di Carlotta  Scozzari

Il dossier dell'ex Alitalia, oggi Ita Airways, riparte da zero col governo di Giorgia Meloni. Confermando così quella che sembra essere ormai una regola: ogni governo italiano che si rispetti, che sia tecnico, politico, di destra, di centro o di sinistra, a un certo punto si trova a fare i conti con il problema della ex Alitalia, che non pare mai essere risolto una volta per tutte. Lo stesso ex presidente del Consiglio, Mario Draghi, aveva immaginato di chiudere la questione Ita nei giorni finali del suo esecutivo, ma non ce l'ha fatta. Se, infatti, l'ex governo aveva inserito la compagnia aerea in un canale di trattative riservate che avrebbe dovuto condurla verso il fondo americano Certares, alleato con Delta e Air France, l'escutivo Meloni ha deciso di riaprire i giochi. Una mossa che ricalca per molti aspetti quella decisa nel 2008 da Silvio Berlusconi, allora permier e oggi all'interno della coalizione di governo. E, in questa fase, il principale interlocutore per la vendita delle quote oggi in mano al ministero dell'Economia sarebbe il gruppo tedesco concorrente Lufthansa.

Stando alle ultime indiscrezioni, riportate il 18 novembre dal Corriere della Sera, la compagnia tedesca sarebbe stata l'unica a ottenere dal Tesoro l'accesso ai dati (in gergo finanziario "data room") di Ita. Al suo fianco non figurerebbe Msc, con la quale fino a poco tempo fa Lufthansa si era mossa in cordata. E in ballo non ci sarebbe nemmeno Certares, che tuttavia aveva già avuto accesso, con Air France e Delta, alle informazioni che necessitava. In ogni caso, in base a quanto si apprende, almeno formalmente le cordate in corsa per la ex Alitalia sono tre: Lufthansa con Msc, Certares con Ita e Delta, e Indigo Partners, ossia il fondo di Wizz Air. In questo scenario, il fondo americano sembra essere in attesa di una chiamata o un cenno dal nuovo governo, al quale non ha ancora potuto presentare la propria offerta per l'ex Alitalia. Dal canto loro, i nuovi inquilini di Palazzo Chigi appaiono più orientati a una soluzione che coinvolga il più possibile un partner industriale. Da qui una possibile preferenza nei confronti di Lufthansa. Una predilezione che il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, non ha mai celato, nemmeno quando guidava lo Sviluppo economico nel governo Draghi. Ciò anche in virtù di una possibile maggiore attenzione a Malpensa da parte del gruppo tedesco, a cui fa gola soprattutto la clientela "business" dell'area del nord Italia, da indirizzare su Monaco o Francoforte.

A seguire da vicino il dossier Ita sarebbe Meloni in persona. Non a caso, è a lei che si riconduce buona parte del recente rinnovo del consiglio di amministrazione: presidente con deleghe sulla privatizzazione è Antonino Turicchi, Fabio Lazzerini è amministratore delegato e direttore generale, e gli altri amministratori sono Gabriella Alemanno (sorella dell'ex sindaco di Roma, Gianni), Frances Ouseley e Ugo Arrigo. Proprio l'ingresso nel cda del docente dell'università di Bicocca di Milano, grande esperto di Alitalia e più orientato a un approccio liberista aperto a soluzioni di mercato, sembra rendere un po' meno attuale il disegno che aveva in mente ancora all'inizio di settembre Fabio Rampelli, esponente di Fratelli d'Italia oggi vicepresidente della Camera. "Riteniamo che lo Stato italiano debba restare nel capitale (di Ita) in posizione di maggioranza" aveva dichiarato Rampelli, intervistato da HuffPost.

Tante ipotesi, in ogni caso, sembrano essere ancora in gioco. Se, però, effettivamente l'opzione Lufthansa fosse quella più credibile, potrebbe andare in onda il "remake" di un film già visto, che ha per protagonista un governo italiano di centrodestra che chiude la porta ad Air France, rovinando i piani dell'esecutivo precedente. La mente corre subito al 2008, quando l'allora neo premier Berlusconi, sconfessando l'operato del suo predecessore nonché storico rivale Romano Prodi, fece saltare il banco con il gruppo francese per dare vita alla cordata dei famosi "capitani coraggiosi" guidati da Roberto Colaninno e da Corrado Passera (all'epoca alla guida di Intesa Sanpaolo). Da allora, l'economista ed esperto di Alitalia, Andrea Giuricin, calcola che lo Stato abbia versato circa 10 miliardi per il vettore. Intanto, Ita, dal 15 ottobre del 2021 al 30 giugno del 2022, ha perso almeno 470 milioni. Mentre all'inizio di novembre l'assemblea straordinaria dei soci, e quindi il Tesoro, ha varato un aumento di capitale da 400 milioni, risorse che dovrebbero entrare nelle casse della società entro la fine del mese. La sensazione è che in estate il business sia andato bene e anche per l'ultimo trimestre molti manager del settore sono fiduciosi. Le difficoltà per le compagnie aeree potrebbero arrivare nel 2023, con una recessione che sembra alle porte. A detta di Giuricin, "la compagnia aerea da sola non regge un mercato complesso come quello post Covid. Le perdite lo dimostrano. Per questo dovrebbe entrare in qualche grande gruppo: per potere affrontare la concorrenza forte e complessa da parte degli altri vettori". E se il prescelto sarà Lufthansa lo scopriremo a breve. A meno che, invece, il governo Meloni non confermi la vecchia legge secondo la quale risolvere il rebus Alitalia è praticamente impossibile.