La commemorazione della tragedia mineraria nel Bois du Cazier a Marcinelle, dove morirono 262 minatori (136 italiani), è un significativo appuntamento con la storia, che si rinnova a distanza di sessantatré anni per ricordare il sacrificio del lavoro degli italiani nel mondo. Nell’immaginario collettivo vuole essere un monito al limite del genio umano di fronte alla forza della natura.

E’ sicuramente la metafora del valore della vita barattata con i sacchi di carbone necessari ad alimentare le economie dei paesi industrializzati dell’epoca industriale. Nei prossimi anni in Europa, a causa dei mutamenti climatici, l’estrazione del carbone sarà bandita per essere sostituita su larga scala dalle fonti di energia rinnovabili e a basso impatto ambientale. Marcinelle resta, perciò, il simbolo della condizione umana capace di costruire il progresso per cambiare la propria condizione di vita, emanciparsi e affrancare le future generazioni dalle rinunce e dalla povertà, fattore di discriminazioni e di subordinazione sociale.

Marcinelle è, per gli italiani all’estero, la storia di tante storie di milioni di emigranti italiani trasferitisi in Belgio e nei cinque continenti alla ricerca di lavoro, che il nostro paese non era in grado di offrire e li lasciò partire in treno e in nave con il solo biglietto di andata. Per quella generazione di nostri connazionali la commemorazione vuol essere testimonianza di un mondo del lavoro fondato sulla forza fisica e sulla prospera salute, di mani agili o callose, di resistenza ai ritmi frenetici nelle miniere, nelle fabbriche e nei cantieri. Ci sono volute diverse generazioni per risollevare le condizioni di vita di tante famiglie, che si sono adattate e integrate regalando il meglio dei loro sacrifici al paese ospitante e all’Italia.

A loro il Consiglio generale degli italiani all’estero esprime gratitudine e riconoscenza serbando un nobile sentimento di fierezza. Quell’epoca e quelle storie costituiscono, oramai, un vero patrimonio composto da tanti capitoli della storia recente dell’Italia affidata agli studi accademici, che potranno valorizzare l’apporto culturale, sociale e economico composto anche dalle rimesse degli italiani all’estero, con le quali il nostro Paese era riuscito a progredire favorendo sviluppo, crescita economica e maggiore occupazione, calmierando l’esodo migratorio che, comunque, con la mobilità globale dei cittadini è ripreso in altre forme e con una preoccupante esposizione quantitativa. L’emigrazione galoppante dei cittadini italiani va affrontata con politiche mirate, che il nostro governo dovrà mettere in campo alla stregua degli altri provvedimenti legislativi, favorendo il rientro dei nostri connazionali e frenando gli espatri.

I tempi sono cambiati ma l’Italia è confrontata con le difficoltà di sempre: il mondo del lavoro non riesce a soddisfare le esigenze della gente e l’emigrazione resta la valvola di sfogo.

MICHELE SCHIAVONE, SEGRETARIO GENERALE CGIE