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di Marco Lupis

Quella che avrebbe dovuto essere una "amicizia senza limiti" - a sentire i due leader cinese e russo, Xi e Putin, dopo l'incontro pre-olimpiadi a Pechino – sembra proprio si stia trasformando in una scomoda (per entrambi) liaison che invece di limiti e paletti ne conosce eccome. Messi dalla Cina nei confronti del "grande amico" russo, ovviamente. Lo si era già intuito durante i colloqui a Samarcanda, la settimana scorsa, al vertice della SCO – l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai - quando lo stesso Putin aveva dovuto fare cenno alle "serie preoccupazioni" cinesi sul punto, e lo si è visto confermato adesso dopo gli interventi cinesi all'Assemblea dell'Onu. Pechino sta facendo capire al resto del mondo che non ha nessuna intenzione di seguire Putin molto oltre nel suo azzardo neo-imperale ucraino, una posizione resa evidente dopo l'esito dei referendum-farsa nelle regioni occupate da Mosca, che vede Pechino molto critica. Senza contare che Pechino si è già fatta in qualche modo garante di una prima (anche se non totale) rassicurazione del fatto che Putin non userà ordigni tattici nucleari.

Insomma, è ormai evidente come la Cina stia ormai cercando di far capire a tutti di non avere nessuna intenzione di fornire un "assegno in bianco" alla Russia, in particolare verso la guerra di quest'ultima con l'Ucraina. Al recente vertice SCO, Putin è stato obbligato a complimentarsi con la "posizione equilibrata" della Cina nei confronti della crisi in Ucraina. A denti stretti ovviamente. Una condizione di difficoltà nei confronti del "grande amico" che si è esplicitata nel linguaggio del corpo, con la foto ufficiale della stretta di mano tra i due che ha catturato un Putin pallido e teso, che stringe la mano a uno Xi sorridente e sicuro di sé.

Molto significativa, in questo senso, risulta l'attenta lettura di un recente editoriale apparso sul tabloid governativo cinese in lingua inglese (tanto per essere sicuri che venisse letto anche e soprattutto fuori dalla Cina...) Global Times, che descrive le relazioni tra i due "grandi amici". L'editorialista ha respinto le previsioni secondo cui la Russia sarebbe stata divorata dal "lupo cattivo" (gli Usa) e le speranze che il paese fosse salvato dalla "fata madrina" (la Cina) come entrambe fantasie da favola. Invece, l'editoriale ha sostenuto che l'orientamento della politica estera cinese non è né pro-Mosca né anti-Mosca, ma piuttosto valuta tutti gli Stati in base al loro valore come partner della Cina.

Se la Russia dimostrerà il suo valore alla Cina su questioni di sicurezza internazionale e sviluppo, le relazioni bilaterali diventeranno più solide. In caso contrario, no. E la faccenda della guerra di Putin sembra rappresenti sempre di più questo caso contrario. Il cambio di tono non è sorprendente data la serie di umilianti sconfitte della Russia sul campo di battaglia, che ha esposto la debolezza di Putin ai suoi amici e nemici allo stesso modo. Quelle battute d'arresto arrivano in un brutto momento anche per Xi, che è a poche settimane dalla ricerca di un terzo mandato in un incontro politico chiave come quello del congresso del PCC.

Non è noto se Putin abbia discusso della sua prevista escalation con Xi durante i loro ultimi colloqui, così come rimane una questione aperta se Putin avesse detto a Xi della sua prevista invasione l'ultima volta che si sono incontrati a Pechino. Ma per alcuni analisti cinesi, le battute d'arresto e l'escalation della guerra di Putin hanno offerto alla Cina l'opportunità di allontanarsi dalla Russia, un sottile cambiamento iniziato con l'incontro di Xi con Putin: "Il destino sul campo di battaglia della Russia non è affatto un affare gestibile dalla Cina" ha dichiarato senza mezzi termini Shi Yinhong, professore di relazioni internazionali alla Renmin University di Pechino.

Finora, Pechino ha accuratamente evitato azioni che violerebbero le sanzioni occidentali, come fornire aiuti militari diretti a Mosca. Ma ha rappresentato un'ancora di salvezza per l'economia russa martoriata dalle sanzioni, aumentando gli acquisti di carburante ed energia, a un prezzo d'occasione. Le importazioni cinesi di carbone russo ad agosto sono aumentate del 57% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, toccando il massimo degli ultimi cinque anni; anche le sue importazioni di greggio sono aumentate del 28% rispetto all'anno precedente. Dopo che Putin ha chiamato i riservisti dell'esercito per unirsi alla guerra in Ucraina, Pechino ha continuato a camminare su una linea sottile, ribadendo la sua posizione di lunga data per il dialogo per risolvere il conflitto. Alla domanda sul possibile uso di armi nucleari da parte della Russia durante una conferenza stampa, un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha aggirato la domanda: "La posizione della Cina sulla crisi ucraina è stata coerente e chiara", ha affermato il portavoce Wang Wenbin.

"Chiediamo alle parti interessate di raggiungere un cessate il fuoco attraverso il dialogo e la negoziazione e di trovare una soluzione che soddisfi le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutte le parti il prima possibile". E quando il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, Wang ha sottolineato che la Cina continuerà a "mantenere la sua posizione obiettiva e imparziale" e "spingere per negoziati di pace" sulla questione dell'Ucraina.

