DI MINO TEBALDI

Domani, giovedí, andrá in scena il primo confronto fra i tre candidati alla segreteria del Partito democratico. Interverranno il leader dimissionario Enrico LettaStefano Bonaccini, Elly Schlein e Paola De Micheli. L'incontro si terrà dalle 10.30 alle 12.30 nella Sala Sassoli di via Sant'Andrea delle Fratte, a Roma. "Tra i promotori dell'iniziativa – si legge in una nota del Pd – figurano Stefano Ceccanti, Graziano Delrio, Stefano Graziano, Marianna Madia, Roberto Morassut, Pina Picierno, Debora Serracchiani, Giorgio Tonini, Walter Verini. L'incontro sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook e sul canale Youtube del Pd".

Intanto, Stefano Bonaccini non teme il crollo del Pd nelle intenzioni di voto"I sondaggi – sottolinea – lasciano il tempo che trovano, ma segnano una tendenza e certo il Quatargate ha pesato, perché è un pugno nello stomaco: il rischio non è la scomparsa del Pd, ma la sua irrilevanza, come è successo per il Pasok greco o il Partito socialista francese. Quando si tornerà a votare non potremo essere da soli, ma la vocazione maggioritaria va riscoperta. Possiamo anche allearci con il Movimento 5 stelle, ma dobbiamo riuscire a farlo da una posizione di forza, non possiamo lasciare a nessuno la rappresentanza della sinistra e dobbiamo andare a cercare voti anche nell'elettorato del centrodestra. Adesso c'è un gruppo dirigente dimissionario e le persone normali non capiscono che possa volerci così tanto tempo per fare un congresso. Certo è che la fase costituente dovrà continuare anche dopo le Primarie. Il nuovo segretario o la nuova segretaria dovrà aprire il Pd". Il presidente della Regione Emilia-Romagna prende le distanze dal suo passato renziano e sostiene di non avere mai usato "la parola rottamazione, anche quando andava di moda. Ho sempre cercato di unire. Però bisogna rinnovare il gruppo dirigente: qualcuno, qualche volta, può anche stare in panchina, non è detto che debba essere sempre titolare inamovibile". Il riferimento indiretto all'ex ministro della Cultura Dario Franceschini, il potente leader della corrente AreaDem, sembra fatto volutamente di proposito.

Sul fronte opposto a quello di Bonaccini si schiera Francesco Boccia. L'ex ministro per gli Affari regionali e le autonomie del Governo Conte II punta tutte le sue carte su Elly Schlein. Boccia sarà chiamato a coordinare la mozione dell'ex vicepresidente dell'Emilia-Romagna. "Elly rappresenta la speranza di un cambiamento epocale che la sinistra aspetta da tempo. È il colpo di rasoio che separa il passato dal futuro. Con lei – aggiunge intervistato da Repubblica – torneremo a essere il primo partito dei progressisti e, ricucendo con il M5s, riusciremo a battere le destre. Fuori dal perimetro del centrosinistra, in cui Giuseppe Conte è ormai collocato, c'è solo la destra. È un dato con cui fare i conti. D'altra parte, il progetto originario dell'Ulivo è stato tradito dal rapporto malato con il potere che, in nome della responsabilità, ci ha portati a fare governi spuri per i quali abbiamo pagato prezzi molto alti. L'esecutivo guidato da Mario Monti fu l'inizio della fine, quelli delle larghe intese di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni con pezzi di Forza Italia segnarono il distacco tra le masse popolari e il Pd, che si è trasformato nel partito delle élite. Il M5s – prosegue Boccia – nasce e si evolve per le nostre gravi assenze su temi come il lavoro, le periferie, le diseguaglianze, i beni comuni. Elly li rimette al centro, insieme al Noall'autonomia regionale della Lega che spacca il Paese. Sostenere Mario Draghi insieme alla destra è stato un errore fatale. Ha rivinto la logica del potere, anziché le ragioni della sinistra" ma il M5s ha fatto male a buttarlo giù: "Bisognava completare la Legge di Bilancio. Non avremmo questa manovra regressiva. Dopo di che bisognava andare uniti al voto: se fosse successo, Meloni non sarebbe a Palazzo Chigi".

Nel dibattito del Pd, ormai trasformato in un De Profundis, intervengono Claudio Petruccioli, ex Pci, già presidente Rai e Roberto Esposito, docente di filosofia teoretica alla Normale di Pisa, che fa parte degli 87 "saggi" della Costituente dem da cui s'è dimesso polemicamente lo scrittore Maurizio De Giovanni. Petruccioli non nasconde i propri timori circa il rischio flop del congresso. "Ho paura – dichiara a Repubblica – che il progetto del Partito democratico stia per fallire. Ha ragione Pierluigi Castagnetti, che viene dalla Dc: l'identità del partito è a rischio. Io ho sostenuto il Pd perché doveva essere l'unione di diversi riformismi in passato divisi e in conflitto tra loro. L'obiettivo era creare una forza capace di offrire un'alternativa in una competizione aperta per il governo". Oggi il Pd non funziona "perché non affronta i problemi del Paese, a cominciare da quello della crescita. C'è chi propone di mettere la parola lavoro nel nome. Ma hanno mai studiato a fondo l'evoluzione dei lavori più avanzati? Si sono riuniti per ascoltare i lavoratori delle Pmi?". Se non vuole morire, il partito deve "esprimere una cultura di governo, che ponga al centro del suo agire la crescita, senza la quale non c'è redistribuzione. Nelle ultime elezioni il messaggio è stato: dateci un po' di voti altrimenti la destra cambia la Costituzione. Ma non è una proposta di governo. Giorgia Meloni – afferma ancora Petruccioli – cerca di costruire una destra conservatriceche rimanga agganciata all'Europa, ma non è detto che vi riesca considerati i continui atti di sabotaggio di Matteo Salvini". Il Qatargate è un fatto enorme? "Sì, ma non per questo penso che la questione morale esaurisca la politica. È sempre dipeso dall'etica di ognuno di noi. Una volta che finisci nelle mani dei lobbisti la tua autonomia è finita".

Esposito è d'accordo con molte delle critiche espresse da De Giovanni. "Ma non lascio: ho preso un impegno e sarebbe ingeneroso abbandonare la discussione mentre il Pd è attaccato da tutte le parti". Intervistato dal Fatto Quotidiano, Esposito è convinto che per salvare il partito sia necessaria "un'accelerazione, perché è in gioco non solo l'identità, ma la stessa esistenza del Pd. Secondo: bisogna delimitare le questioni su cui intervenire. Per me ce n'è una decisiva: la coincidenza tra questione morale e questione sociale". I candidati sono all'altezza di questa sfida? "Bisognerebbe che fossero rappresentate tutte le aree del partito. Bonaccini è il candidato del buon governo territoriale, Schlein è per un partito radicale di massa. Manca la sinistra. Sarebbe ottimo se entrasse in campo Gianni Cuperlo, come sembra. Me lo auguro". In Costituente pesa ancora, gli viene chiesto, il peccato originale della fusione a freddo tra apparati ex comunisti e cattolici: "Ogni riserva sulla natura del Pd è legittima, ma da qui a tifare per lo scioglimento, ce ne corre. In Italia non vedo ipotesi di alternativa alla destra, verrebbe meno la possibilità della democrazia dell'alternanza in Italia. L'unica via è la capacità di fare finalmente una sintesi. Solo così il Pd può salvarsi".