di MIMMO CARRATELLI

Con la puntualità inesorabile degli interventi fulminanti nei suoi vent’anni di presidenza, ricchi di successi e crisi di nervi, De Laurentiis sfascia questa vigilia di Napoli-Barcellona, match che vale ancora molto per il Napoli in vista dei soldi del Mundialito per club, inscenando il terzo balletto dell’ormai instabile panchina azzurra, una maledizione dopo la fuga per “troppo amore” di Luciano Spalletti.

A ventiquattro ore dalla partita col Barcellona, dopo un tardivo e risibile summit al Britannique col figlio Edo, il genero Sinicropi e il fedele Chiavelli, il massimo dell’unità di crisi che il Napoli può esprimere, De Laurentiis esonera Mazzarri, l’amico di famiglia, e assume Francesco Calzona, l’amico tattico di Sarri e Spalletti.

A parte il ridicolo cui viene esposto Mazzarri, che prepara la squadra a Castelvolturno per una partita che non lo vedrà in panchina, tenuto all’oscuro dell’avvicendamento insieme a Meluso e Micheli, presenti sui campi del Konami Training Center e anch’essi esclusi dall’operazione presidenziale, la decisione poteva essere presa due giorni prima, sabato sera, dopo la partita col Genoa, dando modo a Calzona di incidere in qualche modo con una presenza anticipata.

Si dice: ostacoli burocratici hanno ritardato la disordinata decisione. Non è un alibi, è un’aggravante della confusione che distingue ormai ogni mossa di De Laurentiis, sempre in ritardo, dall’estate scorsa a oggi, sulle necessità del Napoli.

Napoli-Barcellona si gioca in questo clima surreale (ca sulo a Napule ‘o sanno fa’). Ed è venuto il momento che i giocatori, sinora al comodo riparo da ogni accusa sulla crisi che ha stravolto la squadra dello scudetto, si assumano anch’essi le responsabilità di una situazione di tutti colpevoli.

Il ritorno in campo di Osimhen può aiutare, ma non basterà da solo per andare avanti in Champions, l’ultima spiaggia consolatoria di una stagione sballata.

È un’illusione dire che il Barcellona sta peggio del Napoli. Situazioni molto diverse, col vantaggio dei catalani d’essere comunque una squadra fortemente identitaria per tradizione e successi, galvanizzata da una pattuglia di giovanissimi vogliosi di affermarsi e vincere (gli attaccante Yamal 17 anni e Victor Roque 19), con l’allenatore che resta al suo posto anche se Xavi già sa di lasciare a fine stagione.

Il Barcellona ha fallito nella Coppa del re e nella Supercoppa spagnola, ma è terzo in campionato, nessuna sconfitta fuori casa (però in Champions ha perduto sui campi dello Shahktar 0-1 e dell’Anversa 2-3), terzo attacco della Liga (52 reti, venti più del Napoli), ma anche decima difesa (34 gol, sette più del Napoli).

La difesa azzurra, che ha sempre sofferto il milanista Giroud, avrà di fronte un altro vecchio fromboliere temibile, il polacco Lewandowski, 36 anni. Frankie De Jong e Christensen muovono bene la palla a centrocampo, Gundogan vi aggiunge dinamismo e forza fisica.

Si sa bene come gioca il Barcellona, vulnerabile in difesa, ora tocca vedere come giocherà il Napoli nel trambusto di questi giorni.

Difficile capire come una squadra di campioni d’Italia con ampi meriti si sia perduta, ma si è campioni se si è sempre sostenuti da personalità, applicazione, sacrificio, dedizione, tecnica, tutto il tesoro smarrito dagli azzurri. Per passare il turno, occorrerà un buon margine di gol. Il ritorno in Spagna è fissato per il 12 marzo.