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Franco Esposito

Dura ammetterlo, ma è così. Il mondo dello sport tracima razzismo. Insulti, mezzi sorrisi ironici, battute, gesti non in linea con la correttezza di comportamento, di tutto di più. Al di là degli ermetismi e degli occultamenti in cui il razzismo da sport si nasconde. Protetto qua e là dalla vigliaccheria. Paola Egonu la vittima clamorosa, la più evidente dall'alto del ruolo di star della nazionale italiana di volley. "Basta, adesso è troppo, non puoi capire, è stancante, mi chiedono perché sono italiana".

La domanda sibillina le fu rivolta a margine dei campionati del mondo, attimi dopo la finale per il terzo e quarto posto che vide impegnata l'Italia e l'italiana Paola Egonu, emigrata in Turchia per soldi, ovviamente. É una professionista, il volley è il, suo lavoro, normale che vada a giocare dove le danno più quattrini. 

Paula in pausa, mentre al centro del ciclone razzista c'è ora un altro sportivo. Anch'egli nazionale italiano, nel suo caso di rugby, e pure di colore. Cherif Traorè destinatario di un vergognoso regalo di Natale, mittenti i compagni di squadra della Benetton Treviso. Il presente? Una banana marcia in dono. Normale che abbia avuto uno sfogo di quelli che fanno rumore e provocano reazione in parecchi ambiti. "Le notte non ho dormito, l'ho passata in bianco, livido di rabbia". 

La consegna è avvenuta in occasione del Secreet Santa. Un momento conviviale e scherzoso. Dove è possibile fare regali anonimi ai compagni di squadra. Di quelli anche ironici, al veleno. Cherif Traorè ricostruisce quel momento per lui di grande dolore e di rabbia. "Quando è stato il mio turno, all'interno del pacco a me destinato ho trovato una banana. Marcia, dentro un sacchetto dell'umido". 

Uno scherzo di pessimo gusto, davvero. Lui il destinatario, che nel Benetton Trevisto occupa il ruolo di pilone. Cherif Traorè nazionale italiano di origine guineiana, chiaramente non ha gradito e ha denunciato su Istragram "il gesto come un episodio di razzismo". Il commento personale corredato da una immagine totalmente nera. 

Il gesto ritenuto "offensivo" dall'interessato. Ma c'è molto di più, e Cherif non nasconde rabbia e disappunto. "La cosa che mi ha fatto più male è vedere la maggior parte dei miei compagni presenti ridere a squarciagola". Anche questa un'immagine pessima, rappresentativa di quello che, in alcuni casi, è l'atteggiamento degli sportivi verso il razzismo. 

"Ridevano, come se tutto fosse normale", la sottolineatura consente al rugbista di colore della nazionale italiana di ribadire il proprio amore verso l'Italia. "Mi sono abituato a dover fare buon viso a cattivo gioco ogni volta che sento battute a sfondo razzista. Alcuni compagni, soprattutto stranieri, hanno provato a supportarmi". Ma c'è vero razzismo nello sport italiano? Secondo Cherif Traorè sì, decisamente. "Fuori dell'Italia un gesto come questo è condannato in maniera grave, Anche all'interno di piccole realtà. E mi torna alla mente un episodio del 2014". 

A Cherif Traorè viene chiesto di fare cronaca su quel momento accaduto in uno stadio di calcio. 

       "Un tifoso del Villarreal lanciò una banana contro il brasiliano Dani Alves del Barcellona, che raccolse il frutto al volo e lo mangiò, sotto l'occhio delle telecamere. L'immagine fece il giro del mondo. Un meraviglioso spot contro il razzismo. Paro paro a quello elcatante di Kevin Boateng, all' epoca calciatore del Milan, dopo il "buu buu" che venne giù dalla tribuna nell'amichevole con la Pro Patria. 

Evindeziato dal lungo intervento sui social, il gestaccio ha provocato l'urlo di protesta di Cherif Traorè. "Al Secret Santa erano presenti anche ragazzi giovani di origini diverse. Questa volta ho decios di stare in silenzio per fare in modo che episodi come questo non succedano più. Bisogna evitare che in futuro altre persone si ritrovino nella mia attuale situazione". 

L'auspicio dell'offeso è che il mittente dello scherzo di pessimo gusto impari la lezione. Il Benetton Treviso ha preso intanto le distanze immediatamente dallo scherzo infelice. Una nota per dirlo e chiarire la posizione del club. "Ribadiamo di aver sempre condannato con la massima fermezza ogni espressione di razzismo o forma di discriminazione. Non fanno parte della nostra cultura e non rappresentano la nostra identità e i nostri valori". 

Ma i giocatori, in mezzo ai quali, si annida (o si annidano' l'autore della vergogna razzista? Chiamati a rapporto dalla società, proeccupata dall'esplosione del caso a livello mediatico, hanno chiesto scusa a Traorè. Scuse accettate e i compagni di squadra perdonati. Strano che una cosa simile si sia verificata nel rugby. Un ambiente solitamente pregno di nobiltà, solidarietà, correttezza. I giocatori del Benetton, in questa circostanza, hanno dimostrato di essere persone poco intelligenti. 

Anche Mario Conte, sindaco di Treviso, ha condannato il gesto a sfondo chiaramente razzista. Ma poi, gratta gratta, si scopre che non è la prima volta che il rugby viene scosso dal razzismo. Una punizione esemplare, davvero un castigo,  nel 2019 la beccò Umberto Casellato, allenatore del FermiCz Rovigo: otto settimane di squalifica per aver detto "negro di merda" a un giocatore avversario durante una partita di Coppa Europa. Durante lo stop, il tecnico oggetto della pesante punizione allenò una squadra amatori di immirati africani. 

Figlio di un congolese e di un'italiana, nazionale delle Zebre di Parma, Maxime Mbandà fu insultato in strada da un automobilista a Milano. Una frase pesantissima. "Negro di merda, tornatene nel tuo Paese". Maxime fu poi premiato dal presidente Sergio Mattarella per il suo impegno di volontario durante la pandemia.

Cherif Traorè aspetta che una mano santa venga cancelli vergogna come quella da lui subita. Squallidi mittenti i compagni di squadra: così è troppo.