Giorgia Meloni (foto da Youtube)

L'estate è finita e per il governo è tempo di aprire il cantiere della manovra.

Per ora soltanto informalmente, perché la legge di bilancio 2024 non comparirà nell'ordine del giorno del primo Consiglio dei ministri post vacanze convocato per lunedì.

Il Cdm, però, darà ai partiti della maggioranza la prima occasione per un confronto sulle priorità (tante) e le risorse disponibili (poche), mettendoli di fronte alla realtà: bisognerà compiere delle scelte, rinunciando o ridimensionando gli interventi più corposi come, ad esempio, la 'Quota 41' secca rilanciata di recente dalla Lega, ovvero l'anticipo della pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall'età. Nonostante le richieste negli ultimi giorni si vadano moltiplicando, i ministri cominceranno a fare i conti partendo dalla base comune che si regge su tre pilastri: lavoro, famiglia, pensioni. Sul primo, la priorità è per tutti il rinnovo del taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti, in vigore da luglio e in scadenza a fine anno. Una voce piuttosto pesante che vale 9-10 miliardi nella versione introdotta con il decreto primo maggio (7 punti per i redditi fino a 25mila e 6 per quelli fino a 35mila). C'è poi la detassazione delle tredicesime - uno degli obiettivi della delega fiscale - con l'ipotesi di anticiparla rispetto alla manovra per dare un segnale già sugli stipendi di dicembre. Una mossa che piace ai partiti in vista delle europee e che non dovrebbe avere un costo eccessivo, soprattutto se ci si limita ai redditi più bassi. C'è poi il capitolo famiglia, altro tema che mette d'accordo tutti, con le misure a favore della natalità e dei nuclei numerosi: dagli aiuti alle famiglie con tre figli, alle agevolazioni per chi assume mamme, al bonus per il secondo figlio. Un pacchetto che potrebbe costare sui 4-5 miliardi di euro e sul quale verrà dirottato il miliardo risparmiato con l'Assegno unico. Sulle pensioni, invece, si cominciano a misurare le distanze dei partiti. Se il vicepremier Antonio Tajani rilancia l'aumento di quelle minime (portarle a 600 euro costerebbe 'appena' 210 milioni), la Lega si spinge oltre e non abbandona l'idea di Quota 41, che però andrebbe come minimo ridimensionata. Per ora, quindi, si studiano solo piccoli aggiustamenti per le misure già esistenti: dovrebbe essere confermata Quota 103, ovvero la possibilità di uscire dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi e l'Ape sociale per i lavoratori disagiati, mentre Opzione donna potrebbe essere ritoccata allargando di nuovo la platea a chi ha 35 anni di contributi con un'età minima che potrebbe essere alzata. Sempre alla voce 'uscite' vanno aggiunti i fondi per far partire il Ponte sullo Stretto (1-2 miliardi), la replica della tassazione agevolata sui premi di produttività, i fringe benefit (1-2 miliardi) e le spese indifferibili (6 miliardi). Senza contare l'avvio per la riforma dell'Irpef alla quale servirebbero 4 miliardi (ma si aspetterà la Nadef a fine mese per capire meglio i margini). Numeri che portano il conto della manovra già vicino a 30 miliardi, al netto delle richieste dei ministri: quello della Sanità Schillaci chiede 4 miliardi, quello della PA Zangrillo ne vorrebbe 8 per i contratti pubblici. Le entrate, per ora, sono ferme a 4,5 miliardi ricavati in deficit dal Def, 300 milioni della spending review, più risorse non quantificate che il governo punta a raccogliere dal nuovo rapporto 'collaborativo' tra fisco e contribuente. Ci sarebbero i 2,5 miliardi dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, ma si tratta di una cifra molto incerta, visto che Forza Italia ha già pronti emendamenti per modificare quattro punti della norma in Parlamento. Si punta ad escludere le banche di piccole dimensioni, a non far gravare la tassa sui titoli di Stato, a renderla deducibile, e a chiarire che si tratta di un'imposta una tantum.