Una "posizione imparziale" che però, in verità, non è che sia apparsa davvero tale, almeno a giudicare da quanto trasmesso qualche giorno fa nel telegiornale della prima serata dell'emittente statale cinese CCTV, il telegiornale più seguito in Cina. Dopo un conciso rapporto sulla "mobilitazione parziale" di Putin - senza alcuna menzione delle proteste in Russia o delle condanne internazionali, il programma ha citato un osservatore internazionale che ha accusato gli Stati Uniti di "continuare ad alimentare il conflitto tra Russia e Ucraina". Ma tutto ciò appare, e va inquadrato e interpretato, secondo l'abituale strategia tutta cinese dei "tre passi avanti e due indietro", una voluta sottile ricerca di ambiguità per stemperare sempre ogni decisione drastica. Molto teatro cinese, insomma.

Di fatto, dopo una settimana di pressioni all'assemblea generale delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri russo ha preso il podio dell'assemblea generale per lanciare un focoso rimprovero alle nazioni occidentali per quella che ha definito una campagna "grottesca" contro i russi. Gli Stati Uniti, ha insistito, dalla fine della guerra fredda hanno agito come se fossero "un inviato di Dio sulla Terra, con il sacro diritto di agire impunemente dove e quando vogliono. Lavrov ha anche criticato duramente l'Unione Europea, definendola "un'entità autoritaria, dura e dittatoriale" e ha affermato che la leadership del blocco ha costretto il leader di uno stato membro - il presidente cipriota Nicos Anastasiades - a cancellare un incontro programmato con lui. Ma nessuna grande nazione si è radunata dietro la Russia, inclusa la Cina, appunto, malgrado il sedicente legame "indissolubile" con il presidente Vladimir Putin, a suo tempo sbandierato. Un qualcosa che ha molto rincuorato gli Usa, per quello che vedono come la mancanza di un sostegno concreto da parte della Cina per la guerra, con Pechino che ha rifiutato le richieste di inviare equipaggiamento militare, costringendo la Russia a fare affidamento sulla Corea del Nord e sull'Iran.

Ma se Xi pensava che il vertice di Samarcanda potesse avere un effetto moderatore sulla Russia, si sbagliava. A pochi giorni dall'incontro, come si è visto, la Russia ha approvato lo svolgimento di referendum fasulli in quattro province occupate dell'Ucraina per creare un pretesto per l'annessione territoriale ed estendere la minaccia dell'"Ombrello nucleare" anche su queste zone, divenute ormai – secondo la farsesca annessione, parte del territorio della federazione Russa. Poi, il 21 settembre, Putin ha raddoppiato la sua belligeranza, ordinando una mobilitazione parziale e avvertendo che non stava bluffando sulle armi nucleari "per proteggere la Russia e il nostro popolo". L'ordine di mobilitazione ha innescato una nuova ondata socialmente destabilizzante di migranti russi che si riversano nell'Asia centrale e in altri stati vicini, poiché un gran numero di uomini russi cerca di evitare a tuti i costi di venire arruolato. E si tratta soprattutto di una vera e propria fuga di cervelli, lavoratori di livello medio alto, tecnicamente preparati, che sta mettendo in seria difficoltà molte imprese russe, che rischiano di restare a corto di personale qualificato.

L'evidente disappunto e fastidio cinese nei confronti della Russia è stato a malapena nascosto nella risposta del ministero degli Esteri cinese alle intenzioni di annessione della Russia. Gli sforzi della Russia per alterare i confini dell'Europa con la forza hanno conseguenze indesiderate per la Cina, che ha sempre predicato il vangelo dell'integrità territoriale quando, per esempio, ha affrontato con estrema durezza l'etno-separatismo nello Xinjiang. Pertanto, i leader cinesi non possono essere visti come sostenitori delle ambizioni di annessione della Russia in Ucraina senza minare la propria credibilità sulla questione dello Xinjiang, prima di tutto. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wenbin Wang, parlando alla conferenza stampa quotidiana del ministero il 23 settembre scorso, ha messo la posizione della Cina sull'Ucraina in netto contrasto con quella della Russia "Crediamo che tutti i paesi meritino rispetto per la loro sovranità e integrità territoriale, che gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite dovrebbero essere osservati, che le legittime preoccupazioni di sicurezza di qualsiasi paese dovrebbero essere prese sul serio e che dovrebbe essere dato sostegno a tutti gli sforzi che sono favorevoli a risolvere pacificamente la crisi ", ha detto Wang.

Per non parlare poi dell'affaire Taiwan: la prospettiva di dare la parola al popolo taiwanese attraverso un referendum, per votare a favore o contro la riunificazione con la madrepatria cinese? Fantascienza e follia, per Xi Jinping e i suoi. Tenuto conto anche del recente rapporto del direttore della Cia, che ha affermato di essere in possesso di informazioni e prove secondo le quali Xi vuole prendersi Taiwan entro il 2027, cioè entro la fine del suo prossimo – inedito – terzo mandato che uscirà dall'imminente congresso del PCC. Insomma, si profilano tempi duri per il futuro di Putin, che per adesso ha raccolto soltanto una isolata voce di sostegno all'assemblea generale dell'Onu. Il primo ministro ad interim del Mali, il colonnello Abdoulaye Maïga, nominato dai golpisti, ha elogiato la "cooperazione esemplare e fruttuosa" con Mosca.

Non certo granché di cui vantarsi.