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di Carlo Renda

Siamo 8 miliardi ad abitare la Terra. Per chiarezza, non sa davvero nessuno se sia effettivamente così, ma in un gioco di modelli previsionali e algoritmi a stimare il traguardo demografico sono le Nazioni Unite, che fissano inoltre come imminente il sorpasso dell'India alla Cina come paese più popoloso del mondo: insieme ospitano ormai circa il 35% degli abitanti del pianeta.

Il grande balzo da Napoleone a Modi - Ci sono voluti centinaia di migliaia di anni prima che la Terra fosse abitata da un miliardo di persone: un lasso di tempo che va dalle prime tracce dell'Homo Sapiens fino all'incoronazione di Napoleone come Imperatore di Francia, nel 1804. Da allora la Terra ha subito un progressivo shock demografico. Nel corso del ventesimo secolo la popolazione è passata da 1,6 miliardi nel 1900 ai 6,1 miliardi nell'anno 2000. Dopo undici anni, il traguardo dei 7 miliardi è stato raggiunto nel 2011, con Barack Obama presidente americano e Vladimir Putin in pausa presidenziale – era primo ministro per raggiunto limite di mandati e aveva parcheggiato Dmitrj Medvedev al Cremlino – mentre Xi Jinping era il vice di Hu Jintao – per intenderci, quello portato a braccia fuori dall'ultimo Congresso del Partito Comunista Cinese.

Altri undici anni dopo, 15 novembre 2022, il traguardo degli 8 miliardi di abitanti. Si tratta di stime, perché i censimenti mondiali non sono aggiornati. Proiezioni che tengono conto ovviamente anche del mancato aggiornamento dei censimenti in molti paesi del mondo e della complessa registrazione dei decessi di alcune epidemie, in particolare della pandemia di Covid-19 che ha raggiunto ogni angolo del pianeta.

Un traguardo frutto del progresso umano in termini di accesso all'acqua potabile, al cibo, al miglioramento nella prevenzione delle malattie, nell'assistenza sanitaria, nei servizi igienici, alla drastica contrazione dei casi di mortalità infantile. In questa fase storica, questi fattori incidono più di altri che invece minacciano la prosecuzione del trend demografico: l'inquinamento, il cambiamento climatico, il consumo del suolo, le minacce alla biodiversità, alla fauna selvatica, alle riserve idriche, alla sicurezza alimentare. "Dovremmo comunque essere ottimisti – dice Patrick Gerland del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite – la storia dice che il mondo è riuscito ad adattarsi e a trovare le soluzioni ai problemi". Tuttavia, "mantenere lo status quo e non fare nulla non è un'opzione. Che ci piaccia o no, i cambiamenti accadranno e la situazione non migliorerà da sola. Servono interventi subito e in futuro". Anche perché tutto questo avrà un impatto fortissimo sulle migrazioni.

La crescita demografica rallenta, il clima complica le previsioni - Guardare alle tendenze demografiche non è un'operazione semplice, soprattutto per quanto concerne il calcolo dell'impatto del climate change. Quando in questi giorni si osserva con inquietudine ai mancati progressi di Cop27 in Egitto, si registra praticamente il ritardo con cui l'uomo sta reagendo al riscaldamento del pianeta. Il clima che cambia potrebbe rendere inabitabili aree del pianeta popolatissime, come il Sahel, il Medio Oriente, l'India, altre aree potrebbero subire le conseguenze dell'innalzamento dei mari o delle più frequenti inondazioni, con effetti soprattutto sulle risorse idriche e sulla sicurezza alimentare. Senza considerare l'insorgere di nuovi virus che si diffondano pericolosamente nel mondo. Questa situazione potrebbe incidere drasticamente sugli spostamenti delle popolazioni nel mondo.

