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di Michele Brambilla

Chi ha detto che non ci sono più i corpi intermedi? Che la disintermediazione ha vinto, e li ha spazzati via tutti? Se così fosse, i nostri politici credenti (a quanto pare ce ne sono ancora parecchi, benché Galli della Loggia definisca i cattolici ormai irrilevanti) si rivolgerebbero direttamente a Dio per chiedere aiuto nel vincere le elezioni, così come i tedeschi (Gott mit uns), gli inglesi (God save the King) e gli americani (In God We Trust) si sono sempre rivolti a Lui per invocare protezione.

Noi italiani no. Noi abbiamo sempre bisogno di chiedere una raccomandazione a qualcuno. E quale miglior mediatore, se non i santi? Così il 19 settembre scorso, nella cattedrale di Napoli, ad assistere alla liquefazione del sangue di san Gennaro c'erano ben quattro candidati: Dario Franceschini (Pd, Senato, collegio plurinominale Campania 1), Luigi Di Maio (Impegno Civico, uninominale Napoli Fuorigrotta), Mariarosaria Rossi (stesso collegio, ma per Noi Moderati) e Ettore Rosato (Terzo Polo, Camera, plurinominale Campania 1). In un bell'articolo sul Fatto Quotidiano, Wanda Marra ha raccontato che Franceschini sembrava "una sfinge, protetto dalla mascherina Ffp2" e che invece Giggino Di Maio rilasciava dichiarazioni e si faceva un po' di selfie, insomma era perfettamente a suo agio, molto disinvolto: forse perché si sentiva a casa, forse perché sapeva di essere già stato miracolato.

Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi: e quindi mi guardo bene dall'ironizzare su chi chiede aiuto a chi è stato innalzato agli onori degli altari. Lo abbiamo fatto tutti: anche chi dice di non averlo mai fatto.

E però, l'uso della religione in campagna elettorale, insomma. Non eravamo un Paese ormai secolarizzato? Eppure c'è Meloni che grida "sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana", e c'è Salvini che gira con una Tau al collo, si collega via Skype con i tg e alle sue spalle sono in mostra tanti di quei santini che neanche in una cappella di ex voto: quel Salvini che ha affidato l'Italia "al cuore Immacolato di Maria". E a proposito di Madonne, il Capitano ne cita spesso almeno tre: quella sul tetto del Duomo di Milano, quella di Fatima e quella di Medjugorje. Altra classe i politici che vengono dalla Prima Repubblica: quando ne divenne presidente, Pierferdinando Casini affidò la Camera dei deputati a una Madonna sola, quella di San Luca, Bologna, la sua città.

E a proposito di Lega, non mancano le interpretazioni sovraniste del Vangelo: l'ex ministro Lorenzo Fontana ebbe a dire che Gesù, con il suo comandamento "Amerai il prossimo tuo come te stesso", vuol far intendere che devi amare solo le persone che già ti stanno vicine, che sono lì "in prossimità" appunto: sia mai che uno arrivi dalle coste libiche.

Da che mondo è mondo tutti, per vincere, hanno sempre tirato in ballo l'Onnipotente. Costantino disse che alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio gli apparve in cielo un segno prodigioso: "In hoc signo vinces", e passò dal politeismo al cristianesimo. Una leggenda, forse nera, attribuisce all'abate cistercense Arnaud Amaury la frase "uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi" in risposta a un suo soldato che, nella battaglia di Béziers (22 luglio 1209) gli aveva chiesto come avrebbe potuto distinguere, in combattimento, i cattolici dagli eretici. C'è poi il Dio tedesco, grande flessibilità politica, garantiva protezione e vicinanza alle più svariate forme di governo: "Gott mit uns" è stato il motto prima dell'Ordine Teutonico, poi dei Re di Prussia, poi degli imperatori tedeschi; quindi era scritto sulla fibbia dei cinturoni dei soldati della Reichswehr, il piccolo esercito della Repubblica di Weimar. E sulle fibbie dei cinturoni quella scritta è infine rimasta anche con Hitler: "Gott mit uns", Dio con noi, era la certezza perfino di chi portava i bambini ad Auschwitz.

Tutti hanno sempre tirato per la giacchetta il Padreterno, insomma. La storia è questa. E tuttavia, per i santi c'è un'attenzione tutta italiana. Lo stesso Grillo, l'Illuminato profeta della disintermediazione, aveva il suo bravo mediatore: san Francesco, il poverello d'Assisi. Il quale, se il Conte I fosse riuscito ad abolire la povertà, avrebbe forse avuto qualche problema d'identità.

Giù le mani dai santi, specie se sono della tua città. A Bologna, in piazza Maggiore, sulla facciata di palazzo d'Accursio, sede del Comune, fra una finestra e l'altra c'è una statua in bronzo, sovrastata da una lapide: "Divus Petronius Protector et Pater". Tutti pensano quindi che si tratti di San Petronio, patrono della città, anche perché lì a fianco c'è la chiesa a lui consacrata. E invece no: la statua raffigura un papa bolognese: Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni (1501-1585). La lapide è un trucco, perfino una burla, ideata dai bolognesi quando, nel 1796, le truppe napoleoniche invasero l'Italia. Sapendo che i soldati francesi avevano l'ordine di distruggere tutte le statue papali, i bolognesi, per difendere il loro papa, s'inventarono un inganno geniale e goliardico com'è nella loro indole: misero quella lapide, "Divus Petronius", confidando che davanti a un santo pure la furia iconoclasta napoleonica si sarebbe arrestata. E così fu.

Scherza con i fanti ma... L'altro giorno la cronista di una tv ha colto di sorpresa Giuseppe Conte: "Lei è per Padre Pio o per San Gennaro?". Sono seguiti cinque secondi di imbarazzato silenzio. Poi è partita una supercazzola ("Guardi, il mio modo di vivere la fede cattolica...") pur di non prendere posizione, perché non si sa mai.

A noi, a tutti noi che non abbiamo mai capito perché in guerra Dio possa parteggiare sia per i tedeschi sia per gli inglesi, sia per gli italiani sia per i francesi, sia per gli americani sia per i giapponesi, e quindi per tutti ma anche contro tutti, e insomma a noi che non abbiamo mai capito perché mai il Creatore possa fare delle scelte di parte fra i suoi figli, ecco, a noi resta questo dubbio: ma San Gennaro a chi darà un seggio fra il Terzo Polo e Impegno Civico?