di Luca Bianco

 

Nei giorni della battaglia più importante per Matteo, quella per il ritorno al Viminale, ecco che il fronte anti-Salvini interno al partito di cui è segretario inizia a prendere forma. Dopo i malumori, i gridi d’allarme del Nord, le opinioni ‘non richieste’ di Maroni e Castelli, l’uscita e il ripescaggio di Bossi in Parlamento, e nonostante un Consiglio federale formalmente unito sotto un unico Capitano, lo stesso Senatùr prende in mano le redini del malcontento padano: nasce il Comitato Nord. “Un’iniziativa interna alla Lega per Salvini premier – precisa lo stesso Bossi all’AdnKronos – finalizzata esclusivamente a riconquistare gli elettori del Nord, per rilanciare la spinta autonomista”. D’altronde il leader leghista, durante la conferenza stampa post-voto (o post-sconfitta), lo avevo detto: “Il nostro risultato è solo un punto di partenza”. Chissà che non sia la sua, di partenza.

Che settimana: quattro giorni fa il Senatùr salutava la politica ben felice di non essere stato rieletto. Ora torna in campo. Non è il 1984 – Umberto Bossi ha il doppio degli anni di quando fondò la Lega Lombarda – ma il vecchio Senatùr è tornato alle parole d’ordine di un tempo. O almeno a quelle di quando era lui il Segretario federale: Prima il Nord. È la ri-discesa in campo del fondatore, fanno sapere fonti a lui vicine. A 81 anni appena compiuti Bossi non si sarebbe mai imbarcato in una nuova avventura se non fosse successo tutto quello che è successo negli ultimi sette giorni. La Lega (non più Nord) ha fatto flop alle elezioni, collezionando un misero nove per cento, praticamente la metà di quattro anni fa (e quattro volte meno rispetto alle europee del 2019). La leadership di Salvini è per la prima volta in pericolo.

Nessuna minaccia esplicita, per il momento. Perché Salvini, leader incontrastato dal 2013, resta in sella, confermato all’unanimità dal Consiglio federale post-voto. Le scope sono rimaste nello sgabuzzino. Ma i congressi regionali, cavallo di Troia con cui i governatori del Carroccio – Zaia in primis – puntano a sostituire i commissari salviniani con ras di loro assoluta fiducia, non possono più essere rimandati. Prima si faranno quelli comunali, poi quelli provinciali, i regionali e infine, ancora non è detto, un Congresso federale, forse nel marzo 2023, che potrebbe essere la resa dei conti definitiva per il lungo decennio salviniano. A meno che il Capitano non riesca a tirare fuori il coniglio dal cilindro. Si veda un ritorno in grande stile al ministero degli Interni e ai buoni e vecchi porti chiusi. Quando il Capitano poteva sfiorare con un dito i “pieni poteri”.

Se Salvini resta segretario, questo non significa che il malcontento non ci sia. Lo confermano le opinioni ‘ribelli’ di due assi di denari del vecchio Carroccio: l’ex segretario Roberto Maroni che già parla della necessità di un “nuovo leader” e Roberto Castelli che, intervistato da Huffpost, spara a zero sulla credibilità di Salvini che al Nord "non esiste più". Che poi la grana principale per Matteo, in questi giorni, è proprio questa: l'antica base elettorale padana. Proprio ora che deve occuparsi, a tempo pieno, della questione ministero – la paura del Capitano è quella di subire il veto degli alleati sulla strada in salita che porta all’amato Viminale – il Nord è in subbuglio. “Il popolo del Nord va ascoltato” avvertiva Bossi subito dopo la notizia della sua non elezione dopo tre decenni nei palazzi romani. Con tanto di ammissione: “Sono stato candidato controvoglia”. Una figurina, quella di Umberto, utilizzata da Salvini nella speranza di evitare il collasso elettorale a nord del Po.

Mercoledì, con l’assist di un altro colonnello, Roberto Calderoli, il ripescaggio in Parlamento per un problema di resti e riconteggi. Galvanizzato, ora Bossi è tornato in città: “Nel Comitato Nord sono invitati ad aderire – dice il Senatùr – tutti gli iscritti alla Lega che vogliono impegnarsi con rinnovato entusiasmo alla conquista degli obiettivi che sono stati alla base della fondazione della Lega nel marzo 1984”. Il progetto, tra l’altro, sarebbe già in fase avanzata, poiché “sono state poste le basi per la struttura organizzativa del Comitato”. Insomma, in una settimana Bossi, e il popolo del Nord, sono tornati in campo. E a Salvini non basterà piazzare – se ci riuscirà – il tema dell’autonomia nel primo Consiglio dei ministri del governo Meloni. Dovrà fare di più per tenere le famigerate ramazze al loro posto.