DI STEFANO GHIONNI

Inutile girarci intorno: nei salotti del potere di Roma, del destino e della dignità degli italiani all'estero non conta niente a nessuno. La dimostrazione è stata la risposta data all'interrogazione parlamentare Roberto Menia che in pratica ha detto che le ultime elezioni sono state regolari. Quando si sa benissimo che non è andata affatto così. Insomma, un altro bello schiaffone per i sei milioni di connazionali che vivono al di fuori del BelPaese e un chiaro messaggio ricevuto: se volete votate fatelo... alle nostre condizioni. Ossia poca chiarezza che fa il gioco di partiti, partitini, comitati e consolerie che in pratica hanno avuto la conferma di poter fare il bello e il cattivo gioco, dato che la politica ha dato un segnale chiaro, ma nello stesso tempo losco: cari traffichini, andate avanti tranquilli. Ma si può andare avanti di questo passo? Si può pensare che la vicenda legata al presidente del Comites Aldo Lamorte (che ha spiegato in un video come si votava avendo in mano una cartella elettorale intestata a una donna la quale a sua volta ha detto di non essere mai entrata in possesso della stessa tessera) sia una cosa normale? Perché gli italiani all'estero devono essere trattati come cretini e assuefarsi a sistemi di votazione che puntualmente fanno registrare falle ovunque ovviamente rendendo non veritiero il responso delle urne? Ma per fortuna, stiamo parlando di persone non cretine che difatti si sono rese conto di come ci siano stati brogli elettorali; basti pensare all'oramai famigerato caso Cario. Il risultato? Disaffezione. Tanta disaffezione verso una politica che fa di tutto per farsi non tanto odiare, ma proprio schifare. Scusate il termine, ma quando ci vuole ci vuole. E allora non stupiamoci più se gli italiani all'estero che vanno al voto sono sempre di meno. Si tratta, in pratica, già di una risposta molto precisa: dimenticatevi di noi.