di Bruno Tucci

Se la sinistra piange la destra non ride. E' fuor di dubbio infatti che non sta passando giorni tranquilli il primo premier donna del nostro Paese. Prima l'influenza che l'ha costretta a rimandare tutti i suoi impegni, anche quelli internazionali. Poi gli attacchi spietati delle opposizioni e le bizze dei suoi alleati. Giorgia cerca di smarcarsi dagli altri, ma non è un problema semplice. Che i Pd e i 5Stelle la infastidiscano quotidianamente è normale, fa parte del gioco politico.

Quel che non sopporta e "la manda ai matti" (come suona un vecchio adagio) è il comportamento dei suoi "fedeli collaboratori" che la fa imbestialire oltre ogni dire. Ci sono momenti che non riescono a capacitarla, nonostante si adoperi con una pazienza infinita. Parla con chi non si comporta bene e affronti gli argomenti con frasi che oltrepassano ogni limite. La tranquillità dura lo spazio di un mattino e Palazzo Chigi deve ricominciare da capo.

I primi capricci nella destra sono di Matteo Salvini che dimentica di essere il vice premier e vuole andare avanti e primeggiare per dimostrare ai suoi amici della Lega che ha ancora molta voce in capitolo. Incontri, promesse di prudenza, strette di mano che hanno la durata di ventiquattro ore.

Quindi la bega più grossa, protagonisti Giovanni Donzelli e Andrea Del Mastro Delle Vedove, due fedelissimi non solo suoi, ma principalmente del partito. In aula il primo si scaglia contro le opposizioni perché "debbono dire da che parte stanno" nella vicenda di Alfredo Cospito, un anarchico condannato al 41 bis. Perchè? Ha in mano documenti che mettono con le spalle al muro quattro parlamentari del Pd che sono andati a trovarlo. Da chi le avute queste carte? Dal sottosegretario alla giustizia Del Mastro che divide con lui a Roma un appartamento non lontano dalla Camera. Segrete o non segrete quelle notizie che Donzelli diffonde durante un dibattito a Montecitorio? Il ministro della giustizia Carlo Nordio difende entrambi gli uomini della destra perché ritiene che non è stata violata nessuna norma; l'opposizione chiede a gran voce le dimissioni dei due e dello stesso Guardasigilli.

Il premier fa l'attendista, si affida alla Magistratura che ha aperto una inchiesta e dirà subito che Del Mastro è indagato. Non è un problema di poco conto, però prima di tornare al lavoro il Presidente del Consiglio è afflitto da un'altra frecciata che stavolta viene dal leader di Forza Italia. Si, proprio lui Silvio Berlusconi che, appena uscito dal seggio dove è andato a votare per le elezioni in Lombardia, viene circondato dai giornalisti e spara una bordata tipica del Cavaliere.

Dice che Zelenkyi non è quel buono che tutti aiutano e che se fosse stato lui premier non sarebbe mai andato a parlarci. Il dado è tratto, stavolta la Meloni è in piena bagarre, perché anche da un punto di vista internazionale piovono critiche su Berlusconi. In primis, il presidente del Partito Popolare europeo Manfred Weber, il quale annulla una giornata di studio che si sarebbe dovuta svolgere a Napoli. Interviene il ministro Antonio Tajani che cerca di salvare il salvabile dicendo che la maggioranza è compatta e non si discute. Ma sono parole al vento che non convincono nessuno.

"Serve un maggior dialogo per salvare la pace", corregge in parte Berlusconi. "Non può il governo porre la fiducia su un argomento così delicato. Bisogna lavorare per il negoziato". Ma la bagarre non si placa e la Meloni tace. Forse si sarà chiesto: per quale ragione quelle parole? Nessuna risposta ufficiale, è chiaro. Ma chi conosce bene Berlusconi sussurra a mezza bocca: "Non ci sta ad essere il terzo dell'alleanza di centro destra, lui che è abituato ad essere il primo e a dire ciò che pensa senza peli sulla lingua".

Ora, l'interrogativo di fondo è questo: il governo Meloni potrà avere guai più seri, per esempio una crisi inaspettata? Assolutamente no, questo non è assolutamente pensabile. Però, una bella riunione tra Meloni, Salvini e Berlusconi è necessaria. I problemi dell'Italia sono enormi e non si può andare avanti e indietro un giorno si ed un altro pure.