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DI BRUNO TUCCI

Calcio mondiale. A Doha finalmente si parlerà solo e soltanto di calcio?

Doha, come ormai tutti sanno, è la capitale dello stato del Qatar dove si svolgono i campionati del mondo.

Torneo cominciato fra le polemiche ancora prima dell'inizio del torneo. Si diceva che la FIFA (la Federazione che dirige il football internzionale) aveva "venduto" i diritti a quel Paese solo per evidenti scopi economici.

Due soprattutto le critiche. Primo: il caldo che avrebbe soffocato gli atleti. Secondo: l'interruzione per due mesi dei campionati nazionali in un periodo assai delicato del torneo. Il braccio di ferro finisce qui? Nemmeno per sogno: riprende subito anche prima del calcio d'inizio. A menar la danza sono i calciatori iraniani che si rifiutano di cantare l'inno creando un grandissimo scalpore a livello mediatico. Difendono così i diritti civili che nel loro Paese latitano, in primis con le donne, accusate talvolta di non mettere il velo come si dovrebbe. Hanno ragione da vendere; sta di fatto però che il calcio passa in second'ordine spazzato via da un problema assai più grande.

Dopo l'Iran ecco i giovanotti tedeschi che dopo aver cantato l'inno si fanno fotografare con la bocca tappata, come a dire che è proibito nel mondo di parlare di certi scandali che hanno un denominatore comune. A seguire, ecco protestare all'unanimità i capitani di ogni squadra perché è stato loro vietato di portare al braccio la fascia che li vuole in campo "primus inter pares", una fascia particolare con l'arcobaleno, indice della pace nel mondo.

Insomma, le polemiche politiche internazionali hanno dato "un calcio al calcio" dominando sulle prime pagine di tutti i giornali, radio e tv comprese.

Ora, si è agli ottavi di finale, il campionato sceglie le prime compagini del mondo e ci si augura che i Palazzi non intervengano più a cancellare lo sport più bello del mondo.

In Italia si guarda con grande delusione all'evento del Qatar perché gli azzurri, per la seconda volta, non sono entrati a far parte dell'elite mondiale. Relegati al di fuori della competizione anche tra i preliminari del torneo.

Come mai si chiederà qualcuno? "Colpa della globalizzazione", rispondono in molti. In Italia ogni squadra ha sei o sette (se non otto o nove) calciatori stranieri che fanno parte della "rosa" che andrà in campo. Stando così le cose, si può pensare di costruire una compagine degna di questo nome?

Assolutanente no, perché i giovani non hanno la possibilità di farsi valere e conoscere per poi essere convocati dal commissario tecnico, e cioè dall'allenatore che guida gli azzurri.

Insomma, tornando al Qatar, si spera da adesso in poi di parlare di Messi e di Ronaldo invece che di Putin o Xi. E' tanto vero quel che scriviamo che domenica scorsa in una trasmissione curata da Lucia Annunziata (dove si parla sempre e quasi esclusivamente di politica) è entrato di prepotenza anche il mondiale del Qatar.

Una eccezione, potrebbe pensare qualcuno, Niente affatto perché la bravissima giornalista ha affrontato il tema da un punto di vista politico con le grandi polemiche che abbiamo riportato.

A dirla tutta, c'è una pandemia vera e propria di contese e divisioni a livello mondiale. Si può lasciare il " campo al campo" per godersi uno spettacolo che ha pochi rivali a livello sportivo? In parole povere, si polemizzi e ci si divida in Europa e nel mondo, però uno spazio consistente concediamolo allo sport senza creare quei contrasti che fanno male a tutti.