di Anonimo Napoletano

“Not in Education, Employment or Training”, più noti come “Neet”: è quella quota di popolazione nella fascia 15-34 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. E le notizie per il nostro Paese sono decisamente preoccupanti. Sono, purtroppo, in costante aumento e il nostro paese è quello in cui ci sono più “Neet” rispetto a tutti gli altri Stati dell’Unione europea: sono ben 3.085.000 unità, pari al 25,1% del totale. Un rapporto di uno ogni quattro giovani. Siamo molto lontani dalla media europea che è invece del 13,7%. Un po' meglio di noi, ma comunque agli ultimi posti, ci sono la Grecia (21%), la Bulgaria (19%) e la Spagna (18,6%). 

Nel corso del 2020 – 2021, con la crisi occupazionale aggravata dal Covid, il quadro è ulteriormente peggiorato. Più in particolare, all’interno del bacino degli oltre 3 milioni di “Neet” italiani, ad oggi ci sono: i giovani disoccupati, ovvero chi non ha un impiego ma lo sta cercando (circa 1 milione); i giovani inattivi, cioè chi non ha un lavoro ma non lo sta cercando (i restanti 2 milioni). 

Ampliando la panoramica all’intera Europa, quindi comprendendo anche paesi che non sono parte dell’Unione Europea, risultano davanti all’Italia per un maggior numero di “Neet” solo 3 paesi: Turchia (33,6%), Montenegro (28,6%) e Macedonia (27,6%).

Dei tre milioni di  “Neet” in Italia, poi, ben 1,7 milioni sono donne. Il 25% delle ragazze con meno di 30 anni rientra nel gruppo e delle 8,6 milioni di donne in questa condizione in tutta Europa: un terzo appartiene all’Italia. Peraltro il range d’età di riferimento influenza ancora di più i dati e, nello specifico: nella fascia tra i 15 e i 19 anni la percentuale di ragazze “Neet” sale al 45%; nella la fascia d’età tra i 30 e i 34 anni, la percentuale raggiunge il 66%

Con riferimento alla distribuzione geografica è il Sud quello con i numeri più preoccupanti, con l’Italia che risulta divisa in due macro blocchi: la zona centro-settentrionale, che è in linea o al di sotto della media europea (15%); l’intera area del Mezzogiorno, in cui si evidenziano le maggiori criticità (circa il 29%). La situazione è drammatica in Sicilia dove il numero di “Neet” tra i 15 e i 24 anni è pari al 30,3%. La percentuale è invece è di poco inferiore in Calabria (28,4%) e in Campania (27,3%), ma pur sempre tristemente al di sopra della media nazionale ed europea. 

E il fenomeno è talmente allarmante che nel 2016 l'allora presidente della Bce, Mario Draghi, parlò di “lost generation”, per definire un fenomeno socio-economico che richiede un forte intervento politico. Non è un caso se proprio con il governo Draghi, lo scorso gennaio, è stato varato un piano nazionale per contrastare il fenomeno dei “Neet”. Il ministro per le Politiche giovanili Fabiana Dadone ha firmato un decreto che vara le misure sui ragazzi inattivi, congiuntamente con il ministero del Lavoro, e che punta a ridurre l’inattività dei “Neet” tramite degli interventi suddivisi in tre macro fasi: emersione, ingaggio e attivazione.