Quello che è certo è che la crescita demografica rallenta. Nel 2020 il tasso di crescita della popolazione mondiale è sceso sotto l'1% annuo per la prima volta dal 1950. Si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi entro il 2037, poi un picco a 10,4 miliardi nel 2080 per poi ristagnare a fine secolo. Alcuni anni fa l'Onu aveva stimato che nel 2100 la popolazione mondiale potesse aumentare fino a 11 miliardi, poi ha rivisto al ribasso le previsioni. Di certo avverrà con spaventosi squilibri geografici. La crescita demografica sarà concentrata per oltre la metà in 9 Paesi: in Africa Egitto, Etiopia, Repubblica democratica del Congo, Nigeria e Tanzania; in Asia India, Pakistan e Indonesia; e negli Stati Uniti.

Hans Rosling, un medico e accademico svedese, ha affermato che l'attuale codice pin nel mondo è 1114 - 1 miliardo di persone nelle Americhe, in Europa e in Africa e 4 miliardi in Asia – mentre nel 2050 il codice sarà 1145 - 1 miliardo di persone nelle Americhe e in Europa, 4 miliardi in Africa e 5 miliardi in Asia. La vera incognita dei modelli previsionali riguarda quello che avverrà in Africa. È certificato che un maggiore investimento nell'istruzione riduce il tasso di fertilità, in qualsiasi parte del mondo è così. Inoltre minore è il tasso di fertilità, maggiore è il tasso di benessere dei bambini. Ci sono realtà, come quella nigeriana, che vedono un boom incontrollato: la Nigeria raddoppia ogni 30 anni la popolazione, con un tasso di crescita annuo del 2,5%.

La Cina si europeizza: pochi figli e la popolazione invecchia

La prospettiva che per decenni ha preoccupato la Cina – oggi 1,42 miliardi di abitanti - era l'esplosione incontrollata della popolazione. Per questo è stata imposta una rigida politica del figlio unico, introdotta nel 1980 e mantenuta fino a pochi anni fa. Anche di recente, però, nonostante Pechino abbia consentito alle coppie di avere fino a tre figli e il governo sia al lavoro per rimettere in sesto il tasso di natalità, le famiglie non si sono ripopolate. Nel 2021 il tasso di fertilità cinese era inferiore allo standard Ocse e tra i più bassi del mondo, anche meno di quello degli Usa. Le nuove nascite in Cina dovrebbero toccare il minimo storico, dai 10,6 milioni del 2021 (che già scontava una flessione a due cifre rispetto all'anno precedente) ai 10 milioni del 2022. Agevolazioni fiscali, bonus, congedi di maternità, assicurazioni mediche, contributi per la casa, non stanno imponendo un cambio di rotta.

Reuters intervista uno uomo cinese di 39 anni, Tang Huajun, sviluppatore di software: ha un solo figlio, di due anni, vive alla periferia di Pechino e non pensa che darà un fratellino o una sorellina al piccolo. Spiega che molti dei suoi amici e conoscenti hanno un figlio solo, i giovani cinesi sono ancora meno propensi a mettere su famiglia. Un freno arriva dal costo da sostenere per mantenere un figlio, tanto più dal momento in cui la Cina è diventata una società ad altissima mobilità interna: sempre più coppie vivono lontano da dove sono cresciute e non possono quindi contare sul sostegno dei nonni. E ancora, concorrono i bassi salari e gli orari di lavoro lunghi, le minori prospettive di lavoro per i giovani. Un ulteriore freno si stima che possa derivare dal biennio della pandemia e dalla strategia zero Covid. Certamente la crescita a ritmi insolitamente bassi della Cina non aiuta.

"La Cina prevedeva di raggiungere il picco di popolazione nel 2028, il fatto che l'abbiano già raggiunto è un cambiamento molto grande" afferma Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, al Guardian, "i cinesi stanno affrontando una contrazione della popolazione che è di gran lunga maggiore di qualsiasi altra situazione analoga vissuta dal Giappone o dalla Corea del Sud, e la affronteranno poiché sono ancora solo un'economia a reddito medio, è una sfida enorme per loro".

