La professoressa Ana Ribeiro ha tenuto la conferenza del Circolo Garibaldino organizzata giovedì sera presso l’Istituto Italiano di Cultura di Montevideo. Come da tradizione, l’evento si è tenuto in occasione del 20 settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia e festività civile in Uruguay come giornata del libero pensiero. Dopo un breve intervento della presidente dell’associazione, Maria Sagario, che ha ricordato gli obiettivi e le attività dei garibaldini tra cui la pubblicazione di una prestigiosa rivista.

L'esposizione di Ana Ribeiro, ricercatrice dell’Università Cattolica specializzata nello studio del diciannovesimo secolo, che ha affrontato il rapporto fra Garibaldi e quel fatidico anno, il 1870. Se da una parte l’Italia culminava il processo di unificazione con l’annessione di Roma, anche in Uruguay qualcosa di estremamente importante era pronto a succedere.

Garibaldi era andato via già da diversi anni ma in ogni caso aveva lasciato un’impronta politica molto forte in un paese che andava alla ricerca del suo cammino reclamando una rottura con il monopolio dell’esercizio del potere da parte di un partito unico. La rivoluzione iniziata nel 1870” - ha proseguito la Ribeiro - “si conclude due anni dopo con un accordo di pace che per la prima volta conferisce alla minoranza un posto nell’esercizio condiviso del governo. Era un’invenzione politica molto particolare chiamata compartecipazione”.

Tale periodo storico, ha spiegato la ricercatrice, era praticamente “la degna rappresentazione di quei tempi con aperture e richieste di tolleranza verso le minoranze. Questo elemento è alla base del trionfo di questa data, il 20 settembre, la giornata del libero pensiero”. La lezione più importante che questa data ha lasciato è il rispetto per le minoranze, un elemento che sta alla base del concetto stesso di democrazia: “Chi detiene il potere è avvantaggiato perché ha tutti i mezzi a disposizione per poter esercitare questo diritto. Ai deboli, invece, bisogna garantire il diritto di poter esprimere liberamente il proprio pensiero”.

Tali richieste accomunavano in quel 1870 i processi che stavano vivendo le due nazioni: “In entrambi i casi si cercava un sistema garante delle libertà civiche. In Italia attraverso un’unità che poteva essere garante con tutti e in Uruguay attraverso una rivoluzione che chiedeva l’alternanza al potere e la compartecipazione”.