ROMA - “C’è stata una progressiva riduzione dei fondi destinati ai corsi di lingua e cultura italiana e altre iniziative scolastiche all’estero a cura degli enti gestori che è stata peraltro confermata nella legge di assestamento appena votata”. Lo hanno dichiarato Fabio Porta e Toni Ricciardi, deputati del Pd eletti all'estero, nel corso del question time in Commissione esteri presentando l’interrogazione a risposta immediata presentata insieme ai colleghi Di Sanzo e Carè.
“Con una circolare del 29 settembre – hanno spiegato i due deputati – le modalità di erogazione agli enti gestori sono state ulteriormente complicate, si passa da un’erogazione del 40 per cento come acconto, un 40 per cento a metà dell’opera e un saldo del 20 per cento, ora -senza alcun senso logico, se non punitivo nei confronti degli enti gestori- si rimodulano le tranche e il saldo, passando al 20% di acconto, 50% di tranche intermedia e 30% di saldo. È del tutto evidente che questo comporterà per gli enti gestori un sovraccarico di responsabilità dal punto di vista finanziario: dovranno anticipare molte risorse che non sono nelle loro disponibilità”.
“Si vuole uccidere una delle nostre eccellenze nel mondo”, l’accusa dei parlamentari dem. “All’esecutivo Meloni degli italiani all’estero importa poco o nulla”.
Nel presentare l’interrogazione, Riccardi e Porta hanno anche ricordato che “nella stessa giornata in cui è stata emanata la circolare la Direzione generale per la diplomazia pubblica e culturale ha incontrato i rappresentanti degli enti gestori: sono state fatte molte promesse ma si è andati nella direzione opposta. Che coerenza. Per noi la risposta del governo è completamente insufficiente: viviamo nella fase del non più e non ancora, hanno aggiunto. I corsi all’estero devono tutelare il patrimonio dal quale siamo stati graziati. Tra l’altro c’è un altro problema perché a causa dei tempi della macchina burocratica l’erogazione dei fondi arriva regolarmente in ritardo".
"Al di là della buona volontà del governo, che chiaramente non è sufficiente, - secondo i due eletti all’estero – si deve intervenire sull’inversione delle percentuali e in fase successiva farsi carico tutti insieme del fare micro interventi normativi che aiutino queste realtà e non certo le penalizzino. O decidiamo che vogliamo indirizzare il settore sul modello British o proviamo a preservare quello che c’è, nel frattempo tutelando queste realtà importanti”.
“Il governo – hanno concluso – intervenga e ci ripensi. Stanno smantellando ogni forma di rappresentanza all'estero, operazione cominciata nella scorsa legge di bilancio con ben 55 milioni tagliati per le politiche per gli italiani all'estero".