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C'è chi prova a quantificare il fardello che il sistema Italia deve sostenere, come conseguenza della guerra in Ucraina, della crisi energetica e delle materie prime. Secondo l'istituto Demoskopika si sta generando una perdita di valore aggiunto pari a 16,3 miliardi di euro in Italia nel 2022 e a soffrire maggiormente sono i settori cosiddetti energivori: trasporti, prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, chimica, prodotti metallurgici, costruzioni. Le aziende coinvolte dalla riduzione di valore aggiunto sono 2,3 milioni. Nel dettaglio, sono sei i settori la cui mancata produzione stimata supererebbe i 300 milioni di euro: "Macchinari, apparecchiature elettriche e prodotti elettronica" (1.066 milioni di euro), "fornitura energia elettrica e gas" (911 milioni di euro), "costruzioni" (509 milioni di euro), "attività metallurgiche e prodotti in metallo" (471 milioni di euro), "agricoltura" (356 milioni di euro). E, ancora, il settore "legno, carta e stampa" (317 milioni di euro) e "gomma e plastica" (315 milioni di euro). Le branche di attività economica rimanenti "condizionate" dagli effetti di una minore crescita del valore aggiunto riguarderebbero i "prodotti alimentari, bevande e tabacco" (282 milioni di euro), il "tessile" (231 milioni di euro), la "fabbricazione di macchinari" (220 milioni di euro), la "fornitura di acqua e gestione dei rifiuti" (127 milioni di euro) e, infine, le "attività estrattive, estrazione di risorse energetiche" (91 milioni di euro). Sono principalmente i sistemi produttivi del Nord a soffrire maggiormente per l'ulteriore incremento dei prezzi energetici e per la difficoltà di reperimento delle materie prime.

C'è poi chi avverte che questa situazione porta verso due strade: un sensibile rincaro dei prodotti per i consumatori e, nella ipotesi più infausta, alla chiusura di imprese. "La situazione è insostenibile e rischiamo un lockdown produttivo. Nei primi sette mesi di quest'anno il costo dell'energia per le nostre imprese è schizzato del 300% e, senza interventi, è molto realistica la prospettiva di rincari del 500%”. Usa toni allarmanti i toni la CNA, Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, che chiede alla politica di intervenire con urgenza.

Una situazione che preoccupa per il Made in Italy, che da solo vale un quarto del Pil nazionale e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila imprese. Coldiretti lancia l’allarme di un terremoto occupazionale e alimentare. “In agricoltura si registrano rincari dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l'acqua per l'irrigazione dei raccolti. Ma aumenti riguardano l'intera filiera alimentare con il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica”.

Almeno il 10% delle imprese della ristorazione sono a rischio chiusura a causa del caro energia. E traballano soprattutto quelle più giovani e meno patrimonializzate, afferma la Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, e la Fic, la Federazione italiana Cuochi. La guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e il prezzo dei beni energetici - affermano - stanno mettendo seriamente a rischio, insieme alla pausa caffè degli italiani, anche il futuro di tante piccole imprese. E anche secondo Confesercenti, l'altra grande associazione, se non interviene una variante ad invertire la curva degli energetici, il settore rischia un colpo peggiore di quello subito dalle varie misure di contenimento del Covid. Già con le tariffe correnti Confesercenti stima che nei prossimi dodici mesi il comparto della ristorazione sosterrà per le bollette di energia e gas quasi due miliardi in più rispetto ai dodici mesi precedenti (1.944 milioni di euro), mentre le imprese di servizio bar si troveranno a sborsare oltre un miliardo in più (1.045 milioni). Le ultime bollette arrivate (relative al periodo giugno-luglio) mostrano incrementi anche del 400% rispetto allo scorso anno. Un colpo che potrebbe mettere fuori mercato circa 30mila pubblici esercizi. Secondo Confartigianato, per le piccole imprese del settore alimentare - in cui operano 70mila aziende artigiane con 271mila addetti - i rincari dell'energia elettrica hanno provocato, negli ultimi 12 mesi, un maggiore costo delle bollette pari a 1,2 miliardi. In particolare, per le 17.500 gelaterie e pasticcerie artigiane, le bollette, nell'ultimo anno, sono aumentate in media tra il 300 e il 350%. Per Confcommercio è "drammatico" lo scenario che si profila da qui ai primi sei mesi del 2023. Col caro energia nel 2022 il terziario di mercato ha speso 33 miliardi di euro, cioè il triplo rispetto al 2023. Sono a rischio circa 120mila piccole imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro. "Tutti i settori produttivi del Paese sono in ginocchio -sottolinea Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio - Ma se le imprese a monte della filiera riescono a scaricare gli extra-costi sugli altri anelli della filiera, bar e ristoranti non possono farlo con facilità perché i consumatori non sono imprese".

Niente fiori a Natale? "Quest'anno potremmo ritrovarci senza fiori freschi in occasione della festività di Ognissanti e della ricorrenza del 2 novembre quando si commemorano i defunti. E le cose potrebbero andare ancora peggio a Natale" afferma in Campania il Consorzio Produttori Florovivaisti che sta ipotizzando di fermare la produzione perché costerebbe troppo portare fiori sul mercato. “Già oggi siamo costretti a produrre in perdita. Rischiamo un vero e proprio tsunami che spazzerebbe via produzioni, aziende e metterebbe a rischio oltre 20 mila posti di lavoro solo in Campania”, dice il presidente Vincenzo Malafronte.

I rincari del pane. "Dal grano al pane i prezzi aumentano anche 12 volte a causa di speculazioni e distorsioni all'interno delle filiere che impoveriscono le tasche dei cittadini e danneggiano gli agricoltori, strozzati dai rincari record di energia, mangimi e fertilizzanti e prezzi del grano in caduta libera" denuncia Coldiretti Puglia. Il rincaro energia "sta pesando per circa un 25% in più su un kg di un prodotto medio da forno e l'aumento delle materie prime sta incidendo per circa 0,60 euro per kg su singolo prodotto" emerge da uno studio realizzata dalla Cna di Roma, "ad esempio, per un kg di pizza rossa, olio e pelati hanno subito un incremento pari al 70% del loro costo”. Questo va aggiunto "l'aumento medio del costo del packaging intorno al 40% (circa 0,15 centesimi di euro) che al momento è stato interamente assorbito dalle aziende stesse. Il tutto a fronte di una generalizzata diminuzione di consumo di pane che negli anni è passata dai 200-250 gr. a testa agli attuali 70-80 gr".

Allerta Frutta. A settembre sono in piena stagione mele, pere, pesche, susine, mirtilli e uva da tavola, ma per i produttori la situazione è diventata insostenibile. "Si è innescata una miscela esplosiva tra costi di produzione triplicati, effetti delle calamità naturali, quotazioni all'origine insoddisfacenti, a cui ora si è aggiunta anche la richiesta di alcuni gestori di energia per avere pagamenti in anticipo o garanzie attraverso fideiussioni. Così diventa impossibile andare avanti" è la denuncia di Michele Ponso, presidente della Federazione nazionale frutticoltura di Confagricoltura. "Siamo un comparto energivoro: produciamo e stocchiamo i prodotti in attesa di riuscire a venderli, nella speranza, ormai disattesa, di compensare almeno i costi di produzione. Una simile condizione non si è mai verificata e, senza azioni immediate, rischia di diventare insostenibile".