Giorgia Meloni (foto depositphotos)

di Pino Nicotri

Infuria la battaglia sull'identità, in Italia e in altre parti del mondo.

Dopo il successo elettorale di Giorgia Meloni è ridiventato attuale, anzi attualissimo, il video di un suo comizio del 19 ottobre 2019 a Roma in piazza S. Giovanni con il quale ha lanciato l'allarme. Replicato in Spagna l'11 ottobre dell'anno scorso, contro l'asserita presunta strategia che vorrebbe togliere a tutti la propria identità. In quelle due occasioni Meloni ha  gridato con orgoglio, in italiano a Roma e in spagnolo a Madrid.

"Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana, non me lo toglierete". Battaglia, quella sull'identità, riesplosa con il discorso – da alcuni definito "incendiario" – di insediamento del neopresidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana. Riesplosa, ma con qualche contraddizione implicita. Fontana infatti è un leghista, per giunta veneto, nato e cresciuto a Verona, perciò anche se non lo dice l'identità italiana gli va certamente stretta, preferirebbe quella veneta. O meglio veronese, perché ben diversa da quella vicentina, padovana, veneziana, tervigiana.

Ed essendo oltre che leghista anche cattolicissimo non è escluso che Fontana veda ancor più con il fumo negli occhi l'espandersi in Italia della presenza in particolare musulmana. Provocata dal continuo arrivo di profughi di religione islamica. Tant'è che sull'immigrazione attaccandosi all'etimologia della parola "prossimo", che significa "vicino", il neo presidente della Camera ci ha tenuto di dire.

"La nostra azione politica sull'immigrazione si ispira al catechismo: "Ama il prossimo tuo", ovvero chi è in tua prossimità, e per questo dobbiamo occuparci prima dei nostri poveri".

Per quanto riguarda l'intero BelPaese Fontana ci ha tenuto a sottolineare.

"L'Italia deve dare forza alla propria peculiare natura, senza omologarsi a realtà estere più monolitiche e a culture che non diversificano".

Quale sia "la propria peculiare natura" dell'Italia, sicuramente diversa da quella della prima metà del secolo scorso e da quella dell'800, non è chiarissimo. Ma è invece chiarissimo che non deve omologarsi, l'Italia deve cioè difendere la propria identità. A partire da quella cristiana. Anzi, cattolica papale.

Da tempo si sprecano le dichiarazioni in favore dell'identità europea, da difendere più che mai dalla minaccia rappresentata anche in questo caso dall'afflusso di profughi e di immigrati extracomunitari. Il motivo principale a causa del quale la Turchia è tenuta in eterna anticamera dall'Unione Europea è in realtà, chiacchiere a parte, il suo essere a grande maggioranza musulmana.

All'inizio degli anni 2000  il Vaticano ha tentato invano di fare inserire nella ventilata Costituzione europea il preambolo delle "tradizioni religiose del continente europeo". "Tradizioni religiose", cioè cristiane. Tentato invano anche perché tale Costituzione non è mai nata, ma in ogni caso i dirigenti politici francesi avevano chiarito che non avrebbero mai firmato un testo che iniziasse con quel preambolo.

Riporto il passo specifico su questo tema dal mio libro ""America is back! Joe Biden, gli Stati Uniti e il Mondo".

"Erano i tempi in cui il ministro degli Esteri Franco Frattini, Governo Berlusconi, assicurava gli italiani che non c'era nessuna possibilità che la pretesa vaticana venisse accolta. Mentre invece il presidente del Senato Marcello Pera, anche lui berlusconiano, dichiarava che citare nella Costituzione Europea "le radici cristiane è fondamentale". Chiosando: "Non è questione filosofica, si tratta di identità. Sembra che il Continente non apprezzi il senso della propria storia".

Però anche Pera sempre omettendo che si trattava, e si tratta, d'identità e storia imposte con la forza militare da Carlo Magno. Insomma, un concetto della Storia piuttosto addomesticato.

Per smussare gli angoli il due volte ex primo ministro Giuliano Amato, di formazione socialista, in quel 2004 scriveva. "Molti italiani si sono accorti della Costituzione Europea per un'unica ragione. La disputa che c'è stata sulla menzione delle radici cristiane nel preambolo. Ma è così importante il preambolo ed è importante, perciò, che esso includa o non includa questo o quel tema?".

Da qualche anno c'è chi parla con convinzione e passione dell'"uomo euroasiatico", con annessa identità specifica, culturale e non. Il padre dell'uomo euroasiatico e dell'euroasiatismo è Aleksandr Gel'evič Dugin, filosofo e politologo russo nato a Mosca il 7 gennaio 1962.

Secondo alcuni,  è l'ideologo che ispira l'azione politica del presidente russo Vladimir Putin. Dugin ha partorito la sua creatura euroasiatica nel 2009 con il libro La quarta teoria politica. Vi mescola René Guénon con Martin Heidegger e Julius Evola.

