di Angela Mauro

Era da settimane che la comunità internazionale atlantica aspettava di capire quale potesse essere la risposta di Vladimir Putin alla controffensiva ucraina nei territori a est del paese. È arrivata. Il Cremlino indice più di un referendum nelle 4 regioni ucraine del Donbass, Kherson, Lugansk e Zaporizhzhia. Si vota dal 23 al 27 settembre, a Zaporizhzhia solo in una giornata. Obiettivo: annettere questi territori, epicentro delle riconquiste ucraine, alla Federazione Russa. Ma la mossa di Putin ha il sapore rancido di nucleare, di armi nucleari. Non è solo il sospetto che arriva da Washington. Lo fa capire la “dottrina difensiva” russa, spiegata in un decreto del 2 giugno 2020, il numero 355.

In sostanza, il testo prevede che in caso di attacco a strutture statali o militari in Russia, se gli obiettivi vengono centrati anche con missili non nucleari, la Federazione può rispondere con armi atomiche. La decisione sta ad una sola persona: Putin. Sull’altra sponda dell’Atlantico l’allerta è massima, palpabile all’assemblea generale dell’Onu in corso a New York, dove Putin non è presente ma c’è il suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov, pur isolato dal resto della comunità internazionale e protetto da una rete di massima sicurezza. Convocare delle consultazioni popolari per trasformare i territori ucraini in territori russi significa ostacolare la controffensiva ucraina minacciando, per l’appunto, una risposta militare di massimo grado, anche nucleare.

Mentre scriviamo, c’è attesa per il discorso di Putin alla nazione: il primo dall’inizio della guerra. Ma il capo del Cremlino tarda a prendere la parola. L’altro sospetto che agita gli Usa, l’Ue e gli alleati al fianco di Kiev è che il leader russo voglia lanciare anche una mobilitazione generale dell’esercito. Solo qualche giorno fa, al summit con Xi Jinping a Samarcanda, Putin ha ammesso che finora le truppe russe sono composte solo da volontari. Evidentemente non bastano. Oggi la Duma ha approvato un provvedimento che inasprisce le punizioni per chi compie reati in ambito militare, magari rifiutandosi di servire il paese.

Dalla Nato a Washington fino alle capitali dell’Unione Europea la risposta ai referendum voluti da Putin è una sola: la comunità internazionale non li riconoscerà mai, non accetterà che le quattro regioni ucraine vengano annesse alla Russia come è successo nel 2014 con la Crimea, ancora non riconosciuta come territorio della Federazione Russa da parte dell’occidente. "I referendum farsa non hanno alcuna legittimità e non cambiano la natura della guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina - twitta il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg - Questa è un'ulteriore escalation della guerra di Putin. La comunità internazionale deve condannare questa palese violazione del diritto internazionale e rafforzare il sostegno all'Ucraina".

Non a caso, le preoccupazioni del presidente degli Usa Joe Biden si concentrano proprio sulla Crimea. Ultimamente, nonostante gli inviti statunitensi alla prudenza, il governo di Kiev ha dato segnali di voler attaccare anche in Crimea, forte delle riconquiste delle ultime settimane. Ma questo segnerebbe inevitabilmente un’escalation del conflitto. E se Putin usasse l’arma nucleare, “la nostra reazione sarà durissima”, ha avvertito Biden in un’intervista alla Cbs due giorni fa. Domani potrebbe essere il giorno del chiarimento tra il capo della Casa Bianca e Zelensky: entrambi intervengono all’assemblea delle Nazioni Unite. Continuare l’offensiva significa esporsi alle ritorsioni di Mosca, che possono essere ‘senza ritorno’, nucleari appunto, almeno se si vuole prendere alla lettera il decreto sulla ‘dottrina difensiva’ russa. Dall’altro lato, fermare gli ucraini vuol dire concedere i territori interessati alla Russia, cedere pezzi di Ucraina a Putin. Un rebus non di facile soluzione. È il punto di svolta della guerra.

Oggi a New York parla Emmanuel Macron, che non abbandona l’idea di dialogare con Putin. Il presidente francese annuncia che cercherà un contatto con il capo del Cremlino nei prossimi giorni. Ma anche il capo dell’Eliseo stronca l’idea di referendum nei territori dell’est ucraino. “Imitare le norme della democrazia non porta sovranità alle persone - dice Macron a New York - La Russia ha ucciso, attaccato e messo in fuga la gente. Ora indire un referendum è cinico e non sarà riconosciuto dalla comunità internazionale”. In preparazione delle mosse di oggi, Putin incontra i capi dell’industria della difesa russa per sincerarsi che sia tutto pronto per eventuali ulteriori iniziative militari. Di certo, dopo il contrattacco ucraino, oggi la nuova sterzata di Mosca apre un’altra pagina nella guerra.