Joe Biden (foto: Depositphotos)

di Silvana Mangione

Il secondo martedì del mese di novembre del secondo anno dopo le elezioni presidenziali hanno luogo le cosiddette Midterm elections, le consultazioni politiche di metà mandato del Presidente in carica. Viene rivotata l'intera Camera dei deputati insieme a un terzo del Senato. Come si comporterà la comunità di origine italiana? Sarà possibile identificare il voto degli italodiscendenti? I risultati costituiscono una vera cartina di tornasole degli umori dell'intero elettorato USA, con tutte le sue componenti etniche, razziali, religiose, di ceto sociale e filosofico-politiche. Se il Presidente in carica sta lavorando bene, di solito gli si dà o gli si conferma la maggioranza nelle due Camere. Se ha "esagerato" nel mettere in pratica la propria "ideologia", lo si frena dando alle due Camere una maggioranza contraria al partito da cui proviene. Sembra semplice. Ma non lo è. Non lo è più da quando abbiamo visto irrompere nel quadro generale lo tsunami Donald Trump. Per la prima volta dagli anni '50, oggi si sente riparlare di "comunismo", come accusa a Joe Biden e ai candidati del partito democratico, con un pericoloso rigurgito di maccartismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Senatore del Wisconsin Joseph Raymond McCarthy (1908 – 1957) presiedette una Commissione per la repressione delle attività antiamericane. Le audizioni della Commissione diventarono ben presto sedi di accuse e attacchi pubblici, spesso non comprovati, in particolare contro funzionari e figure del mondo letterario, artistico e cinematografico, che portarono alla rovina, e a molti suicidi, di persone innocenti che non ressero al peso dell'immeritata vergogna. McCarthy e la sua caccia alle streghe sono rimasti proverbiali e il terrore del comunismo attanaglia ancora una parte del mondo americano, che lo considera un assalto ai fondamentali principi democratici degli Stati Uniti. Queste Midterm elections sono proiettate più del solito verso le presidenziali del 2024. Trump, bocciato nel 2020, può ripresentarsi e, in un comizio di domenica, ha detto che ci sta pensando. La Costituzione americana vieta più di due mandati consecutivi. Se vincesse queste nuove elezioni, la Corte suprema, a schiacciante maggioranza iperconservatrice, potrebbe addirittura sostenere che – essendoci stata una interruzione dopo la sua prima carica presidenziale – un'eventuale vittoria nel 2024 potrebbe essere seguita da un'ulteriore candidatura nel 2028. Anche lo slogan adottato quest'anno dal partito repubblicano, sempre più arroccato sulle convinzioni di una destra intransigente, è passato dall'invocazione "Make America great again" (Rendi di nuovo grande l'America) alla preghiera "Save America!" (Salva l'America!) ovviamente dalla minaccia di estremismi di segno contrario. Nelle ultime settimane di una campagna elettorale sempre più arroventata, sono scesi in campo i big del bipartitismo USA, da Donald Trump che viene accolto con deliri di sostegno delle assemblee dei conservatori a Barack Obama che ha ancora lo stesso effetto sui democratici, malgrado il suo secondo mandato sia stato meno produttivo del primo, anche a causa della maggioranza repubblicana nel Congresso. La battaglia si combatte per ogni seggio in palio, governatoriale o assembleare che sia, in particolare negli Stati chiave per le prossime presidenziali. Gli interventi dei Governatori e delle assemblee statali possono infatti limitare l'affluenza alle urne, imponendo condizioni più difficoltose per la registrazione e l'esercizio del voto da parte di ampie fasce di cittadini. In questo modo, le cariche statali possono praticamente determinare il colore del voto dello Stato che guidano, nonché i risultati delle massime consultazioni politiche. In questo quadro, in cui ogni elettore conta davvero più del solito, ci chiediamo cosa e chi sceglieranno gli americani di origine italiana e i doppi cittadini. Negli Stati tradizionalmente a maggioranza democratica, come New York e la California, esprimeranno come sempre le loro preferenze valutando le capacità dei singoli candidati. Negli Stati del profondo Sud, come Texas e altri circonvicini, lo schieramento di partito avrà il sopravvento su ogni valutazione più approfondita. In gioco ci sono alcune questioni spinose, prima fra tutte la libertà di scelta delle donne, definitivamente minacciata dalla potenziale approvazione di una legge nazionale che proibisca l'aborto, in qualsiasi situazione, compreso lo stupro, l'incesto e il pericolo di morte della partoriente. Una tale legge cancellerebbe e si sostituirebbe alle legislazioni degli Stati che continuano a consentire la scelta da parte delle donne e sono ormai diventati centri di accoglienza di chi non può più godere di assistenza medica in questo campo nei propri luoghi di residenza. Come sempre, successi e sconfitte saranno determinati dalla partecipazione dei cittadini. Parecchi hanno votato anticipatamente nelle realtà territoriali che lo consentono. Molti non voteranno perché lavorano e le code ai seggi dopo la chiusura degli uffici sono troppo lunghe. Anche in America la partecipazione è andata calando vertiginosamente. Le nostre comunità non votano compatte e in maniera riconoscibile. Questa è una delle ragioni per cui la politica locale e nazionale è meno sensibile alle nostre richieste, malgrado il censimento del 2010 abbia verificato che negli USA vivono almeno 18 milioni di italiani o italodiscendenti, pari al 5.6% della popolazione totale. Vale la pena di ricordare che nel modulo del censimento non è più elencata come origine etnica quella italiana, quindi chi vuole rivendicare la sua discendenza deve scriverlo sull'apposita riga. Non tutti lo fanno. E anche questo porta a una sottovalutazione della nostra presenza, con le conseguenze negative che ne derivano. Domani sera saremo tutti davanti ai televisori per seguire lo spoglio delle schede e sapere il nome degli eletti in ogni Stato. Poi faremo le nostre valutazioni. Ai nostri lettori che vivono in USA rivolgiamo una sola esortazione: per favore, andate a votare. Fate sentire la vostra voce.