Lionel Messi, Argentina (Depositphotos)

Ora che gli elicotteri si sono posati a terra e lui ha raggiunto la meta, tra due ali di folla osannanti che nemmeno altri ebbero, eppure hanno riscritto la Storia dell'Uomo, Lionel Messi in arte la Pulce si troverà di fronte alla propria memoria, alla propria coscienza. Alle proprie solenni promesse, perché con i fanti si scherza, coi francesi si vince, ma anche un uomo della Provvidenza come lui ad un certo punto si deve fermare e cedere il passo. Oppure prepararsi a compierne, calcolando un metro a falcata, all'incirca cinquantamila più il ritorno. Paso doble. Totale: centomila. Sarà pure egli molto allenato ma non sono pochi. Tanto più che se l'è cercata lui.

Era il 2017, cinque anni e due Coppe del Mondo fa. Il desiderio lo struggeva. Si confidò. Mica a un religioso, ma a colui che nel mondo del calcio raccoglie le confessioni sotto il vincolo del segreto, puntualmente ignorandolo: un giornalista. Il suo nome era Martin Arèvalo, e a lui il disperato Messi sussurrò quanto segue: "Se dalla Russia verremo via da campioni, faccio voto di andare a piedi da casa mia ad Arroyo Seco fino al Santuario della Vergine di San Nicolàs", oppure, in alternativa, a quella venerata nel santuario di Lujàn. La distanza è sempre quella, passo più passo meno: una cinquantina di chilometri.

S'impone una brevissima digressione a tema devozione popolare: entrambi santuari mariani, legati ad eventi miracolosi risalenti al XVI come al XX secolo e riconosciuti - si badi - ancora nel 2016, sono per gli argentini quello che per i romani è il Divino Amore e per i bolognesi la Madonna di San Luca. Fine della digressione, inizio della camminata: certi nomi non si nominano invano. Non si nominano invano perché la gente li ha nel cuore, e certi impegni li prende sul serio anche se la grazia non arriva subito, come nel caso di Messi.

In Russia, nel 2018, andò addirittura peggio che in Brasile nel 2014: qui finale persa con la Germania, là uscita con ignominia agli ottavi. Con la Francia, poi campione. Anche quella volta ci fu una doppietta firmata Mbappè. Ad ogni modo la promessa era stata sancita con una doppia e sentita stretta di mano con il confessore laico, quell'Arèvalo che adesso è, come tutti, in attesa di vedere cosa succederà. Questa volta il dribbling non è consentito. Certi segnali già si sono colti. Lo stesso Messi parlando dopo la rivincita sui francesi dell'altro giorno, ha detto alla tv TyC Sports di essere cosciente che "Dio avrebbe fatto questo regalo" a lui ed ai suoi compagni di squadra.

Ma questa mattina è stato qualcun altro a lanciare un invito, forse fortuito chissà, forse un memento, oppure semplicemente un riferimento involontario ma non importa: lo Spirito soffia dove vuole. Stamane in Vaticano Papa Francesco, che qualcuno aveva immaginato non più tardi di lunedì pronto a ricevere l'Albiceleste di passaggio a Roma con le mani benedicenti uomini e trofei, ha avuto un pensiero non previsto, e infatti lo ha espresso a braccio. Ha ricordato, ai pellegrini dell'udienza, che per l'appunto lo Spirito è colui cui bisogna rivolgersi e che fa grandi cose. Ma ha anche aggiunto che lui la dimostrazione- una delle tante che ha avuto - l'ebbe proprio partecipando ad un pellegrinaggio al santuario di Lujàn, dove ebbe anche occasione di confessare "un giovane tutto pieno di tatuaggi". E qui viene in mente una sola cosa.

In altre parole, Messi sa bene cosa deve fare. E probabilmente lo farà, perché gli argentini saranno pure peccatori e altro, ma sono anche devoti e credenti nella maggior parte dei casi per lo meno. Non resta allora che immaginarsi la scena di una Pulce che, smessa la casacca araba e lasciata sulle spalle solo la divisa della Nazionale, col capo chino ma gioioso tiene all'altezza del petto con il braccio carico di tatuaggi la Coppa, e senza scarpini (sconsigliatissimi) ma nemmeno a piedi nudi (sarebbe un disastro per tutti) percorre le decine di chilometri per sciogliere il voto come nemmeno Goffredo di Buglione nella Gerusalemme Liberata. E dietro a lui due ali di folla osannante, decine di migliaia di pellegrini anch'essi ad un voto legati o anche solo a un'emozione, che lo accompagnano esattamente come volevano farlo ieri, se non ci fossero stati gli elicotteri. E c'è da giurare che anche loro terranno in alto, grati e trionfanti, l'immagine di colui cui per certo si deve l'intercessione definitiva. Il santo. Il mai dimenticato. Inutile dire chi sia.