di Stefano Ghionni

C'è chi lavora per governare e chi si lecca le ferite. Il "day after" del post voto in Italia regala una politica “double face”. Da una parte c’è Giorgia Meloni, impegnata nella quadra del suo team di ministri, a smussare gli angoli di un riottoso Matteo Salvini. Dall'altra Enrico Letta, il grande sconfitto, che ha convocato la direzione del partito (per giovedì 6 ottobre), primo passo per il congresso (e per la sua non ricandidatura a segretario dem).

Ieri, a Montecitorio, la Meloni ha visto il segretario della Lega e subito dopo il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani. Il colloquio è durato circa un'ora in quello che, a conti fatti, è il primo faccia a faccia tra i rappresentanti dei tre principali partiti di centrodestra dopo la vittoria alle urne. "I leader - si legge in una nota - hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta”.

È stato infatti “fatto il punto della situazione e delle priorità e urgenze all'ordine del giorno del governo e del Parlamento, anche alla luce della complessa situazione che l'Italia sta vivendo". Tuttavia, al di là delle dichiarazioni di facciata, non sembra che il colloquio sia andato proprio così bene. In particolare, almeno a voler dar retta a Dagospia, sembra che siano volate scintille, in particolare tra Meloni e Salvini. Nodo del contendere: la futura collocazione del “Capitano”.

I suoi lo vorrebbero ministro degli Interni, non così la Meloni che a quanto pare sarebbe intenzionata a tenerlo fuori dall’esecutivo ritagliando per lui un ruolo “politico” affidandogli la carica di vicepremier (in tandem con Tajani). Soluzione risultata sgradita a Salvini che avrebbe così puntato i piedi. Nel frattempo i rumors parlano anche dell'attuale vertice del Dis Elisabetta Belloni agli Esteri, della fedelissima di Berlusconi Licia Ronzulli alla Scuola (o alla Salute), di Giulia Bongiorno alla Giustizia (o alla P.A) e di Letizia Moratti alla Salute.

Sull’altro versante del fronte, invece, continua la resa dei conti con il fondatore di “Azione” Carlo Calenda che paventa "una crisi irreversibile" per il Pd. E infatti tra i Democratici i nervi restano quanto mai tesi, con Letta che ha convocato la Direzione il 6 ottobre in vista del Congresso e Matteo Orfini che ha definito "una genialità" il fatto che spuntino due candidati al giorno per la segreteria. Più sarcastico Emanuele Fiano il quale ha ricordato come il congresso del Pd non è "il casting per X Factor".