di Franco Esposito

Rigurgiti di eversione nera, quattro arresti. Sgominati i vertici dell'Ordine di Hagal. Custodivano in casa armi da guerra, erano "pronti alla strage, avevano scelto anche gli obiettivi, colpire i carabinieri". Sequestrate armi e materiale di propaganda. Bersagli individuati dagl eversori, gli ebrei, gli omosessuali, i vaccini. 

Il blitz ad Avellino, nella libreria di Freda, in passato condannato per associazione sovversiva. Il gruppo progettava attentati eclatanti. Da kamikaze, contro i carabinieri della caserma di Marigliano o all'interno di un centro commerciale alle porte di Napoli. Fanatici e punto i potenziali attentatori, quattro presunti esponenti di un gruppo neozista? Erano – sono – molto di più e facevano molto di più: confezionavano munizioni e operavano in modo strategico. Attraverso un indottrinamento di alto profilo. 

Ipotesi che hanno spinto il gip di Napoli, Federica De Bellis, ad accogliere le richieste di arresto a carico di presunti esponenti di una cellula di estrama destra, di stampo nazista, conosciuto come Ordine di Hagal, vicino alla cellula nazista ucraina dell'Ordine di Azov. L'inchiesta condotta dai pm Atonello Ardituro e Claudio Onorati ha veicolato verso il carcere il presidente dell'associazione Ordine di Hagal, Maurizio Ammendola, 43 anni, il vice presidente Massimiliano Marano, 46 anni, e Gianpiero Testa, 25 anni. Intercettato mentre medita propositi di guerra nei confronti della caserma dei carabinieri di Marigliano. 

Antonio Bocelli, capo della Digos, ha ordito la tela di un'indagine minuziosa. Ma alla fine è riuscito a evitare gli arresti un personaggio di spessore internazionale. Anton Radomoskyy, ucraino di ventisette anni, formalmente domiciliato a Marigliano presso l'abitazione paterna. Radomoskyy è tuttora irreperibile, probabilmente è riuscito a tornare in Ucraina. 

Gli inquirenti contestano a Radomoskyy "compiti esecutivi nell'ambito dell'organizzazione, come l'addestramento militare degli associati e il reclutamento. Il gruppo era sotto osservazione degli inquirenti dal 2019. Le intercettazioni sono emerse in chat sul canale Protocollo 4 di Telegram. Dove circolano manuali per il confezionamento di armi, saggi revisionisti sull'Olocausto, scritti eversivi per la realizzazione del nuovo Ordine mondiale. 

É apparso subito chiaro lo stampo neoazista. L'organizzazione è di carattere verticistico, organizzata in cinque livelli. Più alto era il livello gerarchico e più gli adepti che ne facevano parte erano a conoscenza del progetto dell'organizzazione. Ovvero, la propaganda di ideologie naziste "contro la religione ebraica, negando la Shoah e l'importanza dei vaccini". Messi nel mirino da un blitz della Digos, i leader napoletani dell'Ordine di Hagal della cellula di Napoli e Caserta si sarebbero trasferiti all'estero per partecipare agli addestramenti. 

In particolare per i combattimenti "corpo a corpo" con la tecnica israeliana "Krav Magà". Per queste attività gli aspiranti combattenti avrebbero goduto anche di un diploma. Si tratta infatti di attivisti preparati sotto il proflio atletico e fisico. Al punto di mettere insieme corsi di "sopravvivenza estrema". Sarebbero inoltre emersi contatti con fazioni naziste "Il Battaglione Azov, Misantropya Division, Centuria". 

I sequestri effettuati hanno riguardato armi bianche e pistole repliche di quelle vere, "materiale propagandistico, libri sul suprematismo bianco e su Benito Mussolini, indicato nella chat come "padre della Patria e dell'arianesimo italiano". Rivenuti anche libri su Hitler. Blitz e perquisizioni a Treviso e ad Avellino, dove la Digos si è interessata ad una libreria del centro, il cui titolare è Franco Freda. Proprio lui, l'estremista in passato coinvolto nelle indagini sulla strage di piazza Fontana, poi assolto. Freda non è indagato. 

Durante l'ispezione in libreria sarebbe emerso materiale utile all'indagine. Perquisito anche Fabio Colarossi, 36 anni, residente a Roma. Avrebbe spedito materiale e informazioni a contenuto apolegetico di nazismo e fascismo ai suoi corrispondenti campani. 

L'allarme vero e proprio l'ha sollevato il presunto progetto di far far saltare in aria un grande centro commerciale alle porte di Napoli. Radomoskyy e Testa ne parlano a proposito dell'uso di una granata. Un progetto sanguinario, di inaudita violenza. Tanto che Testa è costretto a bloccare l'ucraino. "Non dire queste cose al telefono...". Ignaro che la Digos, con le sue inercettazioni ambientali, aveva già raccolto un'infinità di materiale in possesso dei neonazisti vicini di casa. Gli eversori della porta accanto.