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DI SERGIO CARLI

Anche nei giornali e nei media americani tira aria di crisi, niente che si possa paragonare a quel che succede in Italia, ma abbastanza da provocare tagli di personale e scioperi. Ma, proprio come da noi, non cala l'attrazione fatale che i giornali esercitano sui ricchi e potenti. E l'avvento al potere della sinistra causa cali di tirature, materiali o virtuali, dei giornali che più hanno osteggiato i nemici tiranni, nel caso Trump, da noi Craxi e Berlusconi.

Così,nel giro di un anno, gli abbonati al Washington Post sono scesi di mezzo milione da 3 a 2,5 milioni. Sono abbonamenti raccolti nel mondo a prezzi d'affezione, ma tanto basta, nonostante ricavi previsti per il 2022 nell'ordine di 600 milioni di dollari, per eliminare il profitto nel gioiello di Jeff Bezos (cosa peraltro dimenticata in Italia da un bel po'. E per autorizzare un altro magnate americano della new economy, Michael Bloomberg, già sindaco di New York e aspirante presidente degli Usa, a farsi avanti per comprare la gloriosa testata. (L'offerta vale anche per il Wall Street Journal, nel caso Rupert Murdoch volesse vendere, ma non pare)

Hanno scioperato al New York Times, hanno annunciato tagli al Post, alla Cnn, nella catena di quotidiani Gannet, con centinaia di uscite e anche a Buzz-feed, che è tutto on line (tagliati 12% dei dipendenti in una settimana). Vediamo quel che succede in questa sintesi delle cronache di

Tutto ha avuto inizio col licenziamento di 10 redattori a seguito della chiusura di un magazine domenicale su carta. Poi le cose sono degnerate, quando il chief executive del gruppo di cui fa parte il giornale, durante una assemblea generale dei dipendenti, ha buttato lì che nel 2023 ci saranno tagli, ancorché in misura inferiore al 10%. Detto questo si è alzato e è uscito dalla comune, respingendo al mittente le decine di domande che il suo annuncio aveva provocato nella platea.

Finora, dopo che Bezos, fondatore di Amazon e uno degli uomini più ricchi del mondo, aveva comprato il Post dalla famiglia Graham, c'erano stati investimenti e espansione.

Al New York Times hanno scioperato 1.100 dipendenti iscritti al sindacato dei giornalisti. Lo scio pero non ha penalizzato eccessivamente il giornale, che è uscito grazie al materiale prodotto in smart working da chi non ha aderito e dai tanti collaboratori sparsi nel mondo.

Lo sciopero è stato il primo dopo 40 anni. Le trattative per il rinnovo del contratto aziendale si sono rotte su una richiesta di aumento del minimo del 10 per cento a 65 mila dollari.