Dugin vuole una Russia  radicalmente nuova grazie a un nuovo "tradizionalismo russo", antioccidenale e ultranazionalistico, che faccia da motore per una nuova Europa orientale e  – perché no? – per un intero mondo nuovo. L'euroasitismo creerà nell'intera Eurasia e nel mondo un ordine completamente diverso da quello oggi esistente in Europa. Diverso e, manco a dirlo, molto migliore....

Dugin per meglio apparire autorevole si è fatto crescere una folta barba, che gli dà un'aria ispirata, anzi ieratica. Lo scorso 20 agosto i servizi segreti ucraini decisi a ucciderlo gli hanno fatto saltare l'auto con una bomba. Che ha invece ucciso sua figlia Dar'ja perché lui sia pure da poco era sceso dall'auto per salire su un'altra.
Difficile che Dugin sia l'ideologo di Putin o di altri leader politici coi piedi per terra. I suoi discorsi spesso infatti sono voli pindarici alquanto astrusi, tipici di chi ama sognare. E poi il tono da predicatore religioso complica il quadro.

Il concetto di identità, da sempre al centro di analisi e narrazioni, viene valutato come valore sia individuale che sociale, nazionale, etnico, politico, religioso, culturale.... L'identità della sinistra, l'identità cristiana, l'identità siciliana, l'identità ebraica, l'identità italiana, l'identità musulmana, l'identità padana, l'identità rom, l'identità africana, l'identità animista, l'identità europea, l'identità cinese confuciana...

L'identità si può applicare a tutto o quasi. E in questi tempi di populismo, sovranismo ed egoismo piuttosto marcati, l'identità e le politiche di difesa dei suoi valori, i famosi valori identitari, ritenuti fondanti sia delle persone singole che di intere società, rischiano di esplodere più che mai.

Perché il concetto di identità se è aggregante per un insieme di esseri umani è gioco forza divisivo rispetto gli altri insiemi di esseri umani. Tutti insiemi che si piccano di avere ognuno una propria identità.

L'identità certamente crea unione, riconoscimento, stabilità, senso di sicurezza... Ma al prezzo di chiusure, barriere, ghetti,  torri eburnee, altruità, e il più delle volte al prezzo di un irragionevole senso di superiorità rispetto gli "altri". Con sbocchi non di rado in conflitti e guerre.

A tutti i tifosi dell'identità – da Dugin a Fontana, entrambi pro domo propria – consiglierei la lettura di alcuni libri dell'antropologo e filosofo Francesco Remotti. A partire da quello pubblicato nel 1996 intitolato significativamente "Contro l'identità", proseguendo con "L'ossesione identitaria", del 2010,  e a finire  con "Somiglianze. Una via per la convivenza", del 2019.

Nei primi due libri Remotti afferma e ribadisce che il concetto di identità ha provocato nel corso della Storia non pochi disastri, abomi, orrori, guerre. I due libri sono stati molto criticati perché quanto sostenutovi dall'autore provocherebbe un vuoto culturale con annessa crisi dell'"io" e del "noi". Il terzo libro offre una via d'uscita, una soluzione meno tranchant. Rifacendosi al Simposio di Platone, viene riportato quanto detto da Diomede.

"Noi non rimaniamo mai gli stessi".

Non rimaniamo mai gli stessi perché nel corpo e nello spirito dell'uomo tutto si modifica e si rinnova in continuazione. Una sorta di "panta rei" ("tutto scorre") di Eraclito, ma riferito da Diomede non alla materia che circonda l'uomo, bensì al suo corpo e spirito oltre che alle sue società.

"Nello scorrere del tempo, si può dire che tanto l'io quanto le società possono, tuttalpiù, cercare di rassomigliare  a se stesse".

Quanto sia vera questa affermazione lo DIMOSTRA la Storia anche solo degli ultimi due secoli dell'Europa, delle Americhe, dell'Africa, del Medio Oriente, dell'Asia, dell'Australia...  Ovunque nel mondo sono cambiate le identità, l'"io" e il "noi". Il mondo reale NON è fatto di identità, ma di differenze e somiglianze. Man mano diverse. Lo DIMOSTRA anche il solo pensare all'Italia degli ultimi decenni, pre e post arrivo della Lega Nord e
del leghismo.

In questo sterminato intrico di differenze e somiglianze la cosa più saggia sarebbe mettere l'accento sulle somiglianze, valorizzarle, anziché sulle differenze. E che quindi al concetto esclusivista e divisivo di "identità" si sostituisse il concetto di "somiglianza", meno divisivo "dagli altri" e più ricco di affinità "con gli altri".

Le somiglianze si possono intrecciare tra loro, creando man mano qualcosa di sempre più grande e solido. E non talmente precario e conflittuale con "gli altri" da sfociare sempre in nuove tragedie.

I vari Dugin e Fontana dovrebbero prendersi una pausa. Per leggere Remotti. E riflettere.