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di ENRICO CIVETTI

In un mondo dove la sostenibilità è diventata una priorità, il caffè, una delle bevande più amate al mondo, si trova a un bivio. Secondo un recente articolo del Wall Street Journal, che analizza dati statistici e tendenze di mercato, il futuro potrebbe essere dominato dal caffè sintetico, in risposta all’aumento dei costi e alle sfide ambientali che affronta la produzione tradizionale.

Una singola pianta di arabica, la varietà più apprezzata dai consumatori, produce mediamente tra i 450 e i 900 grammi di caffè all’anno. Questo significa che un appassionato che consuma due tazzine al giorno necessita dell’intera produzione annuale di almeno venti piante. Tuttavia, questo consumo si scontra con una realtà inquietante: la deforestazione su larga scala, le condizioni di vita precarie dei lavoratori del caffè e l’inquinamento derivante dalle emissioni nocive stanno mettendo a dura prova l’industria.

Questi dati sottolineano che, se non si interviene, metà dei terreni attualmente destinati alla coltivazione del caffè potrebbero diventare inutilizzabili entro il 2050. Di fronte a questa prospettiva, alcune aziende stanno già esplorando le biotecnologie per sviluppare alternative al caffè naturale. Queste soluzioni promettono di mantenere il gusto autentico che i consumatori conoscono e amano, ma senza le vulnerabilità associate alle fluttuazioni climatiche e ai problemi ambientali. La produzione di caffè sintetico è un processo innovativo che si avvale delle biotecnologie per ricreare il gusto e l’aroma del caffè senza l’uso dei chicchi tradizionali. Il primo passaggio è identificare i composti chiave che contribuiscono al sapore e all’aroma del caffè. Successivamente, attraverso un processo proprietario per creare un caffè molecolare, si estraggono e ricompongono in laboratorio quei composti da materiali vegetali più sostenibili e riciclati. Per esempio alcune aziende, come il VTT Technical Research Centre in Finlandia, coltivano il caffè da colture cellulari in bioreattori, un metodo che non richiede pesticidi e utilizza molto meno acqua rispetto all’agricoltura convenzionale.

Questi metodi promettono di ridurre significativamente l’impatto ambientale della produzione di caffè, generando meno emissioni di carbonio e utilizzando meno acqua. Ad esempio, Atomo Coffee dichiara che il suo caffè senza chicchi genera il 93% in meno di emissioni di carbonio e utilizza il 94% in meno di acqua rispetto al caffè convenzionale.

Tuttavia, la sfida rimane nell’accettazione da parte dei consumatori e nell’adattamento dei coltivatori tradizionali a queste nuove tecnologie. Convincere i consumatori che il caffè prodotto in laboratorio può essere tanto soddisfacente quanto quello coltivato nelle piantagioni non sarà semplice. La produzione di caffè sintetico solleva anche questioni importanti sull’impatto sui mezzi di sussistenza dei lavoratori del caffè nelle nazioni in via di sviluppo. La strada verso un caffè sostenibile e accettato globalmente è quindi ancora lunga, ma le innovazioni in corso sono promettenti per il futuro dell’industria del caffè.