Un carro armato (depositphotos)

L'integrazione e la cooperazione dell'Ue nel campo della Difesa passano prima di tutto dalle infrastrutture, sia fisiche che digitali. Per questo la Commissione Europea ha presentato un piano d'azione sulla mobilità militare e sulla cyberdifesa. "Lo scenario è cambiato e noi dobbiamo adattarci", ha detto l'Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza dell'Ue Josep Borrell a Bruxelles. Il riferimento è alla guerra in Ucraina che ha portato il conflitto armato alle porte dell'Europa. Gli ingenti aiuti forniti dagli Stati membri alle forze di Kiev anche sotto forma di forniture militari hanno mostrato le carenze logistiche e infrastrutturali della mobilità coordinata a livello comunitario. Serve un cambio di passo, a detta di Bruxelles, che ha presentato il suo approccio alla presenza di Borrell ma pure della vicepresidente Margrethe Vestager, del Commissario al Mercato interno Thierry Breton e dell'omologa ai Trasporti Adina Valean. Perché, è il sottinteso, se la crisi peggiora o dovesse presentarsene una nuova, gli Stati membri dell'Ue devono essere pronti a un "rapido dispiegamento" di forze, senza incappare in ostacoli logistici, amministrativi o infrastrutturali.

"In Europa", ha detto Vestager, "abbiamo la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali. Ma per buone ragioni, non c'è libera circolazione dei militari. Dobbiamo assicurarci che quando si verifica una crisi, le forze armate degli Stati membri possano muoversi rapidamente. Che i ponti e le strade utilizzati per gli spostamenti quotidiani possano sostenere i mezzi pesanti dell'esercito. Che camion e container militari possano attraversare senza problemi i confini della nostra Unione. Questo vale per il personale militare, ma anche per le attrezzature".

Riferendosi al conflitto ucraino, la vicepresidente ha aggiunto che per "fare la differenza sul campo, le forze militari devono muoversi velocemente e non devono essere bloccate dalla burocrazia o dalla mancanza di infrastrutture adeguate. Questo è ciò che volevamo risolvere nel 2018 con il primo Piano d'azione per la mobilità militare. Ha portato molti miglioramenti, ma possiamo fare ancora di più, ad esempio digitalizzando le procedure per renderle più veloci e affidabili".

Il nuovo Piano per la Mobilità militare coprirà il periodo compreso tra il 2022 e il 2026 e mirerà prima di tutto a identificare le lacune infrastrutturali per poi procedere a una digitalizzazione dei processi amministrativi relativi alle processi logistici, una maggiore protezione anche informatica, sinergie con il settore civile in particolare nel settore marittimo e aereo nel supporto alla mobilità delle forze armate. Insomma affronterà le questioni che possano garantire il movimento rapido, efficiente e senza ostacoli di forze "potenzialmente su larga scala, compreso il personale militare e il loro equipaggiamento", sia a livello europeo che nel quadro Nato.

Ci saranno corridoi di trasporto multimodali, comprese strade, ferrovie, rotte aeree e vie navigabili interne con infrastrutture di trasporto a duplice uso in grado di gestire trasporti militari, oltre a nodi di trasporto e centri logistici per il supporto al Paese ospitante e di transito per facilitare il dispiegamento di truppe e mezzi. Il contesto però domina il nuovo Piano per la mobilità perché la guerra mossa dalla Russia all'Ucraina ha reso più urgente la preparazione a ogni evenienza. I corridoi a duplice uso della rete transeuropea (la famosa Ten-T del 2013) necessitano di ulteriori aggiustamenti. Al più presto Bruxelles intende estenderli alla Moldova e all'Ucraina. C'è poi l'annosa questione dei diversi scartamenti dei binari tra la rete europea e le aree orientali del continente, molte delle quali in passato hanno vissuto sotto la diretta influenza sovietica. Non solo in Ucraina e Moldova, ma anche nei Paesi Baltici, Finlandia e nella Penisola iberica tutt'oggi resistono binari con una distanza diversa da quella che vale in tutta l'Europa centrale. La Commissione ha in passato proposto misure per una progressiva migrazione delle linee su ferro diverse allo scartamento standard.

Del lavoro è stato svolto con il precedente piano mobilità ma ne serve ancora dell'altro. Finora si è cercato di far convergere lo sviluppo della rete Ten-t, per uso civile e commerciale, con la rete di trasporto militare. Ora gli sforzi dovrebbero concentrarsi sull'assicurare che l'infrastruttura possa essere utilizzata nel modo più efficace quando le forze militari devono spostarsi: "L'obiettivo è aumentare la capacità dell'infrastruttura e ottimizzarne l'uso, sia per scopi civili che militari. Ciò richiede un'elevata resilienza dell'infrastruttura, tecnologie di supporto e accesso all'energia, consentendo alle forze militari di spostare una capacità sostanziale con un preavviso molto breve.

Questo comporterà l'adeguamento delle vie di trasporto anche alle esigenze di rifornimento dei mezzi e quindi dovrà dotarsi di approvvigionamento sicuro e garantito di carburanti. Perché "quando si spostano forze su larga scala su lunghe distanze in tempi di crisi, è essenziale disporre di una scorta sicura di carburante disponibile lungo il percorso". Tutto passa da una attenta ricognizione del da farsi, e quindi "valutare in che misura l'infrastruttura fisica soddisfi i requisiti militari. Tale valutazione consentirebbe di identificare in quali regioni ci sono lacune e quali tipi di lacune", si legge nel piano varato da Bruxelles.

In caso di una nuova crisi, la risposta militare deve essere efficace ma soprattutto repentina. Serve, in altre parole, uno stress test sulle vie di trasporto, siano esse stradali, ferroviarie, marittime o aeree. Si tratta della parte più lunga e complessa del piano approvato dalla Commissione, ma dovrà essere accompagnato anche da un processo di digitalizzazione dei processi amministrativi e doganali, e da un potenziamento della logistica, quindi incluso l'immagazzinaggio come pure gli approvvigionamenti di carburante. Nei prossimi mesi ci saranno esercitazioni dal vivo, per testare la capacità di dispiegamento rapido delle forze militari.

Non è finita: l'Ue si propone anche di rafforzare la Cyber Difesa, attraverso la cooperazione tra le varie "divisioni militari degli Stati membri e tra settore pubblico e privato". Dal punto di vista pratico si propone la creazione di un Centro di Coordinamento per la Cyber Difesa Ue nonché di una rete operativa per i milCERT (squadre di pronto intervento informatico), denominata MICNET; sviluppare e rafforzare la Conferenza dei comandanti informatici dell'Ue; stabilire un meccanismo per istituire gradualmente una riserva informatica a livello Ue con servizi di fornitori privati fidati e creare una Cyber-Accademia per formare il personale, che scarseggia.

Come per le infrastrutture fisiche, anche per quelle informatiche l'Ue ha un bel gap da colmare. "La verità è che la cooperazione europea sul Cyber è tutta da costruire", spiega un alto funzionario europeo. "E nemmeno la Nato è più avanti dell'Ue".