Napoli-Juventus: nella buona e nella cattiva sorte il Napoli riesce comunque a far emergere il "non sense" di alcuni giornalisti o ex procuratori alle soglie della pensione mentale, opinionisti giovincelli precocemente celebrati come esperti, ex calciatori convinti che si possano esprimere "con i piedi" come se fosse automatico il passaggio dal campo erboso a quello espressivo e sintattico di commentatori. Non è così.

Quanti grandi ex calciatori sono stati capaci, ad esempio, di realizzarsi come allenatori? Pochissimi, e quasi sempre perché possedevano un background culturale, a "prescindere". Assistiamo a lezioni di strategia, terapie e rimedi, critiche inappropriate e gossippare, degne della peggiore medialità. Si dà fiato a trombe stonate per garantirsi l'atto di presenza in questa fiera dell'incompetenza. Eppure, a pensarci bene, fermandosi qualche minuto in silenziosa riflessione, lo stato delle cose in casa Napoli sono eviscerabili con pochi semplici concetti. Bisogna però avere l'onestà intellettuale di svincolarsi da pregiudizi, frettolose indulgenze sia alla partigianeria del tifo che a quella della contestazione tout-court.

Il Napoli, comunque si chiuda questa stagione "atipica" del campionato, resta una realtà sportiva da apprezzare e difendere, a patto che i giudizi di merito restino nell'oggettiva equità, senza voler pretendere dalla società e dalla squadra un ruolo superiore a quello che compete. L'attuale classifica chiarisce il "trend" che negli anni a venire caratterizzerà il pianeta calcio. Una dicotomia economica e geopolitica che porterà ad avere solo due contese in una: la lotta per non retrocedere e la corsa ad accaparrarsi i lauti profitti della partecipazione alla Champions. È inutile filosofeggiare. La Juve ha uno strapotere economico e una quotazione in borsa che le consente di "adeguare" con aumenti di capitale o lanci obbligazionari le perdite e continuerà a dettar legge. Il Napoli, società a conduzione strettamente familiare, per "barcamenarsi" nelle posizioni raggiunte, è costretto a far quadrare i conti, senza sussulti di passione, senza indulgere alla piazza, e perciò ha bisogno di continue plusvalenze fra acquisti e cessioni.

Così si assicura una presenza stabile al tavolo che conta, e "garantisce" al popolo immemore e contestatore di non ricadere negli errori del passato. Un popolo che diserta il San Paolo perché la "fede" non basta, se non c'è posta in palio! Un antico aforisma recita che in campo vanno i giocatori. Puoi avere il migliore tecnico del mondo ma tale asserto non cambia. Il gioco di Sarri ci ha portato nel paradiso del calcio, ci ha fatto intravedere talentuosità sconosciute in calciatori perfino inconsapevoli di possederle, ma ha finito per sfruttare fino al limite le potenzialità degli stessi, lasciandoli alla fine svuotati, e per questo, oltre che il ricchissimo contratto ottenuto, il "comandante" ha abbandonato la nave.

Ma la squadra ha anche mostrato i suoi limiti caratteriali, per il semplice motivo che non ha fra le sue corde l'esperienza e l'abitudine alla lotta di vertice, e, siamo onesti, nessun top player sia "mentale" che di classe pedatoria. Ulteriore confusione, la presenza, un po' in meno quest'anno, di giocatori inutili o inutilizzabili, mezzi doppioni mai all'altezza, si fa per dire, dei titolari. Figure ibride ed inespresse non risultate funzionali ad un reale progetto di crescita. Non sarebbe il caso di "pulire" questa rosa e "ridurla", magari individuando due o tre figure dotate di carisma e provata esperienza, lasciando loro i diritti d'immagine?

Non può esserci Sarrismo contro Ancelottismo, è una diatriba stupida e stucchevole, non rende bene a Napoli ed al Napoli, ma val la pena interrogarsi sulla maturità, sulla crescita a top player dei vari Insigne, Mertens e Milik. Nei momenti topici del cammino del Napoli di quest'anno siamo proprio certi che abbiano mantenuto i nervi saldi? È corretto che in ricordo di antichi splendori si conceda loro il beneficio del dubbio o l'alibi della sfortuna? Fra l'empireo Juve e la nebulosa Inter, dopo aver dilapidato l'insperata occasione Champions, viviamo in un limbo di rassegnazione mentale inaccettabile ed il gioco, a tratti bello, diventa sterile e fine a se stesso. Il caso non è chiuso.

ANONIMO NAPOLETANO