Il Senato uruguaiano ha approvato recentemente un progetto di legge che prevede la creazione di una commissione che studierà la possibile approvazione del voto per gli uruguaiani residenti all’estero.

Sul progetto, presentato dalla coalizione di maggioranza del Frente Amplio, i partiti di opposizione hanno promesso una dura opposizione su un tema che era stato già bocciato in un referendum del 2009. Insieme, i “blancos” e i “colorados”, si appellano alla difesa della Costituzione e hanno annunciato la convocazione di un referendum per abrogare la norma.

In una nazione dalla grande cultura civica che prevede l’obbligatorietà del voto, questo è un tema che divide profondamente la società e che adesso è tornato alla ribalta.

Cosa pensano gli uruguaiani che vivono in Italia su questo nuovo tentativo del Frente Amplio di concedergli il diritto di voto dall’estero? Le voci sono contrastanti, il dibattito anche fuori dal Paisito è profondamente spaccato. Sul gruppo Facebook “Uruguayos en Italia” i commenti si susseguono uno dopo l’altro e ognuno espone la sua visione, talvolta usando toni eccessivi. Da qui partiamo per contattare quattro persone che argomentano le loro ragioni tra i favorevoli e i contrari.

Mario Occhinero vive da trent’anni in un paese albanese della provincia di Cosenza. Per lui il voto rappresenta un “diritto naturale” da difendere ed è convito che questo “porterà l’Uruguay a un allineamento con la maggior parte delle restanti nazioni del pianeta che attualmente già lo concedono. Votano tutti tranne gli uruguaiani. È giunto il tempo di cambiare le cose”. Nonostante la distanza, “il senso di appartenenza è ancora molto forte” e ciò “oggi è ancora più evidente grazie allo sviluppo tecnologico che ci consente di restare costantemente aggiornati”. Occhinero si dice pronto a discutere “sul grado di rappresentatività del voto del cittadino residente all’estero”, ossia “se potrà eleggere direttamente i candidati delle circoscrizioni del territorio nazionale o se invece si opterà per istituire circoscrizioni estere con soglie superiori nel rapporto elettori ed eletti”.

Sul sistema di voto invece appare pienamente convinto: “Il voto consolare, con l’allestimento di un seggio elettorale presso la sede consolare, è l’opzione migliore. Non ci sono argomentazioni contrarie che possano reggere come quelle che riguardano invece il voto epistolare che sono comprensibili per via della difficoltà nell’assicurare la trasparenza del voto”.

Anche Alejandro Blanco è tra i favorevoli: “Sentiamo ancora delle motivazioni assurde secondo le quali le conseguenze della scelta di un governo o un altro ricadono solo sui cittadini residenti in Uruguay. È assolutamente falso, anche noi che viviamo fuori ne sentiamo le conseguenze, per esempio con tutte le difficoltà che ha un uruguaiano che vuole ritornare rispetto agli stranieri che godono di diversi benefici per investire. Le cose così come stanno non vanno bene e il voto è l’unico modo per cambiare le cose. Chi è contrario a questa legge non voti”.

Secondo Blanco bisogna poi sfatare un luogo comune che vede nel voto estero una possibile ancora di salvataggio per il Frente Amplio in difficoltà: “Ogni governo lascia sempre qualcuno insoddisfatto. Se questo esecutivo verrà punito dai cittadini non ci sarà voto estero che lo salvi”.

Tra i contrari al progetto di legge approvato al Senato c’è Soledad La Porta che viene dalla città di Salto e da undici anni vive a Siena: “Sono contraria al voto degli uruguaiani all’estero e non capisco sinceramente perché la questione sia stata risollevata. Il popolo uruguaiano rifiutò la proposta nel referendum del 2009. Perché bisogna continuare a insistere?”. “Bisogna mettersi l’anima in pace” prosegue nel suo ragionamento motivando tale posizione. “Nonostante il forte senso di appartenenza che conserviamo, la nostra quotidianità si svolge in realtà molto diverse rispetto a quella che vivono i nostri connazionali in Uruguay che soffrono - a differenza nostra - il risultato delle elezioni. Non possiamo essere così presuntuosi dal pensare di riuscire a riconoscere e capire le problematiche e le necessità di una società che, come tutte, cambia e si evolve. È sicuramente difficile accettare ma non abbiamo il diritto di decidere quale rotta politica dare al nostro paese. Non sarebbe onesto e lo sappiamo. Per non parlare della messa in pratica del voto all’estero, non sarebbe una spesa in più troppo onerosa per lo Stato?”.

Susana Russo vive da otto anni a Rovereto in provincia di Trento. Nel criticare la proposta del Frente Amplio cita un principio di natura fiscale che viene spesso usato in questi casi: “Si ha il diritto di voto solo nel luogo dove si pagano le tasse. Io vivo qui, pago le mie tasse qui perché dovrei votare anche in un altro paese? Sono assolutamente contraria al voto estero tanto quello epistolare come quello consolare”. Susana Russo dice di “informarsi quotidianamente” su quello che succede in Uruguay dove vivono attualmente i suoi figli ma - nonostante questo - sente di “non avere il diritto di decidere il futuro di un paese dove non vive. Il fatto di esserci nata non conta nulla. Solo i cittadini che risiedono in Uruguay hanno il diritto di votare e decidere perché loro sono gli unici che poi ne pagano le conseguenze rispetto a chi sta fuori”.

(di Matteo Forciniti)