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L’Italia ha dovuto dire addio a quasi un vasetto di miele su quattro (23%) rispetto a poco più di un decennio fa con una raccolta che nell’ultimo anno a livello nazionale è stata di circa 23 milioni di chili condizionata da siccità ed eventi estremi che hanno causato oltre sei miliardi di euro di danni all’agricoltura italiana. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in occasione di APIMELL, la più importante Mostra Mercato Internazionale specializzata nel settore apicoltura, su dati Osservatorio nazionale miele che registrano una produzione 2022 che, seppur migliorata in confronto all’anno nero precedente, è ancora molto distante dai 30 milioni di chili potenziali raggiunti nell’ormai lontano 2010.

Se la carenza di piogge ha consentito voli di raccolta regolari da parte delle api, le alte temperature e la mancanza di acqua con fioriture anticipate – spiega Coldiretti – hanno costretto gli apicoltori a partire prima verso le aree montane e a portare razioni di soccorso e acqua negli alveari già nei primi giorni di agosto. I raccolti della prima parte della primavera e dell’estate hanno sofferto in particolare per le ondate di calore. Il 2022 – spiega Coldiretti – è stato l’anno più caldo mai registrato prima con la temperatura media superiore di quasi un grado (+0,98°) con la caduta del 30% di precipitazioni in meno rispetto alla media storica del periodo 1991-2020, secondo le elaborazioni Coldiretti sulla banca dati Isac Cnr che evidenziano come la stessa anomalia si conferma anche nei primi mesi di quest’anno.

Ma oltre alla situazione climatica dell’anno più caldo di sempre – sottolinea Coldiretti – i “pastori delle api” hanno dovuto fare fronte anche all’esplosione dei costi per le tensioni internazionali generate dalla guerra in Ucraina: dai vasetti di vetro alle etichette, dai cartoni al gasolio. In Italia – precisa la Coldiretti – si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. 

Il Belpaese però vince in biodiversità con più di 60 varietà da quelli Dop come il Miele della Lunigiana, e il Miele delle Dolomiti Bellunesi e il miele Varesino, fino a quelli speciali in barrique o aromatizzati, dal tiglio agli agrumi, dall’eucalipto all’acacia.

Un patrimonio messo a rischio dalle importazioni dall’estero cresciute di quasi il 18% nei primi undici mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 – evidenzia Coldiretti – anno in cui il totale delle importazioni è risultato superiore ai 24 milioni di chilogrammi.

Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – consiglia la Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.