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di Sabina Licci

ROMA - Un super food nutriente in grado di dare un tocco di mare a tavola, amico dell'ambiente, con un'intera economia da costruire che in Italia potrebbe valere 1 miliardo di euro.

Le alghe stanno vivendo il loro momento di gloria, passando da minaccia per la pesca a risorsa grazie all'allevamento.

Una filiera quella dell'algocoltura dall'alto valore potenziale, come fa sapere all'ANSA Fedagripesca-Confcooperative, che parla di un settore tutto da sviluppare che a oggi conta appena una decina di aziende che operano per lo più nella trasformazione del prodotto. Un grande mercato anche alla luce deli svariati impieghi di alghe, microalghe e spirulina, dalla gastronomia -a New York arriva il bacon alle alghe- alla farmaceutica, passando per la mangimistica, i biocarburanti, i cosmetici, la depurazione delle acque reflue, fino alla produzione di fertilizzanti e di fibre e tessuti anche per lettini da spiaggia. E se gli chef stellati da anni le sperimentano in cucina per piatti gourmet, ora anche i siti di cucina propongono un impiego casalingo di queste vere e proprie 'verdure di mare' nella versione essiccata e venduta in polvere, per insaporire con un brio marino piatti come paste, risotti ma anche zuppe o insalate.
A frenare il consumo di alghe in Italia è una questione culturale che supera i benefici poco conosciuti. Alcune specie sono antibatteriche, antimicotiche e antivirali, altre eliminano le tossine e danno energia. Rispetto agli ortaggi, sono molto più ricche di proteine, sali minerali e oligoelementi fra cui lo iodio. Ma le cose stanno cambiando visto che un sondaggio Fedagripesca sul novel food, rivela che 8 italiani su 10 preferiscono piatti a base di alghe piuttosto che di insetti.
Si tratta comunque di una filiera su cui l'Ue vuole scommettere e che oggi vale complessivamente 1,69 miliardi di euro, con 447 impianti di produzione. Grazie ad aiuti previste dalla Commissione è stimata una crescita del settore fino a 9 miliardi nel 2030, con 85 mila nuovi posti di lavoro e una riduzione di emissioni equivalente a 5,4 milioni di tonnellate di CO2 l'anno.
In cantiere anche progetti pilota per il riorientamento professionale, dove si potrebbero inserire anche i pescatori. E in questo senso si muove la ricerca. "Ci sono diversi studi in corso, in particolare nell'Alto Adriatico per la valorizzazione delle alghe oggi eliminate dai pescatori come scarto; - spiega Valentina Tepidino, medico veterinario e direttore di Eurofishmarket - il trattamento prevede l'essiccazione attraverso una tecnologia italiana brevettata a basso impatto ambientale, che consente di preservare intatto il profilo degli acidi grassi; poi avviene l'estrazione delle molecole ad alto valore aggiunto con tecniche green e innovative da destinare al settore farmaceutico o alla mangimistica animale". Resta soprattutto appannaggio delle alghe allevate l'impiego per uso alimentare umano, visto che quelle catturate accidentalmente o eliminate dalle lagune per le loro caratteristiche organolettiche e per i tempi di raccolta, spesso quando già sono sfiorite, rendono difficile questo impiego.