La prospettiva che oggi preoccupa più la Cina è l'invecchiamento della popolazione. La percentuale di over65 è attualmente pari a circa il 13%, ma è destinata ad aumentare a grande ritmo. E l'effetto è quello che registriamo da tempo in Italia, una contrazione della forza lavoro e un aumento della popolazione pensionistica, con il rischio di insostenibilità per le finanze pubbliche.

Sorpasso dell'India: un dividendo o un disastro demografico? - La freccia è stata inserita e l'India è in corsia di sorpasso sulla Cina. Oggi in India vivono 1,41 miliardi di abitanti, ma nel 2023 diventerà il Paese più abitato al mondo – con quattro anni di anticipo rispetto alle previsioni fatte appena tre anni fa – e poi prenderà il largo. La proiezione nel 2050 vede oltre 1,6 miliardi di indiani contro 1,3 miliardi di cinesi, mentre un quarto della popolazione sarà africana.

A fine 2021 il Governo di Narendra Mori ha detto che il tasso di fertilità è sceso sotto la soglia di due figli per donna, sotto il replacement level, ma si sta abbassando notevolmente il tasso di mortalità – l'aspettative di vita in India è salita a 67 anni - e la popolazione aumenta. L'India ha una popolazione giovane, un'età media di 28,5 anni, con metà degli indiani che non arriva ai 38 anni. Il Governo di Narendra Modi aveva anche proposto un disegno di legge per il controllo delle nascite, ma l'ha dovuto ritirare per l'opposizione interna al suo partito. D'altro canto fa parte della narrazione di Modi l'idea dell'India ancora più potente perché più popolosa. Quello che viene chiamato il dividendo demografico, che alimenterebbe la rapida crescita economica e lo sviluppo dell'India. L'India è la sesta economia del mondo, ma ha un ritmo di crescita che la proietta al terzo posto nell'arco di una decina di anni. "Il dividendo demografico non si ottiene automaticamente, perché quel grande gruppo di giovani in età lavorativa ha bisogno di un lavoro e deve essere produttivo", afferma Stuart Gietel-Basten della Khalifa University di Abu Dhabi. L'incremento demografico di per sé non porta ricchezza, in altre parole, ma sarà cruciale la capacità di offrire lavoro a tutta questa popolazione in età lavorativa: può portare a un forte sviluppo come in Corea del Sud oppure a povertà e disordini come in Tunisia.

C'è chi smonta la retorica del dividendo per parlare piuttosto di un disastro demografico, per la mancanza in India di un grande settore manifatturiero ad alta intensità di manodopera in grado di assorbire masse di lavoratori in espansione. Preoccupa inoltre la progressiva urbanizzazione della popolazione: una città come Mumbai è cresciuta di 8 milioni di persone in 30 anni, ora è abitata da 20 milioni di persone ed entro il 2035 saranno 27 milioni. Una sovrappopolazione che già oggi la megalopoli non riesce a gestire in termini di politiche per la casa, i rifiuti, i trasporti, l'acqua, i servizi igienici, la salubrità dell'aria. E l'India dovrà tenere conto di alcune specifiche peculiarietà nazionali: l'inquinamento soffocante, il caldo torrido d'estate, la scarsità di acqua da bere e l'abbondanza dell'acqua che arriva ogni anno da eventi meteorologici estremi. Ancora, la divisione nord-sud, con l'incremento demografico che è pompato dagli stati del nord, Bihar e Uttar Pradesh. Nei prossimi 15 anni l'uomo medio del Tamil Nadu nel sud indiano avrà 12 anni in più di quello del Bihar. Dividendo o disastro, se è certo che il flop demografico porterà alla depressione diverse aree del mondo, non è altrettanto vero che il primato demografico basterà a regalare all'India quella grandezza a cui ambisce.

"La popolazione del nostro pianeta ha superato una nuova soglia — ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres a Cop27 — Questa pietra miliare mette nella giusta prospettiva il significato di questa conferenza sul clima. Come risponderemo quando il "Bambino 8 miliardi" sarà grande abbastanza da chiedere: "Cosa avete fatto per il nostro mondo – e per il nostro Pianeta – quando ne avevate la possibilità?".