Gli scienziati hanno ottenuto embrioni umani sintetici utilizzando cellule staminali in un progresso rivoluzionario che elude la necessità di ovuli o spermatozoi. Lo riporta un’esclusiva del Guardian che riprende l’annuncio della biologa Magdalena Żernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology. “Possiamo creare modelli simili a embrioni umani riprogrammando le cellule staminali embrionali”, ha detto la ricercatrice all’incontro.

La ricerca sulle cellule staminali

Le strutture ottenute dalle cellule staminali, scrive il quotidiano britannico, non hanno un cuore pulsante o l’inizio di un cervello, ma includono cellule che normalmente andrebbero a formare la placenta, il sacco vitellino e l’embrione stesso. I dettagli completi dell’ultimo lavoro, del laboratorio Cambridge-Caltech devono ancora essere pubblicati su una rivista scientifica. Ma, parlando alla conferenza, Żernicka-Goetz ha descritto la coltivazione degli embrioni a uno stadio appena superiore all’equivalente di 14 giorni di sviluppo per un embrione naturale.

E ora cosa accade? Il problema etico…

Gli scienziati affermano che questi embrioni modello, aggiunge il Guardian, potrebbero fornire una finestra cruciale per studiare sia le malattie genetiche, sia le cause biologiche degli aborti ricorrenti. Tuttavia, rileva ancora il quotidiano britannico, il lavoro solleva anche seri problemi etici, legali e legislativi.

Il recente trapianto in Italia

Nei giorni scorsi effettuato all’ospedale di Siena il primo trapianto di cellule staminali allogeniche in un paziente con leucemia mieloide acuta ad alto rischio e già sottoposto a trapianto di polmone. E’ il primo caso del genere in Italia secondo quanto spiega l’Aou senese: “Il paziente era stato sottoposto ad un trapianto di polmone nel 2015 per una diagnosi infausta di malattia polmonare e aveva sviluppato, a luglio 2022” la leucemia. “Dopo un trattamento chemioterapico intensivo il 14 dicembre è stato sottoposto al trapianto di cellule staminali emopoietiche, da donatore familiare HLA identico”. A 5 mesi dalla procedura, è in remissione completa di malattia.