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Franco Esposito

Il 2023 o del "corsificio". L'anno neo entrato sarà quello della formazione. E del poco lavoro, purtroppo. Il privato funziona poco e male o non funziona affatto. Le agenzie non sono in grado di gestire il flusso di persone in arrivo. Ma dei disoccupati chi si cura? Gli enti nascituri provvederanno alla formazione. 

Di quale programma si parla? Il Gol, Garanzia di occupabilità dei lavoratori. L'Italia ha anticipato e doppiato il target fissato per il 2022, coinvolti più di 600 mila disoccupati. Ma sotto l'aspetto dei volumi, non si registrano novità. Ormai da anni, chi entra in un Centro per l'impiego, il Cpi, effettua un colloquio di orientamento e sottoscrive un patto di servizio o per il lavoro. Ora si chiama "assessment". Serve ad inserire le persone in uno dei percorsi previsti, i cosiddetti "cluster", a seconda dalla distanza dal mercato. 

Il Gol dovrà proteggere tre milioni di persone, prendendole in carico entro il 2025, come da indicazioni del Pnrr. Gli utenti dei Centro per l'impiego trovano oggi lavoro attraverso le politiche attive gestite dal pubblico. Il programma Gol dovrà formare 300mila disoccupati in tre anni. Formarli con nuove competenze digitali secondo il Piano di ripresa. 

Il Gol – acronimo del programma lanciato all'epoca dal governo Conte – dovrà quest'anno entrare a regime. Tre milioni di lavoratori andranno presi in carico e profilati entro tre anni. Questa è la promessa che si intuisce attraverso lo sfruttamento del Pnrr. Saranno 800mila gli inserimenti in formazione; 300mila per le sole competenze digitali. "E accompagnare il cambiamento nella doppia transizione verde e tecnologica". 

Alla luce delle premesse, legittime appaiono le preoccupazioni anche per i 14 miliardi del Fondo sociale europeo per le occupazioni attive. Il premier Giorgia Meloni ha tirato in ballo la questione nella conferenza stampa di fine anno. Ne ha parlato come se li avesse già in tasca. Purtroppo non è così: per incassarli servono "progetti coerenti con i criteri del Fondo". 

Tutta da definire la questione su chi vigilerà sulla qualità dei servizi offerti Ma in questa cosa credono davvero in pochi. Bisognerà infatti ridurre il gap di competenze tra domanda e offerta, alla luce della rivoluzione tecnologica e green. "Stiamo solo finanziando l'esistente", intervengono nel dibattito dall'università Bocconi Milano. "Denunciamo inoltre l'assenza di un piano nazionale della formazione. "Un'occasione persa. Nasceranno molti nuovi enti di formazione. Il 2023 sarà un corsificio, Perché noi italiani siamo fatti così, procediamo in ordine sparso, a differenza di quanto accade in altri Paesi". 

I Piani di attuazione regionali Gol sono stati messi a punto con Anpal. Ma la responsabilità è delle Regioni, che gestiscono i bandi. L'Agenzia nazionale conferma l'assenza di un vero piano unitario. "Centinaia di enti accreditati rispondono ai bandi. Propongono migliaia di corsi fondamentalmente inutili". Corsi non progettati sulle reali esigenze del sistema produttivo, senza prevedere  valutazioni successive. 

Valutazioni fondamentali in termini di "occupazione aggiuntiva e di qualità". Gli elenchi dei corsi inseriti sui portali regionali favoriscono la scoperta che, ad essere finanziati da Gol, potrebbero inserirsi anche corsi dal titolo "Problem solving", o quelli udite udite, per diventare "Dog sitter". Titoli decisamente fumosi. 

Evidente, lampante appare l'incoerenza con la missione del Pnrr. Finanziare il "dog sitter" significa che la domanda "non guida l'offerta". Quale il motivo? Molto banalmente: per attivare un corso è sufficiente essere accreditati come "ente di formazione". Un requisito formale che richiede la presenza di strutture e docenti. "Indipendentemente dal livello dell'offerta, più specializzante e costosa da realizzare". 

Generale, non generica, la richiesta di coinvolgere nei corsi e laboratori più onerosi il maggior numero di docenti e di strutture. Anche in funzione delle esperienze pratiche da attivare. Il tutto trova un mezzo di contrasto nell'emergenza nazionale riferita alla carenza di professioni sanitarie. Alcune Regioni finanzieranno corsi per diventare "operatore socio sanitario". Laddove, altrove, ci si dovrà fermare alla formazione di "assistenti familiari". Richiedono minori investimenti e abbondano. 

Le aule sono comunque in numero insufficiente. Restano disponibili la sera, al termine delle lezioni degli studenti delle scuole professionali. Alcuni corsi di formazione si sono svolti privi dei compiter, assolutamente necessari. "Ma così giochiamo al ribasso e la missione del Pnrr è già stata tradita". 

Si teme che la carrozza del Pnrr tornerà a essere una zucca. In Emilia Romagna, a oggi, non si è realizzato nulla. I numeri di Gol raggiunti con "persone obbligate a parteciparvi per le condizioni previste dal sostegno al reddito di cui beneficiano, come Naspi e Reddito di cittadinanza". Una domanda a questo punto sorge spontanea: "Non sarà la formazione l'unica risposta?". 

Un dubbio ampiamente condiviso. Da chi? Intanto, da chi si occupa di formazione. "Il problema del mercato del lavoro in Italia è il relativamente basso tasso di occupazione e lo strutturale deficit demografico". Forse puntare tutto le risorse sulla formazione non sembra la strategia giusta. L'opinione è condivisa sui social Mestieri Lombardia. "A noi viene il dubbio che si debba investire molto di più. Come consentire l'accesso al lavoro delle donne, quindi nei servizi d'infanzia e di conciliazione, in percorsi lavorativi adeguatamente remunerati qualificanti per i giovani, anche in contesti formali". 

Come pure, sostengono con forza dalla Lombardia, va portata avanti "una efficace programmazione per il rilascio dei permessi di accesso in Italia da parte dei migranti".  

Le idee sembrano tante. Però confuse la maggior parte.