Spid (dal sito del governo)

di Silvana Mangione

...dicevano i gestori delle giostre per i bambini. Vale a dire, se vuoi rimanere sul cavalluccio di legno che ondeggia su e giù, devi pagare pedaggio un'altra volta. Partiamo dall'inizio di una storia tipicamente italiana, che riguarda la nostra identità pubblica e funzionale e si riassume come segue: malgrado si sia trovata con lo SPID la soluzione elettronica a un problema di snellimento delle procedure, il Governo entrato in carica il 25 ottobre scorso ne propone la cancellazione, sia pure graduale, per sostituirlo con un'altra forma di registrazione elettronica. A partire dal 15 settembre 2015, tutti i cittadini italiani hanno potuto registrarsi allo SPID, che è il "Sistema Pubblico di Identità Digitale che permette a cittadini e imprese di accedere a servizi online della Pubblica Amministrazione, e dei privati aderenti, utilizzando un'identità unica". Questo dice il sito ufficiale del Governo dedicato allo SPID.

Per ottenerlo sono necessari un documento di identità, il Codice fiscale (o la tessera sanitaria che gli iscritti all'AIRE non hanno), un indirizzo di posta elettronica (che molti cittadini diversamente giovani non hanno), un telefono cellulare "anche straniero". Il sito prosegue affermando che il procedimento di registrazione è formalmente gratuito, "fatta eccezione per alcune modalità di riconoscimento che potranno essere a pagamento", perché il rilascio di username e password personali dello SPID è subordinato a un processo di identificazione da parte di un gestore di identità (Identity Provider). Già questo crea qualche legittimo dubbio sulla protezione della propria identità da parte di enti estranei, tutti certamente correttissimi, ma tutti operati da esseri umani che non sempre si comportano come dovrebbero se è possibile ricavarne un compenso, magari sottobanco, come stiamo vedendo nel Qatargate.

Gli elenchi di indirizzi elettronici di potenziali clienti sono il cibo quotidiano più agognato da imprese e ditte di ogni genere, ancor più dallo scoppio del COVID quando tutti noi, costretti agli arresti domiciliari per pandemia, abbiamo comprato pressoché tutto da remoto e ce lo siamo fatto consegnare alla porta di casa. Il 10 settembre del 2018 l'Unione Europea ha ufficialmente riconosciuto lo SPID, che l'Italia ha reso obbligatorio dal 1° ottobre 2021. Il sito comunica che si sono già registrati 33 milioni di italiani, residenti sia in Italia che all'estero. Aver codificato, in più di 7 anni, soltanto 33 milioni di cittadini, su un totale di circa il doppio, non è certamente un successo. Al contrario dimostra quanto il meccanismo sia ostico da applicare urbi et orbi, malgrado la sua inoppugnabile utilità. Bisognerebbe dunque dare sùbito il via a una "campagna acquisti" per registrare gli altri 30 milioni o giù di lì. Questo suggerirebbe la logica delle cose. E invece no.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega all'innovazione tecnologica, Senatore Alessio Butti (Fratelli d'Italia) propone di "spegnere gradualmente" lo SPID per passare a una Carta d'Identità Elettronica come unica identità elettronica dei cittadini. Da almeno 2 legislature – e non ricordiamo quanti Governi – gli italiani residenti fuori d'Europa sono andati invocando l'erogazione della CIE da parte dei consolati nel mondo extraeuropeo. Ma a causa della mancanza di personale, che determina una già insufficiente erogazione di servizi, non se ne è fatto nulla. Per cui soltanto i cittadini residenti in Italia e nel resto d'Europa godono di un'identità digitale espressa sia dalla CIE che dallo SPID. Per loro si tratterebbe quindi di un passaggio del tutto indolore e privo di complicazioni. Non così per gli extraeuropei.

In una sua dichiarazione, alla festa per il decennale della nascita di Fratelli d'Italia, il Senatore Butti ha esternato questa sua proposta, che ha poi confermato, fra l'altro, in una lettera al Corriere della Sera. "Stiamo lavorando sulla base di questa idea," ha detto, "Non vogliamo eliminare l'identità digitale, ma averne solamente una, nazionale e gestita dallo Stato (proprio come quella che gli italiani portano nei loro portafogli dal 1931). Stiamo sondando le necessità di tutti gli stakeholder coinvolti. I primi esiti dei nostri colloqui sono incoraggianti e li puntualizzeremo nei prossimi mesi con estrema trasparenza". E la ragione sarebbe: "Vogliamo fare questo per semplificare la vita in digitale dei nostri cittadini, per aumentare la sicurezza (perché più credenziali e strumenti di accesso significano più rischi), per rendere più accessibili i servizi digitali e, infine, per risparmiare (perché lo SPID ha un costo per lo Stato)".

E ancora: "La Carta d'Identità Elettronica è un'identità digitale equivalente e sotto diversi profili migliore rispetto allo SPID. Vorremmo lavorare per assicurare il rilascio della CIE da remoto, a costo zero e in 24 ore, e per garantirne l'usabilità, attraverso soluzioni semplici almeno quanto lo SPID". Poi, un'affermazione che potrebbe rivelarsi preoccupante: "Nei prossimi mesi occorrerà coinvolgere i fornitori di identità digitale. Un'idea potrebbe essere chiedere loro un supporto alla migrazione da SPID a CIE, favorendo una transizione negoziata tra i due sistemi".

A costo zero? Con il coinvolgimento in prima persona degli Identity Provider? Detto in inglese sembra qualcosa di diverso da enti e ditte che forniscono tecnicamente l'identità digitale e si sono fatti pagare dai singoli per garantire lo SPID. Nessuno può lavorare gratis, chiunque deve essere pagato per le attività che pone in essere per altri. Non capiamo nemmeno perché, a detta del Senatore Butti, lo SPID abbia un costo per lo Stato e la sua sostituzione con la carta d'identità elettronica non richieda spese di alcun genere né nell'erogazione né nella successiva gestione. Chiaro è, comunque, che anche il solo studio di realizzazione di questo passaggio avrà notevoli costi di tempo e onorari e salari degli addetti e, prima di beneficiare tutti noi, pagherà il pane quotidiano di tutti coloro che se ne occuperanno. Ma l'entità di queste spese non è conosciuta. Domanda: che dietro a questo progetto si nasconda anche la volontà di usare la CIE per il voto elettronico degli italiani all'estero, che in questo modo perderebbe tutti i requisiti di segretezza? A pensar male si fa peccato. Vuol dire che andremo a confessarci prima della Messa di Natale.