DI SILVANA MANGIONE

L'Art. 27 della Costituzione italiana sancisce: "La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva". Giulio Cesare Beccaria, nel famoso trattato "Dei delitti e delle pene", scriveva già nel 1764: "Un uomo non può chiamarsi reo prima della sentenza del giudice". La Costituzione italiana, entrata in vigore l'1 gennaio 1946, anticipa di un anno il principio della presunzione di non colpevolezza, contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, approvata il 17 dicembre del 1946. La domanda che sorge spontanea è: allora tutti sono innocenti fino all'eventuale condanna? La risposta è NO! Perché vi si oppone la flagranza di reato che, per le leggi italiane, consente l'arresto immediato. Infatti, il Codice di Procedura Penale, all'art. 382, stabilisce che "È in flagranza di reato chi viene colto nell'atto di commettere il reato [...] ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato". Nel caso del Consigliere Com.It.Es. e CGIE, nonché deputato supplente del Parlamento dell'Uruguay, Aldo Lamorte, la flagranza di reato è testimoniata e documentata da lui stesso, che si è auto incriminato filmando e postando sui social il video in cui insegna agli elettori come votare per il MAIE usando il certificato elettorale di un'altra persona, di cui si legge il nome. Questo atto gravissimo infrange il dettame della Costituzione che, all'Art. 48, precetta: "Il voto è personale ed eguale, libero e segreto". Il reato è palese. La sottrazione del plico ha impedito alla legittima destinataria non solo la personalità, libertà e segretezza del suo voto, ma addirittura la possibilità di votare. In Italia, un reato di questo genere avrebbe portato all'arresto, in Uruguay, finora, non è successo nulla, nemmeno in seguito alla denuncia che Gente d'Italia ha presentato alla Procura della Repubblica e all'indignazione di Consiglieri del Com.It.Es. e comunità di associazioni e cittadini che rispettano le leggi. Le dimissioni dagli incarichi, ripetutamente chieste da più parti a Lamorte, non sono state presentate. In passato, in simili situazioni, se non lo faceva l'Ambasciatore di turno, cosa che finora non si è verificata, è sempre scesa in campo la Farnesina, "suggerendo vivamente" al responsabile in questione di dimettersi, di solito con risultati positivi. Le leggi istitutive di Com.It.Es. e CGIE non prevedono situazioni di questo genere, perché il legislatore non ha mai pensato che gli eletti a cariche di rappresentanza delle comunità potessero macchiarsi di violazioni così ripugnanti. Questo potere di intervento di Com.It.Es. e CGIE dovrà quindi essere inserito nelle prossime, urgenti riforme. La permanenza di Lamorte nei suoi incarichi elettivi, unita all'improvvida Conferenza stampa sui brogli nelle consultazioni all'estero, ha avuto una conseguenza molto pesante. Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un duro articolo, che offre suggerimenti davvero agghiaccianti. La prima sua raccomandazione consiste nel cancellare l'intera piramide della rappresentanza, costruita con fatica in anni di lavoro politico e parlamentare. Sarebbe uno scempio abolire i Com.It.Es. che, tanto per citare le ultime azioni, si sono impegnati a fondo nella campagna per aiutare le comunità italiane nel mondo durante la pandemia del COVID e, in particolare, quelli di confine all'Ucraina si stanno prodigando per assistere i rifugiati italiani, e non soltanto loro, in fuga da una guerra sanguinosa quanto proditoria. A sua volta il CGIE – al di sopra del suo costante lavoro di raccolta di istanze provenienti da Associazioni e Com.It.Es. per farne una sintesi propositiva e presentarla a Governo e Parlamento – si è rimboccato le maniche, insieme all'Unità di crisi della Farnesina, per far rientrare gli italiani bloccati in tutti i continenti allo scoppio del COVID, trovando il modo di costruire canali aerei che li riportassero in Italia e ha lavorato con il MAECI e il Governo per rafforzare gli aiuti alla comunità italiana in Venezuela, lottando anche per il ripristino del Consolato Generale a Maracaibo. Gli esempi che si potrebbero fare sono infiniti, ma mi fermo qui. Le conclusioni inaccettabili de Il fatto quotidiano consistono anche nella proposta di abrogare il voto in loco con rappresentanza degli italiani all'estero per sostituirlo con quello degli immigrati. Intendiamoci, noi, esponenti dell'emigrazione, abbiamo potuto ottenere la cittadinanza e i diritti politici di quasi tutti i Paesi in cui viviamo. Riconosciamo dunque la necessità che il nostro Paese d'origine proceda al varo di leggi sull'acquisto della cittadinanza e del diritto di voto per gli stranieri che vivono e lavorano in Italia, per una questione di civiltà, ma anche perché il numero dei cittadini residenti nello Stivale sta diminuendo per scarsa natalità e nuova mobilità e la loro età media aumenta. Ma questo non può giustificare il taglio netto del rapporto dell'Italia con la sua Italia all'estero, che metterebbe in ginocchio il Bel Paese al quale paghiamo ancora le tasse su molte cose e forniamo un volano di crescita economica, culturale e di presenza internazionale, garantito anche dall'esercizio del diritto primario dei cittadini di qualunque Paese libero, che è quello di mantenere la propria partecipazione al sistema democratico. E la squallida azione di tutti coloro che si macchiano di un reato elettorale, come quello di Lamorte e dei perpetratori di ripetuti brogli, non può e non deve portare alla distruzione del rapporto fra ltalia e italiani all'estero. Servono le riforme del sistema. Abbiamo appena eletto 12 parlamentari. Mettiamoli al lavoro per aggiornare e proteggere la piramide della rappresentanza e la nostra dignità.