi, di tutto. No, non si può e se questo succede in una piccola città lontana dalle contaminazioni quotidiane di chi vuole riscrivere tutto a proprio modo, figuriamoci allora nelle metropoli...
In poche parole il Columbus Day non s'ha da fare come avrebbe scritto Manzoni. Per tornare però al caso-Lewisboro c'è stato anche chi, per la precisione il supervisor Tony Goncalves, ha suggerito invece un festival per tutte le culture. Ma perchè gli italoamericani non possono più averne uno proprio? DeFaber, persona a quanto pare molto paziente, ha ribadito che la sua organizzazione voleva un festival dedicato agli italoamericani. E alla fine se n'è andato rifiutando l'elemosina del no-tax. Ma intanto da Lewisboro il tam-tam contro gli italoamericani è già partito.