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La controffensiva, le sanzioni alla Russia, l'indipendenza dell'Europa dal gas russo, gli aiuti occidentali a Kiev e il suo percorso verso l'Ue: a due anni dall'inizio della guerra in Ucraina, uno studio dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) cerca di fare il punto della situazione evidenziando numerosi punti fermi ma anche altri elementi che rendono difficile tratteggiare un quadro ben definito.

A cominciare proprio dalla controffensiva lanciata dall'Ucraina la scorsa estate.

Kiev non ne ha mai esposto chiaramente gli obiettivi, ma è convinzione generale che sia stata di fatto un fallimento perché se lo scopo era quello di liberare i territori occupati, questo non è avvenuto. Secondo alcune elaborazioni, mette in evidenza l'Ispi, nel 2023 sia Mosca che Kiev avrebbero sottratto intorno allo 0,08-0,09% di territorio conteso al nemico, e di fatto si è dunque creata una situazione di stallo. Ma allo stesso tempo, le forze ucraine hanno ottenuto significavi risultati nella battaglia del Mar Nero. L'Ispi parla esplicitamente di "vittorie", ricordando in particolare che il 22 settembre scorso un attacco missilistico ucraino su Sebastopoli ha danneggiato diverse imbarcazioni e distrutto il locale quartier generale della Flotta russa, tanto che, negli ultimi mesi, gran parte delle navi da guerra russe sono state riposizionate più ad est.

Per quel che riguarda le sanzioni a Mosca, lo studio evidenzia che le valutazioni su questo argomento divergono molto. Con 16.587 misure, la Russia è il Paese più sanzionato al mondo, ma questo non è sufficiente per farne inceppare la macchina bellica. Inoltre, secondo il Fondo Monetario Internazionale, dopo aver chiuso il 2023 con una crescita del 3%, quest'anno il Pil russo dovrebbe registrare un ulteriore rialzo del 2,6%. Tuttavia, si tratta di dati alterati dal fatto che Mosca sta militarizzando sempre di più la propria economia, concentrando molta della sua forza lavoro sull'industria bellica, cosa che ha portato ad un aumento generalizzato dei salari, con l'inflazione che è tornata a salire. Nel 2024, il governo russo prevede inoltre di investire circa un terzo del bilancio totale nella Difesa, e questo non è certo indice di una crescita sostenibile a lungo termine.
In questo quadro si inserisce la questione dell'affrancamento dell'Europa dall'energia russa. Le importazioni dell'Ue di gas naturale russo sono crollate, ma tra la metà del 2023 e le prime settimane del 2024, scrive l'Ispi, c'è stato un lento ma costante aumento delle forniture russe verso l'Unione europea via gasdotto o via mare con il Gnl. Parallelamente, sono diminuiti gli aiuti occidentali a Kiev. Dopo settimane di impasse, l'Ue è da poco riuscita ad approvare un pacchetto d'aiuti da 50 miliardi di euro, che però verranno erogati nell'arco dei prossimi quattro anni. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti il Senato ha approvato aiuti per 60 miliardi di dollari, ma il provvedimento è ancora bloccato alla Camera ed è sempre più probabile, nota ancora l'Ispi, che si possa trattare dell'ultima tranche di aiuti, soprattutto in caso di elezione di Donald Trump a novembre.
Anche per l'adesione di Kiev all'Ue è difficile fare previsioni. Il percorso è stato avviato, ma i tempi potrebbero essere lunghi. In particolare per quel che riguarda le riforme dell'economia ucraina da realizzare, specie alla luce del fatto che, secondo la World Bank, per la ricostruzione del Paese serviranno circa 440 miliardi di euro. Ci sono poi gli aspetti della sicurezza, evidenziati già dal fatto che al momento è difficile tratteggiare i confini dell'Ucraina, e comunque non è chiaro quanto estendere il territorio Ue fino al confine con la Russia possa essere pericoloso, poiché, conclude l'Ispi, se l'Ucraina diventasse membro dell'Unione ma non della Nato, Bruxelles rischierebbe di non poter garantire sufficiente sicurezza nemmeno a sé stessa.