(foto Ansa)

L’Italia è quel Paese dove qualcuno può passare trentatré anni in carcere da innocente. Dopo 33 anni di carcere i giudici della Corte di Appello di Roma, al termine del processo di revisione, hanno assolto Beniamino Zuncheddu, un ex allevatore sardo che fu accusato e condannato come l’autore della cosiddetta strage di Sinnai, in provincia di Cagliari.

La strage

Nella strage, che avvennel’8 gennaio del 1991, morirono tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita. I giudici hanno revocato l’ergastolo facendo cadere le accuse per Zuncheddu con la formula “per non avere commesso il fatto”.

La sentenza

La sentenza, dopo una camera di consiglio durata alcune ore, è stata accolta con emozione dai tanti presenti in aula, moltissimi arrivati dalla Sardegna che hanno applaudito per alcuni instanti dopo la lettura del dispositivo. In aula lo stesso Zuncheddu per il quale i giudici capitolini, il 25 novembre scorso, avevano sospeso la pena facendolo tornare in libertà.  “Per me è la fine di un incubo”, ha affermato l’ex allevatore apparso visibilmente emozionato.

La Corte d’Appello ha, quindi, accolto le richieste del procuratore generale, Francesco Piantoni, che nel corso della requisitoria ha ricostruito trent’anni di vicenda giudiziaria ponendo al centro del suo discorso la credibilità di Luigi Pinna, oggi 62 anni e unico superstite della strage in cui furono uccisi a colpi di fucile, all’interno di un ovile, Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due.

La testimonianza

Pinna indicò Zuncheddu, che era stato fermato dalle forze dell’ordine ma dichiaratosi da subito innocente, come il killer del Sinnai. Un’accusa arrivata dopo che nell’immediatezza dei fatti lo stesso Pinna aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore degli omicidi perché aveva il viso travisato da una calza.

Nel corso del processo di revisione è arrivato il colpo di scena. In una drammatica testimonianza, Pinna ha affermato che nel febbraio di 33 anni fa prima “di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”.  Nella requisitoria, riferendosi a Pinna, il procuratore generale non ha usato mezzi termini. “L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu – ha detto -, ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni”.